“Violenza, carcere e deportazioni non vincono la fede”
Papa Francesco incontra il clero lituano nella Cattedrale di Kaunas: “Abbiate memoria dei martiri”
Kaunas – “La violenza usata su di voi per aver difeso la libertà civile e religiosa, la violenza della diffamazione, il carcere e la deportazione non hanno potuto vincere la vostra fede in Gesù Cristo, Signore della storia”.
E’ all’insegna del ricordo e della memoria il discorso che Papa Francesco rivolge al clero della Lituania, riunito nella Cattedrale di Kaunas, primo grande edificio gotico della Lituania, ha oltre 600 anni di storia.
Nel 2013, nel ventesimo anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Kaunas, vi è stato innalzato un altare con la reliquia del santo polacco, diventato oggi meta di pellegrinaggio nazionale.
Il discorso di Francesco è più volte interrotto da aggiunte fatte a braccio, ma ha un unico grande filo conduttore: tornare alle radici.
Tema, quello del “recupero delle radici”, presente in tutti i discorsi fatti dal Santo Padre in questi due primi giorni di viaggio apostolico nei Paesi Baltici. Un tema significativo per la Lituania, che proprio oggi, 23 settembre, ricorda i 75 anni dalla distruzione del Ghetto di Vilnius.
Rivolgendosi ai sacerdoti più anziani, afferma: “Avete molto da dirci e insegnarci, e anche molto da proporre, senza dover giudicare l’apparente debolezza dei più giovani”. “E voi, più giovani – prosegue -, quando davanti alle piccole frustrazioni che vi scoraggiano tendete a chiudervi in voi stessi, a ricorrere a comportamenti ed evasioni che non sono coerenti con la vostra consacrazione, cercate le vostre radici e guardate la strada percorsa dagli anziani“.
Poi, a braccio, aggiunge: “E’ meglio che prendiate un’altra strada che vivere nella mediocrità: questo per i giovani. Siete in tempo, e la porta è aperta”.
“Sono proprio le tribolazioni – sottolinea Bergoglio – a delineare i tratti distintivi della speranza cristiana, perché quando è solo una speranza umana possiamo frustrarci e schiacciarci nel fallimento; ma non accade lo stesso con la speranza cristiana: essa esce più limpida, più provata dal crogiolo delle tribolazioni”.
“Non dimenticare i martiri”
E, ancora a braccio, aggiunge: “Volevo dire un sentimento che ho: guardando voi, vedo dietro di voi tanti martiri. Martiri anonimi, nel senso che neppure sappiamo dove sono stati sepolti. Qualcuno di voi, che ho salutato prima, ha saputo cos’era la prigione. Viene in mente una parola, per incominciare: non dimenticate! Abbiate memoria!“.
“Siete figli di martiri – prosegue il Papa -. Questa è la vostra forza. E lo spirito del mondo non venga a dirvi qualche altra cosa, diversa di quella che hanno vissuto i vostri antenati”.
“Ricordate i vostri martiri – insiste -. Prendete esempio da loro, non avevano paura. Parlando con i vostri vescovi oggi, dicevano come si può fare per rintrodurre la causa di beatificazione di tanti di cui non abbiamo documenti ma sappiamo che sono martiri.
“E’ una consolazione, è bello sentire questo. La preoccupazione per coloro che ci hanno dato testimonianza. Sono dei santi!“.
Riprende poi il saluto di mons. Linas Vodopjanovas, vescovo di Panevėžys e incaricato della vita consacrata: “Il vescovo – prosegue il Pontefice – ha parlato senza sfumature. I francescani parlano così. ‘Oggi, spesso e in vari modi, viene messa alla prova la nostra fede’, ha detto. Lui pensava che fossero i dittatori a perseguitare, no. ‘Dopo aver risposto alla chiamata della vocazione spesso non proviamo più gioia nella preghiera né nella vita comunitaria’, ha detto ancora”.
“Lo spirito della secolarizzazione, della noia, quello che tocca la comunità, è la tentazione della seconda generazione – sottolinea Bergoglio -. I nostri padri hanno lottato, hanno sofferto, sono stati carcerati, e forse noi non abbiamo la forza di andare avanti. Abbiate conto di questo“.
“Il libro degli Atti degli Apostoli – aggiunge – faceva un’esortazione: ‘non dimenticatevi dei primi giorni, non dimenticatevi dei vostri antenati’, questa è l’esortazione che rivolgo a voi”.
Ascoltare il dolore degli altri
Infine, un ammonimento sull’opera pastorale dei sacerdoti: Dalla “contemplazione del mondo degli uomini” deriva “un appello alla pienezza di fronte ai bisogni insoddisfatti dei nostri fratelli più poveri, davanti alla mancanza di senso della vita dei più giovani, alla solitudine degli anziani, ai soprusi contro l’ambiente”.
“È un gemito – dice il Santo Padre – che cerca di organizzarsi per incidere sugli eventi di una nazione, di una città; non come pressione o esercizio di potere, ma come servizio. Il grido del nostro popolo ci deve colpire, come Mosè, al quale Dio rivelò la sofferenza del suo popolo nell’incontro presso il roveto ardente”.
“Ascoltare la voce di Dio nella preghiera – aggiunge – ci fa vedere, udire, conoscere il dolore degli altri per poterli liberare. Ma altrettanto dobbiamo essere colpiti quando il nostro popolo ha smesso di gemere, ha smesso di cercare l’acqua che estingue la sete. È un momento anche per discernere che cosa stia anestetizzando la voce della nostra gente“.
“Forse la società del benessere ci ha resi troppo sazi, pieni di servizi e di beni, e ci ritroviamo appesantiti di tutto e pieni di nulla; forse ci ha resi storditi o dissipati, ma non pieni. Siamo noi, uomini e donne di speciale consacrazione, coloro che non possono mai permettersi di perdere quel gemito, quell’inquietudine del cuore che solo nel Signore trova riposo”, conclude il Papa rivolgendosi a tutto il clero lituano.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media