Elezioni dei presidenti delle Camere. Strategie politiche, ‘inciuci’ o accordi condivisi?
Eletti Casellati al Senato della Repubblica e Fico alla Camera dei Deputati, ci si avvia alla seconda fase delle consultazioni per la costituzione del Governo
Elezioni 2018 – Eletti i presidenti delle due Camere, facciamo una riflessione su come sono arrivati ad accordarsi il centro destra e il M5S.
Intanto, c’è da sottolineare che in questo confronto tra le varie forze politiche, Di Maio non siederà mai al tavolo con Berlusconi (questo è quanto dichiarato più volte dal Leader pentastellato). E questo è un punto da tenere a mente, nella disamina degli incontri/scontri/incontri, che hanno determinato l’elezione dei due Presidenti della Camera dei Deputati e soprattutto di quella del Senato.
In un primo momento si è pensato anche che, Salvini a seguito del veto posto dal gruppo guidato da Di Maio, in merito alla Candidatura di Romani, potesse “inciuciare” con i pentastellati, appoggiandoli nella scelta di un altro nome da proporre come candidato al Senato gradito a Di Maio e Co., venendo meno così, al patto sottoscritto con la coalizione di centro destra.
E questo anche in riferimento alle prime dichiarazioni a caldo di Silvio Berlusconi, che alludevano ad una possibile rottura della loro coalizione a causa di un ipotetico atteggiamento di Salvini, ritenuto “scorretto” dal Cavaliere, nei confronti del patto concordato tra FI, Lega, FdI, NcI.
Ma, chi ci dice che, in realtà non fosse solo una strategia politica studiata a tavolino dalla stessa coalizione di centro destra per mischiare le carte e arrivare a far eleggere quello che era il vero candidato su cui puntava Forza Italia dall’inizio?
Ed anche se l’intervento del Leader di FdI, Giorgia Meloni, è stato visto come una mediazione che avrebbe riportato equilibrio e serenità tra Berlusconi e Salvini, il modo come si è arrivati alla candidatura della Casellati, lascia comunque pensare.
Proviamo a spiegarci.
La candidatura di Casellati, rispetto a quella di Romani, se dovessimo giudicarla secondo i principi su cui si basa il M5S e per i quali quest’ultimo ha posto il veto sul ruolo istituzionale dei Presidenti di Senato e Camera, dovrebbe essere quella meno gradita ai pentastellati, anche in ragione di quelle “leggi ad personam” appoggiate in passato dalla stessa Casellati e sempre contrastate dal M5S stelle.
La Casellati è una Berlusconiana di ferro. Dal 1994 è al fianco del Cavaliere in Forza Italia e ne ha preso sempre le parti, schierandosi a suo favore anche in vicende spigolose in cui si è trovato lo stesso Silvio Berlusconi, di cui ricordiamo le ben noti battaglie contro le “Toghe sporche”.
Quindi, c’è da chiedersi, perché Di Maio che non siede al tavolo con Berlusconi per concertare trattative politiche, mette il veto per Romani e da’ il suo benestare alla Casellati che rappresenta l’apologia di Berlusconi?
Ora non vogliamo pensare che Di Maio, solo per la sua giovane età, possa essere uno sprovveduto a tal punto che sia stato fatto preda di un’azione persuasiva del centro destra. Certo è, che non si spiega come il M5S abbia potuto accettare di votare senza riserve la Casellati alla Presidenza del Senato.
Forse, un’ipotesi sensata potrebbe essere quella che vedeva il M5S avere nel mirino per la Camera dei Deputati una figura rappresentativa del suo stesso movimento. Persona che negli anni si fosse spesa per perseguire gli obiettivi dei pentastellati. Quindi, raggiunto tale obiettivo con l’elezione di Roberto Fico, forse Di Maio ha maturato l’idea, anche se in contraddizione con quanto sempre affermato in fase pre-elettorale, che per ottenere il suo risultato alla Camera, doveva necessariamente, cedere al centro destra una pedina gradita alla coalizione composta dalla Lega, FI, FdI, NcI. Altrimenti, si sarebbe potuto vanificare ogni sforzo proteso a far partire un’azione di Governo.
Quindi, quanto accaduto nella trattativa, nella scelta e nell’elezione dei Presidenti delle due Camere, ci pone davanti a due possibili strategie:
- quella che ha visto il centro destra fingere di spaccarsi fin’anche a sfiorare la rottura definitiva, per poi, accordarsi successivamente, su un nome che la stessa coalizione aveva già in tasca dapprima e che in realtà rappresentava la loro prima scelta;
- quella che ha visto Di Maio fare un passo indietro, rispetto alla “rigidità” pre-elettorale del M5S che poneva veti su tutti e tutto ciò che non rientrava nella loro visione movimentista, in ragione di un sistema politico che necessariamente, richiede alleanze/accordi/condivisioni e compromessi, per poter dare vita ad un Governo, laddove manca la maggioranza per poterlo fare da soli.
Lasciamo a chi legge, l’opportunità di farsi un’idea di quanto descritto, considerando che la partita ha visto concludersi solo il primo atto di un confronto politico molto impegnativo e che a breve, ci porterà a conoscere se e quali altre carte verranno calate sul “tavolo da gioco”, per tentare di arrivare alla definizione e costituzione di un Governo…speriamo stabile e duraturo per il bene del Paese.
(Il Faro on line)