Attivista sociale aggredito e picchiato davanti al Municipio tra l’indifferenza dei passanti
La storia di Diego Gianella, “colpevole” di aiutare gli altri.
Il Faro on line – Lo hanno picchiato, preso a calci, insultato. Non è la prima volta, e non sarà l’ultima. Il dramma di Diego Gianella è proprio questo, preso di mira ormai da tempo perché si occupa di sociale, di andare a recuperare le prostitute dalla strada, di dare un piatto da mangiare ai poveri, di tendere una mano agli extracomunitari. Roba da applausi, per una parte della società, un impedimento da eliminare fisicamente, per un’altra parte.
Ormai è finito nel mirino, e qualunque cosa faccia, dovunque vada, c’è sempre qualcuno pronto a piegarlo a suon di mazzate. E’ accaduto anche ieri, quando ha pensato di andare ad assistere all’incontro previsto con Virginia Raggi nel X Municipio.
“Alcuni ragazzi – racconta Diego Gianella, attivista di “Alternativa onlus” impegnata per i senza dimora e gli immigrati, presidente di “Stand up” contro le mafie – – mi hanno impedito di entrare e mi hanno seguito. vicino la pensilina dell’autobus (fronte giostre), per picchiarmi con calci e pugni davanti a decine di passanti i quali, purtroppo, non hanno mosso un dito ed hanno addirittura cambiato strada. Ero solo contro 5 persone e senza alcun motivo mi hanno picchiato.
Volevo partecipare all’incontro come persona attiva sul territorio – prosegue – volevo dire la mia, ascoltare e costruire qualcosa, questa è stata la mia colpa. Dopo mi hanno lasciato per terra dicendomi “e mo vatte a lamenta in questura”. Ho fatto tantissime denunce contro i numerosi atti di violenza che ricevo quasi quotidianamente ma nulla cambia, anzi. Sto provando a difendermi come posso”.
Già, di denunce ne ha fatte a carrettate, e le forze dell’ordine conoscono bene anche nomi e cognomi di chi lo aggredisce sistematicamente. Ma – come dice lui – nulla cambia. Tanto per dare l’idea del rischio, anni fa, per aver rotto le scatole al racket della prostituzione (era il Progetto Alina, portato avanti insieme a don De Donno), si è beccato una coltellata a pochi centimetri dal polmone. Lui è finito all’ospedale, i suoi assalitori sotto processo, che ancora non è concluso…
“Oggi sono più deluso che mai da questo sistema, da chi non mi ha dato nemmeno una mano per rialzarmi, da chi permette tutto questo, da chi ha paura e si allontana da persone come me che non hanno paura di dire ciò che si pensa. Sono stanco, tanto stanco, perché mi impediscono di vivere la mia vita, ma non mollerò mai. Non andrò via dal quartiere che amo, continuerò a combattere contro chi vorrebbe provare a fermarmi.”
All’inizio dell’anno la sua auto è stata vandalizzata in tre giorni (prima gli sportelli, poi i vetri, infine le gomme), un “avvertimento” lo ha ricevuto tempo prima fuori dal supermercato mentre era a passeggio con la mamma (“hai rotto il cazzo, non ti fai mai gli affari tuoi” gli hanno detto due in motorino). Poi le scritte sotto casa, una delle quali recita “imparerai”, con evidente intento minaccioso. E poi ancora aggressioni continue rigorosamente in branco, sputi, minacce. Non sono storie inventate, romanzi criminali, ma è la realtà di Ostia. Evidentemente certi atteggiamenti sono duri a morire, e il fatto che le denunce non costituiscano un argine, la dice lunga sul senso di appartenenza allo Stato che un cittadino normale può percepire.