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#separazioni, Cassazione: niente assegno se la ex convive

30 settembre 2016 | 09:38
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#separazioni, Cassazione: niente assegno se la ex convive

La formazione di una famiglia di fatto, tutelata dall’art. 2 della Costituzione esclude ogni residua forma di solidarietà post-matrimoniale.

#separazioni, Cassazione: niente assegno se la ex convive

Il Faro on line – Il diritto della ex moglie a ricevere l’assegno divorzile scompare nel caso in cui lei si rifaccia una vita costituendo una famiglia di fatto con un nuovo compagno, e non può essere ‘resuscitato’ nel caso in cui, dopo un consistente lasso di tempo, la convivenza non abbia buon fine e si sciolga come neve al sole. Lo sancisce la Cassazione. Il verdetto è motivato dal fatto che la formazione di una famiglia di fatto, tutelata dall’art. 2 della Costituzione esclude ogni residua forma di solidarietà post-matrimoniale.

Gli alimenti consistono in una prestazione a carattere patrimoniale (versamento di una somma di denaro) effettuata da un soggetto obbligato (in primo luogo il coniuge), sulla scorta del principio di reciproca assistenza e solidarietà all’interno del gruppo familiare, nei confronti di un beneficiario che versa in stato di bisogno. L’obbligo comunque non sorge se non vi è una persona che si trova in stato di bisogno ed è impossibilitata a provvedere al proprio mantenimento non potendo (per i più svariati motivi) lavorare.

I presupposti e i criteri

Presupposto del diritto agli alimenti è l’impossibilità da parte di uno dei coniugi di provvedere in maniera autonoma al proprio sostentamento economico perché sprovvisto di redditi e non in grado di procurarseli. Il coniuge agiato ha il dovere di assicurare a quello più svantaggiato una cifra sufficiente da utilizzare per i bisogni primari. I criteri su cui si fonda la legittima richiesta per chiedere gli alimenti sono: lo stato di bisogno oggettivo in cui si trova il coniuge (per esempio non può far fronte alle spese minime della vita quotidiana come il vitto e l’alloggio); l’impossibilità lavorativa, cioè quando l’alimentando non è nelle condizioni di poter lavorare non perché non voglia ma perché, per esempio, non lo ha mai fatto, non ha più l’età per farlo, ha problemi di salute o a trovare il giusto impiego in base alle proprie attitudini. Al pari di quanto accade per l’assegno di mantenimento la capacità lavorativa viene valutata caso per caso anche per l’assegno alimentare.
l’altro coniuge è in grado di pagare gli alimenti.