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Figlio malato e violento, Sert e Ospedale si rimpallano il caso, e la madre resta indifesa

24 gennaio 2018 | 14:57
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Figlio malato e violento, Sert e Ospedale si rimpallano il caso, e la madre resta indifesa

Un pericoloso caso di disagio psichico e tossicodipendenza intrecciati, ma le due strutture non intervengono d’urgenza e rimandano all’altra. Lo Stato dov’è?

Roma – Abbandonata dallo Stato alla furia devastatrice di un figlio malato a doppia diagnosi, invalido psichico, tossicodipendente e border line. Una violenza “incolpevole”, una situazione che ha inghiottito il ragazzo dolce e sensibile di un tempo, frutto di una malattia aggravata dalla droga, che trasforma purtroppo l’essere umano da vittima in carnefice. Una situazione difficile, dove ti aspetti che lo Stato, i Sert, il sistema sanitario facciano la propria parte per aiutare una mamma peraltro sola, dopo la separazione dal marito.

E invece nella civilissima Italia, anzi nella Capitale del Paese, accade che tutti si “rifiutino” di aiutarti, in nome di protocolli e competenze. Salvo poi fare ammenda pubblica quando – ove mai capitasse – quella furia dalle cose si trasferisse alle persone, le minacce verbali si trasformassero in aggressione fisiche, e la cronaca registrasse l’ennesimo episodio di femminicidio.

La denuncia

“Dopo l’ennesimo episodio di minacce e devastazione (nella foto, ndr), di furti e aggressività – racconta Luciana (nome di fantasia, ma la mamma ha denunciato tutto ai carabinieri della stazione di San Sebastiano) – ho dovuto chiamare carabinieri, polizia e ambulanza nel tentativo di calmarlo. Episodi accaduti per ben due giorni di seguito, ed entrambe le volte al pronto soccorso del Sant’Eugenio, dopo il colloquio con lo psichiatra, hanno deciso di dimettere mio figlio senza prenderlo in cura”.

A nulla sono servite le foto della casa completamente distrutta, a nulla è servito far capire al medico che i problemi intrecciati di droga e decifit psichico stanno preludendo a una tragedia. Un calmante e via a casa, con la motivazione che “il problema è di tossicodipendenza, si rivolga al Sert”.

La beffa

Se questo modus operandi fa rabbrividire – lasciare totalmente sola una madre in difficoltà è umanamente e moralmente deprecabile, altro che Stato di Diritto, altro che Paese civile – ciò che è accaduto dopo è altrettanto assurdo. Dal Sert, infatti, è arrivata la risposta che non avrebbero potuto in alcun modo agire d’urgenza, perché quella procedura spetta solo allo psichiatra dell’ospedale. Dunque è stato aperto un faldone con il nome del giovane paziente, un ragazzo di 22 anni, e messo in coda per le normali procedute “da protocollo”, definizione inquietante quando si parla si vite umane e di singoli casi, ognuno con la propria unicità. E anche al Cim (Centro igiene mentale) analoga risposta.

Alla fine, il cortocircuito statale ha lasciato sola questa mamma. Nessun ricovero, niente trasferimento in una comunità, niente di niente. Unica nota positiva per lo Stato, la presenza assidua, rassicurante, professionale dei carabinieri, unici – va ripetuto – a prendersi carico del problema umano anche se altrettanto unici – tutto sommato – a non avere alcun obbligo di competenza nello specifico. Per il resto un deserto fatto di burocrazia e disattenzione, protocolli e superficialità. Sperando che l’ultimo pugno si stampi sullo stipite della porta e non sulla tempia.

Ora si dirà che il soggetto è maggiorenne, che in taluni momenti resta lucido, che rifiuta le cure. Parole che, quando accadono le tragedie, risultano come un efficace tentativo di togliersi responsabilità di tipo penale, ma che valgono nulla al cospetto del dolore e all’impotenza di una mamma. Finché resta viva…