La #Catalogna dice sì all’indipendenza, ora tocca al Parlamento ratificare
Il governo spagnolo è riuscito a chiudere solo 319 dei 2.600 collegi elettorali
Il FAro on line – Con un’affluenza del 42%, ha ottenuto circa il 90% dei sì il referendum tenuto in Catalogna per l’indipendenza dalla Spagna. Sarebbero andati a votare il 55% senza le repressioni, secondo il governo catalano. Madrid “ha scritto una pagina vergognosa”, afferma Puigdemont. Il vicepresidente Junqueras afferma che
spetterà ora al parlamento catalano decidere se dichiarare l’indipendenza. Rajoy oggi riunisce la direzione del Pp.
“Porteremo la Spagna a giudizio”
Per il portavoce del governo catalano Turull a fine giornata ci saranno “milioni” di voti al referendum di indipendenza, nonostante gli attacchi della polizia spagnola contro i seggi e il taglio delle comunicazioni internet. Il governo spagnolo è riuscito a chiudere solo 319 dei 2.600 collegi elettorali, aggiunge. Infine avverte:lo Stato spagnolo dovrà rispondere della violenza esercitata contro la Catalogna davanti ai Tribunali internazionali.
La giornata
Doveva essere una giornata di svolta, prima che sul conflitto catalano potesse aprirsi dopo mesi di muro contro muro un dialogo politico. Ma ora, dopo l’assalto della polizia di Madrid alle migliaia di cittadini davanti ai seggi, tutto all’improvviso sembra più difficile. “Oggi lo Stato spagnolo ha davvero perso la Catalogna”, ha tuonato l’ex presidente catalano Artur Mas. “Molti di quelli che erano contro l’indipendenza, hanno fatto la fila ai seggi”, ha osservato il leader di Podemos Pablo Iglesias.
Insomma, fra Spagna e Catalogna c’è stato “un vero strappo”, rilevano alcuni analisti. I catalani si sentono umiliati, trattati da Madrid come un protettorato coloniale. Sarà davvero difficile tornare indietro, e rinunciare in una possibile trattativa al principio dell’autodeterminazione. E per avviare un ipotetico dialogo c’è un nuovo ostacolo. Il governo di Madrid dice ora di voler escludere come interlocutori il presidente e il vicepresidente catalani Carles Puigdemont e Oriol Junqueras, perché “parleranno con i tribunali”.
I due leader catalani sono stati denunciati per disobbedienza, abuso di potere, presunte malversazioni. Rischiano otto anni di carcere. Dirigenti indipendentisti, dal canto loro, hanno chiesto le dimissioni di Rajoy dopo “l’attacco franchista” alla Catalogna, rifiutando che possa essere lui l’interlocutore del ‘giorno dopo’. Le prime mosse dei due avversari saranno decisive.
Da martedì governo e parlamento catalani possono optare per una dichiarazione di indipendenza, che scatenerebbe una furibonda reazione di Madrid. Ma Puigdemont e Junqueras non escludono un tempo di riflessione. Che dia spazio al negoziato.
Rajoy dovrà decidere se alzare il tiro, o tentare di raffreddare le acque. L’ipotesi peggiore sarebbe tentare di arrestare Puigdemont, come ha già minacciato la procura spagnola. Molto potrebbe dipendere dalle pressioni su Rajoy, dopo l’effetto delle immagini di oggi sull’opinione pubblica europea e internazionale. Dall’esterno, in particolare dall’Ue, finora latitante sulla crisi, e dall’interno.
Il premier basco Inigo Urkullu tenta di spingere i due uomini a parlarsi. I voti del suo partito Pnv sono vitali per la tenuta del governo minoritario di Rajoy. Molto dipenderà anche dal Psoe di Pedro Sanchez, che finora ha appoggiato il pugno di ferro contro la Catalogna. Ma che davanti all’emozione suscitata a sinistra dalla repressione delle urne, potrebbe cambiare linea. E associarsi a Podemos (che l’ha già chiesto) e ai nazionalisti per far cadere Rajoy con una mozione di censura.