Impianto di mitilicoltura a Fondi, Legambiente Terracina ‘Dal Tar sentenza esemplare’
Legambiente Terracina: “Una sentenza pesante e una brutta pagina per la Regione. Speriamo solo che adesso si metta finalmente una pietra tombale sopra gli impianti di cozze sul litorale pontino.”
Terracina – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio si è definitivamente pronunciato sul ricorso relativo avente ad oggetto il rilascio di concessione demaniale marittima alla Mitilflegrea Soc. Coop. a.r.l., di uno specchio acqueo di complessivi mq 350.000 antistante il territorio del Comune di Fondi e del Comune di Sperlonga, a scopo di mitilicoltura.
Il Tar accogliendolo e annullando tutti gli atti impugnati dal Comune di Fondi ha disposto definitivamente, in virtù della natura delle illegittimità emerse, l’invio degli atti alla Procura della Repubblica e alla Procura regionale della Corte dei Conti per le valutazioni di competenza e ordinando che la sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
“La sentenza- affermano i membri del Circolo Legambiente di Terracina – riconosce molti dei rilievi che i circoli Legambiente di Terracina, di Fondi e di Minturno, coadiuvati dal Centro di Azione Giuridica (Ceag) Legambiente Lazio, avevano sollevato per l’impianto in questione ad agosto scorso quando avevano chiesto di nuovo alla Regione Lazio (dopo averlo già fatto lo scorso Aprile) di annullare tutte le autorizzazioni emesse e di sospendere gli iter autorizzativi in corso. In particolare, la sentenza accoglie anche molte delle tesi che il Circolo Legambiente “Pisco Montano” di Terracina con analisi, studi, note e comunicati sostiene da due anni sul tema delle autorizzazioni della Regione Lazio per gli impianti di cozze sulla costa pontina, schierandosi a fianco del Comune di Terracina nel ricorso ad adiuvandum per l’impianto davanti la spiaggia di Terracina e supportando con le sue analisi tecnico-ambientali anche le amministrazioni di Minturno e Fondi nei rispettivi ricorsi.
In primis la sentenza evidenzia come le attività in concessione rilasciate dalla Regione, specificamente gli impianti di acquacoltura e mitilicoltura, debbono rispettare la vocazione turistica del territorio, la gradevolezza paesaggistica e l’habitat naturale in particolare quando lo specchio acqueo interessato dagli impianti in concessione è di particolare rilevanza sul piano ambientale e naturalistico come nel caso delle concessioni sulla costa pontina visto i numerosi siti di importanza comunitaria (Sic) che insistono nella zona.
In relazione al punto precedente, – continua la nota- la sentenza ravvisa anche la necessità, più volte evidenziata da Legambiente nei mesi scorsi, di provvedere a redigere il “Piano dello spazio marittimo” in base al D.Lgs. n. 201 del 17 ottobre 2016, di recepimento della Direttiva 2014/89/Ue che oltre a stabilire la distribuzione spaziale e temporale dei nuovi impianti di acquacoltura e piscicoltura, impone, per detti impianti, la Valutazione Ambientale Strategica (Vas) e la Valutazione di Incidenza Ambientale (Via): ciò anche tenuto conto che le aree interessate dalle concessioni risultano tutte ubicate in adiacenza a Siti di Importanza Comunitaria (Sic) tutelati dalla normativa europea.
La sentenza rileva anche molte gravi anomalie procedurali, in applicazione del art.11 della Legge Regionale n. 8/2016, evidenziando la superficialità con cui è stata condotta l’istruttoria sull’istanza di Fondi da parte della competente Direzione regionale, la quale non si è avveduta dell’estensione e dell’ubicazione dell’impianto richiesto in concessione, invece prontamente rilevati dalla Capitaneria di Porto di Gaeta. Il Collegio giudicante del Tar ha ritenuto che tale condotta sia palese espressione di un non corretto e negligente esercizio del potere, dal momento che la segnalazione scritta, da parte della Capitaneria di Porto di Gaeta, avrebbe dovuto suggerire alla Regione, quanto meno, di approfondire l’esame della documentazione per verificare la correttezza dei rilievi dell’Autorità portuale o, viceversa, per poterli fondatamente confutare.
Altro punto importante: la sentenza ribadisce la non esistenza del carattere di urgenza dell’anticipata occupazione ai fini della sperimentazione per la classificazione delle acque ai sensi del Regolamento CE n. 854 del 29 aprile 2004 e s.m.i, come già affermato alcuni mesi fa con la sentenza del Tar n. 257 del 9 gennaio 2017, nel giudizio relativo alla analoga determinazione n. G02621 del 21 marzo 2016, con la quale la Regione Lazio ha autorizzato la stessa Mitilflegrea a occupare anticipatamente, ai sensi dell’art. 38 del codice della navigazione e dell’art. 35 del relativo regolamento di esecuzione, lo specchio acqueo di complessivi mq 500.000 antistante il territorio del Comune di Terracina. Anzi, la sentenza odierna ribadisce non solo l’inesistenza del carattere di urgenza della anticipata occupazione ma decreta anche con molta chiarezza, come da Legambiente tante volte sottolineato, che in dipendenza dello specifico metodo di “campionamento” previsto dal Regolamento Ce n. 854/2004 per la classificazione delle acque per la mitilicoltura non si ravvisa alcuna necessità di procedere alla realizzazione completa dell’intero impianto potendo procedere alla classificazione con semplici campionamenti puntuali.
In definitiva – prosegue la nota- il Tar rileva che la Regione ha fornito al Comune di Fondi informazioni insufficienti, parziali e fuorvianti, tanto che plausibilmente, proprio perché ritenendosi non interessato dal futuro impianto di mitilicoltura, il Comune di Fondi non forniva riscontro. Le molte illegittimità del complessivo procedimento, riscontrate dal Tar, rendono di fatto illegittimo il provvedimento di concessione. Inoltre, le circostanze fattuali ricostruite dal Consiglio del Tar, e quelle desumibili dagli atti, non sono state né smentite né minimamente contestate dalla Regione Lazio. In virtù di tutto questo il Tar ha proceduto ad accogliere il ricorso e ad annullare gli atti impugnati.
Insomma- conclude la nota- un gran pasticcio, una sentenza pesante e una brutta pagina per la Regione. Speriamo solo che adesso si metta finalmente una pietra tombale sugli impianti di cozze sul litorale pontino.
(Il Faro on line)