Stupro, per i giudici Robinho ha umiliato la vittima ‘certo della sua impunità’
A novembre la condanna per stupro a carico delll’ex giocatore del Milan, al secolo Robson de Souza Santos, a 9 anni di carcere. Ora escono le motivazioni, ma si attende il processo in appello.
Milano – Hanno mostrato un “assoluto dispregio” per la giovane donna “esposta a ripetute umiliazioni, oltre che ad atti di violenza sessuale” pesanti, descritta nelle loro conversazioni intercettate “con epiteti (…) e termini spesso crudi e sprezzanti, segni inequivocabili di spregiudicatezza e quasi di consapevolezza di una futura impunità”. Lo scrivono i giudici della nona sezione penale del Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso novembre hanno condannato l’ex giocatore del Milan, Robinho, al secolo Robson de Souza Santos, e un suo amico, Ricardo Falco, a 9 anni di carcere e a versare in solido 60 mila euro alla vittima, una ragazza di origini albanesi che all’epoca aveva 23 anni.
I due rispondono di violenza sessuale di gruppo avvenuto con abuso delle “condizioni di inferiorità psichica e fisica” della ragazza in quanto sarebbe stata fatta ubriacare. Nel caso sono coinvolti altri quattro brasiliani per i quali il procedimento è sospeso in quanto sono irreperibili. I giudici hanno stabilito di non concedere al calciatore e al suo complice le attenuanti generiche in quanto il loro comportamento, sin dall’inizio dell’indagine, si è “caratterizzato per molteplici e continui tentativi di ostacolare l’accertamento della verità, attraverso la ricerca di un accordo sulle versioni da rendere agli inquirenti”.
Come si legge nelle 28 pagine di motivazioni depositate nei giorni scorsi i giudici Mariolina Panasiti, presidente, Piera Gasparini (estensore) e Simone Luerti a latere “nel valutare la personalità degli autori dell’abuso” hanno ritenuto di “dare rilievo particolarmente negativo ai toni e alle espressioni utilizzate nel commentare gli eventi, nel descrivere la ragazza con epiteti umilianti e termini spesso crudi e sprezzanti, segni inequivocabili di spregiudicatezza e quindi di consapevolezza di una futura impunità”.
“Tale consapevolezza – proseguono – ha indotto gli imputati persino a ridere più volte dell’accaduto, evidenziando così un assoluto dispregio per la condizione della vittima, esposta a ripetute umiliazioni, oltre che ad atti di violenza sessuale mediante abusi particolarmente invasivi, e con un’assoluta sopraffazione fisica della vittima”. La giovane donna violentata, di 23 anni, a distanza di quasi quattro anni ha mostrato “ancora i segni” di una “trauma psichico”.
E ciò, per il Tribunale, è testimoniato dalla sua testimonianza in aula: “un racconto caratterizzato ora da intensa emotività ora da toni sommessi, propri di una persona giunta con travaglio a determinarsi alla denuncia, e che è parsa particolarmente debole di fronte alla vicenda”.
Secondo l’accusa, l’ex giocatore del Milan e i suoi complici, la sera del 22 gennaio 2013, avrebbero fatto bere la ragazza fino al punto da renderla incosciente e poi l’avrebbero violentata a turno senza che lei potesse opporsi in un guardaroba di un locale notturno della movida milanese dove si era recata per festeggiare il suo compleanno. Ora si attende il processo in appello.
BRU