30 centesimi al giorno, l’assurdo contributo per la disabilità
La storia di Orietta e di sua figlia, tra incomprensioni burocratiche, tagli di fondi e rimpalli tra Regione, Comune e Asl.
Fiumicino – Medicine, cure, centri specializzati. Far vivere dignitosamente un figlio disabile ha un costo davvero elevato per una famiglia. E se anche lo Stato, che aveva promesso aiuti economici, come previsto dalla legge, viene meno al suo impegno a causa della burocrazia, ad una mamma stanca di lottare contro un sistema assente, non resta altro che affidare ai social la sua rabbia.
Perché ad una mamma, che ha speso buona parte della sua vita per sua figlia, e tutti i componenti della sua famiglia, se il Comune gli promette trenta centesimi al giorno di assistenza, non può che essere ferita nell’animo.
Alessia è una ragazza di 16 anni affetta dalla sindrome di Rett, una grave malattia neurologica che colpisce nella maggior parte dei casi soggetti di sesso femminile.
Una patologia che porta con sé gravi ritardi nell’acquisizione del linguaggio e della coordinazione motoria. Spesso è associata a ritardo mentale grave. Inevitabile, anche se progressiva, la perdita delle capacità di qualsiasi prestazione fisica.
Appenata nata, ha raccontato sua madre, Orietta, “era apparentemente normale. Verso i due anni ha iniziato una fase di regressione. Prima ha perso l’uso delle mani e delle gambe, poi quello della parola”.
In sedici anni di vita, il Comune di Fiumicino è stato un fantasma: “Io non so nemmeno quale sia la sua assistente sociale – ha detto Orietta -; è vero che non non abbiamo insistito più di tanto”. Ma quando la burocrazia allunga i tempi di mesi, alle volte anche di anni, ci si stanca presto di lottare contro i “muri”.
L’assistenza
La precedente amministrazione, “aveva dato 9 ore di assistenza diretta con una cooperativa. Quando Alessia andava a scuola aveva il sostegno. Poi, prima di passare alle medie, abbiamo optato per mandarla in un centro diurno perché alle medie sarebbero state un parcheggio per lei. Così abbiamo scelto questo centro perché fosse più adatto e di stimolo per lei“, ha proseguito Orietta.
Un centro che, tuttavia, ha un costo: 350 euro mensili. La scelta venne comunque fatta perché la loro famiglia rientrava in quelle che potevano accedere ai fondi messi a disposizione dalla Regione.
“Fino a qualche tempo fa era in vigore una delibera della Regione Lazio secondo cui per rientrare negli aiuti il tetto massimo dell’Isee familiare era di 26 mila euro; noi all’epoca ne percepivamo 16 mila”.
Soldi erogati, tuttavia, non direttamente dalla Regione, bensì dal Comune. Che ha rifiutato di elargire la somma a causa di una formula contenuta nella delibera regionale secondo la quale Palazzo di Città “non era tenuto a dare nulla”.
L’ennesimo cavillo burocratico. “Ho parlato con chi di dovere perché per noi 350 euro al mese sono difficili da sostenere – ha aggiunto Orietta -. Alla fine il Comune ha ceduto e ha detto: ‘Vi diamo un contributo che è fuori di questa delibera: 150 euro al mese'”.
E così, per qualche mese, il Comune di Fiumicino ha dato alla famiglia di Alessia 150 euro; poi 100 euro, poi 75 euro. E poi? “E poi nulla”, ha risposta addolorata mamma Orietta.
Non solo non sono più arrivati i soldi. Con essi non è arrivata nessuna comunicazione che spiegasse il motivo di tale sospensione. “Noi non ci siamo fatti più sentire perché non elemosiniamo nulla, siamo andati avanti fino all’anno scorso senza nessun aiuto”.
La beffa
Poi un lume di speranza. Ad inizio anno il Comune ha telefonato a casa di Alessia: “L’Isee è stato abbassato a 20 mila euro e voi rientrate nei fondi regionali. Se mi date l’indirizzo vi spedisco la lettera“. “Che bello, un piccolo contributo ci fa comodo, anche 50 euro sarebbero ottimi”, ha pensato la mamma di Alessia.
Ma quella speranza si è spenta nel momento in cui è arrivata la lettera. “L’Isee è di 19 mila euro circa, di conseguenza dal Comune, in base ai calcoli, possono darci solo trenta centesimi al giorno“.
E’ costato più mandare quella raccomandata che non il “contributo” mensile, se così si può definire, per sostenere le tante spese a cui i familiari di Alessia sono costretti a far fronte.
“Mi è venuto da ridere per non piangere, da impiegato avrei chiamato il sindaco per dire: mi vergogno, mi rifiuto di mandare questa lettera”, ha commentato amareggiata Orietta.
“In tutto sono 7 euro al mese. E’ ridicolo, è un’elemosina“. Ed è proprio questo quello che ha contestato la mamma di Alessia in un lungo post sul suo profilo Facebook: “Potevano dirmi: ‘Stai sul limite, non ti diamo niente’. E invece…”.
Per Orietta, il vero problema è a monte: “La delibera è della Regione: puoi fare un calcolo secondo cui la percentuale è di 30 centesimi al giorno? Io mi vergogno a prenderli questi soldi“.
Tutta sua famiglia è stanca di lottare: “C’è un muro, fin da quando Alessia andava a scuola ho provato a parlare con chi di dovere, ma le Istituzioni non mi hanno capito“.
“Io non so quanti disabili ci sono a Fiumicino, ma se vai al Comune per chiedere quando esce il bando per ricevere l’assegno di cura, emesso dalla Regione, nessuno sa niente. Ogni settimana mi tocca chiamare per sapere se c’è qualche novità“. Nemmeno il sito fornisce indicazioni: “E’ difficile da consultare quel sito web”, ha aggiunto Orietta.
“E’ mai possibile che oggi, nell’epoca della comunicazione globale, manca quella proprio da parte delle Istituzioni? Io non le ho mai viste ne sentite – ha commentato Orietta rassegnata -. Ho smesso di cercarle perché è inutile rapportarsi con loro, si trovano solo muri. Anche se mi rispondono non danno risposta”.
Che fine fanno quei soldi?
Ma il dubbio che tutt’oggi assale la mamma di Alessia è un altro: “La Regione ha dei fondi che manda al Comune di Fiumicino che, per un cavillo burocratico, non vengono erogati a chi di dovere. Mi domando: che fine fanno questi soldi?“. E, rivolta proprio all’amministrazione comunale ha domandato: “A chi state dando questi fondi invece di aiutare una ragazza che non cammina, non parla, e non può fare niente da sola? Io sono stanca di cercare le istituzioni, è una continua battaglia persa”.
“Lo Stato è lontano e io non ho tempo di inseguirlo, perché ho mia figlia che non può fare nulla senza l’aiuto di qualcuno – si è sfogata Orietta -. Io sto dietro a lei quasi ventiquattro ore al giorno perché anche quando non sto con lei penso ad Alessia e a come mandare avanti tutta la famiglia. Non ho tempo di girare“.
“Quelle 9 ore a settimana che lei trascorre al centro le uso per fare la spesa e mandare avanti casa, poi torno da lei. Ho una figlia che dipende al cento per cento da me e non ho il tempo di giare per uffici con un personale che non sa nulla – ha aggiunto -. Ti stanchi e non hai più voglia ed energia per parlare coi muri”.
Un mondo invisibile
Orietta si è sentita presa in giro da chi le aveva promesso un aiuto e invece, lentamente, senza nessuna spiegazione, le ha voltato le spalle.
“Non voglio aizzare nessuno in periodo di campagna elettorale, ma questi soldi teneteveli. L’amministrazione ha fatto vedere che ha realizzato piste ciclabili e tante altre cose belle. Però ha tralasciato un mondo che agli occhi del Comune è praticamente invisibile. Noi viviamo nella disperazione, non è tutto rose e fiori a Fiumicino”, ha proseguito la mamma di Alessia.
“Noi siamo genitori forti, che sorridono, ma vivere per noi non è facile. Noi cerchiamo di dare a nostra figlia una vita dignitosa, che però ha un costo altissimo – ha proseguito -. Quei cento euro che ci davano prima non li utilizzavamo per andare in vacanza o per farci una pizza. Erano tutti per Alessia”.
Ma non è finita qui. “Nella lettera c’è scritto che se Alessia fosse maggiorenne, il suo Isee individuale non sarebbe pari a zero (come dovrebbe essere visto che non ha entrate) in quanto percepisce l’indennità di accompagnamento che (per legge, ndr.) deve essere versato dall’utente alla struttura. Ma questo non è vero, è anticostituzionale”, ha denunciato sul social Orietta.
“Loro contano sulla nostra ignoranza perché non sappiamo come muoverci in questo mondo. Io quei trenta centesimi non li voglio – ha concluso -. Li restituisco al Comune, anzi Alessia li restituisce al Comune. Offre il caffè a tutti“.
La risposta del Comune: “E’ competenza dell’Asl”
Interpellati gli uffici del Comune di Fiumicino, sulla vicenda ha risposto il dirigente, dott. Fabio Sbrega, dirigente dell’Area Politiche Sociali nonché firmatario della lettera ricevuta dalla signora Mariotti, citando le leggi che regolano l’erogazione di questi fondi:
La Regione Lazio, con la legge Regionale 14 luglio 2014 n. 7 relativa alle disposizioni in materia di compartecipazione alla spesa sociale per le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e per le attività riabilitative erogate in modalità di mantenimento, in regime residenziale e semiresidenziale, come modificata dalla L.R. n. 12 del 10/08/2016, ha stabilito che la quota sociale per le degenze presso le residenze sanitarie assistenziali e per le attività riabilitative erogate in regime di mantenimento residenziale e semiresidenziale a carico dell’assistito è corrisposta dal comune, ovvero compartecipata in misura integrale o parziale dall’assistito nei limiti e secondo le fasce di reddito ai fini Isee fissate con deliberazione della giunta regionale n. 790/2016 e che tale compartecipazione è graduata proporzionalmente fino al raggiungimento della fascia di reddito ai fini Isee di € 20.000,00 al disopra della quale la quota sociale resta interamente a carico dell’assistito. L’indicatore Isee è calcolato conformemente a quanto disposto dal Dpcm 5 dicembre 2013, n. 159 come modificato dall’art.2 -sexies della legge del 26 maggio 2016 n. 89. Per accedere ai trattamenti residenziali e semiresidenziali di mantenimento l’utente è sottoposto a valutazione multidisciplinare da parte dell’equipe multi-professionale dell’azienda Asl ai sensi del decreto del Commissario ad Acta n. 431/2012. Per ottenere il contributo da parte del comune territorialmente competente, l’utente è tenuto a produrre l’Isee e la relativa istanza di richiesta di compartecipazione al pagamento da parte del comune, nonché la documentazione relativa all’indennità di accompagnamento, qualora percepita.
Dunque, ha fatto notare dal Comune, “il servizio di riabilitazione presso centri specializzati riguarda interventi di tipo sanitario e sono di pertinenza della Asl. Non ci sono interventi di tipo sociale e il Comune non ha nessuna competenza in materia”.
Per tanto, ha spiegato il dottor Sbrega, non c’è stato “nessun intervento degli assistenti sociali e nessuna discrezionalità in capo a questa Amministrazione“.
“Noi siamo obbligati solo ad applicare le disposizioni regionali e quindi, sulla base dell’Isee degli utenti, applicare la formula di calcolo (predisposta dalla regione) delle compartecipazioni del comune e dell’assistito”, ha aggiunto.
“Il caso di specie, avendo un Isee leggermente inferiore alla soglia dei 20.000, determina una compartecipazione esigua del Comune, ma ciò scaturisce, senza nessuna discrezionalità dello stesso, dalle norme regionali e dalla formula matematica proporzionale“, ha concluso.
Fin qui la posizione del dirigente comunale. Resta il fatto, pur comprendendo la mancanza di discrezionalità del Comune e l’applicazione delle norme vigenti, che per una famiglia con un grave problema di disabilità in casa, vedersi arrivare un “contributo” di trenta centesimi è uno schiaffo morale e un’offesa. Nello Stato italiano c’è più di qualcosa da cambiare…
(Il Faro online)