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Il grido del Papa contro le dittature: “Basta odio e deliri d’onnipotenza”

23 settembre 2018 | 18:14
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Il grido del Papa contro le dittature: “Basta odio e deliri d’onnipotenza”

In Lituania, il Pontefice, visibilmente commosso, prega in memoria degli ebrei deportati a 75 anni esatti dallo smantellamento del Ghetto di Vilnius

Vilnius – “In questo luogo della memoria, ti imploriamo, Signore, che il tuo grido ci mantenga svegli. Che il tuo grido, Signore, ci liberi dalla malattia spirituale da cui, come popolo, siamo sempre tentati: dimenticarci dei nostri padri, di quanto è stato vissuto e patito“.

E’ il silenzio il protagonista dell’ultima parte di questa seconda giornata di viaggio apostolico nei Paesi Baltici. Papa Francesco, lasciata Kaunas, torna a Vilnius per sostare in preghiera davanti al Monumento delle Vittime del Ghetto.

Il 23 settembre del 1943 i nazisti che occupavano la Lituania smantellarono e svuotarono il Ghetto di tutti gli ebrei, deportati nei campi di sterminio della Polonia o della Lettonia.

Al termine del secondo conflitto mondiale, i superstiti del Ghetto di Vilnius saranno tra i 2.000 e i 3.000, il 5% dell’originaria popolazione ebraica della città.

Francesco, visibilmente commosso, prima di soffermarsi per alcuni istanti in raccoglimento, depone un omaggio floreale ai piedi della targa che ricorda le tragiche conseguenze della follia nazista. Accanto a lui, la presidente della Repubblica della Lituania, Dalia Grybauskaite.

Sul muro di un edificio residenziale in Via Rodninku, in pieno centro storico di Vilnius, una targa sobria, costituita da due tavolette in pietra, annuncia l’ingresso ad uno dei più grandi ghetti ebraici della Lituania e dell’Europa.

Il memoriale raffigura il piano del Grande Ghetto di Vilnius circoscritto tra le vie Lydos, Rudnunku, Mesiniu, Asmenos, Zemaitijos, Dysnos, Siauliu e Lagonines.

Nato dopo l’uccisione di circa 20 mila ebrei durante una rivolta nel piccolo ghetto, il Grande Ghetto fu aperto il 6 settembre 1941. Al suo interno, la fame, le malattie, le esecuzioni di strada, i maltrattamenti e le deportazioni nei campi di concentramento e di sterminio ridussero la popolazione del ghetto da 40 mila persone a zero.

Pensato più come un’anticamera della morte, in soli due anni, poche centinaia di persone riuscirono a sopravvivere nascondendosi nelle foreste che circondano la città, unendosi ai partigiani sovietici o trovando riparo tra gli abitanti del luogo.

Dai circa 95 mila residenti ebrei (quasi la metà della popolazione) e le 110 sinagoghe attive prima dell’occupazione nazista, oggi si contano appena 4 mila ebrei e solo due sinagoghe. Il 23 settembre 1943, giorno della chiusura del Ghetto di Vilnius, è stato dichiarato il Giorno del genocidio ebraico in Lituania.

Il Pontefice si reca poi in visita al Museo delle Occupazioni e Lotte per la Libertà. Ad accoglierlo, il direttore del Museo all’ingresso laterale, essendo la visita privata, Ad accompagnare Bergoglio, l’arcivescovo di Vilnius, mons. Gintaras Grusas.

Il Papa e l’arcivescovo scendono al piano inferiore dell’edificio, per visitare le celle n. 9 e 11, dove il Pontefice accende una candela in memoria delle vittime. E’ presente anche un vescovo della Compagnia di Gesù, superstite della persecuzione.

Il Papa poi si reca nella sala delle esecuzioni dove si sofferma, ancora per alcuni momenti, in silenzio orante. Tornando al piano terra del Museo, nel cortile esterno, firma il libro degli ospiti.

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Terminata la visita privata, il Papa si trasferisce in auto al Monumento delle Vittime delle Occupazioni e Lotte per la Libertà per un momento di preghiera. Al suo arrivo viene accolto da un vescovo cattolico superstite della persecuzione e da un discendente di deportati che gli recano un omaggio floreale che egli depone sul monumento.

L’edificio sorge a poche centinaia di metri dalla Piazza della Cattedrale di Vilnius. E’ una struttura che evoca nei lituani una memoria sinistra.

E’ il simbolo che resta della dominazione sovietica, all’epoca sede degli uffici del Kgb e soprattutto, nei famigerati seminterrati, delle prigioni in cui venivano torturati e detenuti gli oppositori del regime.

In precedenza, fu la Gestapo a occuparlo tra il 1941 e il ’44 con finalità analoghe. Secondo alcune stime, oltre mille persone hanno perso la vita nell’edificio soltanto tra il 1944 e gli anni Sessanta.

A ricordo di quell’orrore, l’edificio è stato riadattato nel 1992 a Museo dedicato alle vittime. All’interno son visitabili una ventina di celle (terribili le due di isolamento, da 60 centimetri quadrati l’una) e alcuni luoghi in cui i prigionieri venivano seviziati. Oggi, il Museo è luogo di frequenti incontri con prigionieri sopravvissuti, di proiezioni di filmati d’epoca e di ricerca storica.

Ed è nella piazza antistante questo sinistro edificio che Papa Francesco, visibilmente commosso, lancia un forte grido di condanna verso tutti quei regimi dittatoriali che con deliri d’onnipotenza hanno tolto, e continuano a farlo, la dignità dell’uomo.

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»
Il tuo grido, Signore, non cessa di risuonare, e riecheggia tra queste mura che ricordano le sofferenze vissute da tanti figli di questo popolo. Lituani e provenienti da diverse nazioni hanno sofferto nella loro carne il delirio di onnipotenza di quelli che pretendevano di controllare tutto.
Nel tuo grido, Signore, trova eco il grido dell’innocente che si unisce alla tua voce e si leva verso il cielo. È il Venerdì Santo del dolore e dell’amarezza, della desolazione e dell’impotenza, della crudeltà e del non senso che ha vissuto questo popolo lituano di fronte all’ambizione sfrenata che indurisce e acceca il cuore.
In questo luogo della memoria, ti imploriamo, Signore, che il tuo grido ci mantenga svegli. Che il tuo grido, Signore, ci liberi dalla malattia spirituale da cui, come popolo, siamo sempre tentati: dimenticarci dei nostri padri, di quanto è stato vissuto e patito.
Che nel tuo grido e nella vita dei nostri padri che tanto hanno sofferto possiamo trovare il coraggio di impegnarci con determinazione nel presente e nel futuro; che quel grido sia stimolo per non adeguarci alle mode del momento, agli slogan semplificatori, e ad ogni tentativo di ridurre e togliere a qualsiasi persona la dignità di cui Tu l’hai rivestita.
Signore, che la Lituania sia faro di speranza. Sia terra della memoria operosa che rinnova gli impegni contro ogni ingiustizia. Che promuova creativi sforzi nella difesa dei diritti di tutte le persone, specialmente dei più indifesi e vulnerabili. E che sia maestra nel riconciliare e armonizzare le diversità.
Signore, non permettere che siamo sordi al grido di tutti quelli che oggi continuano ad alzare la voce al cielo.

Poi, un fuoriprogramma: tornato alla Nunziatura di Vilnius, dove risiede in questi giorni di viaggio apostolico, si affaccia per salutare i tanti fedeli presenti. Poche parole per un saluto breve ma cordiale, all’insegna della preghiera:

Buona sera! Ringrazio per la vostra vicinanza, qui. E grazie della vostra gioia! Oggi sono stato a Kaunas. Domani parto per la Lettonia. Ringrazio tanto per la vostra accoglienza, la calorosa accoglienza. E adesso vi invito a pregare insieme la Madonna.
Ave Maria… Buona sera!

Domani il trasferimento a Riga, per la visita nella Repubblica di Lettonia.

(Il Faro online) – Foto © Vatican Media