Papa Francesco: “Basta proselitismo, la Chiesa cresce per attrazione”
All’Angelus la preghiera del Pontefice per l’Indonesia colpita da un violento maremoto: “Il Signore consoli le popolazioni e sostenga gli sforzi di quanti si stanno impegnando a portare soccorso”
Città del Vaticano – Nessuna forma di “autoreferenzialità” nella Chiesa. “Anzi, qui c’è la radice del proselitismo. E la Chiesa non cresce per proselitismo, ma cresce per attrazione, cioè per la forza della testimonianza”. E’ con questa citazione di Benedetto XVI che Papa Francesco spiega il brano evangelico proposto dalla liturgia odierna (cfr Mc 9,38-43.45.47-48), che presenta “uno di quei particolari molto istruttivi della vita di Gesù con i suoi discepoli”.
Ai tanti fedeli che affollano piazza San Pietro, Bergoglio ricorda l’atteggiamento degli apostoli davanti a un uomo, “il quale non faceva parte del gruppo dei seguaci di Gesù”, ma “scacciava i demoni nel nome di Gesù, e perciò volevano proibirglielo”.
Al contrario, Cristo risponde: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi”.
Giovanni e gli altri discepoli manifestano un atteggiamento di chiusura davanti a un avvenimento che non rientra nei loro schemi, in questo caso l’azione, pur buona, di una persona “esterna” alla cerchia dei seguaci. Invece Gesù appare molto libero, pienamente aperto alla libertà dello Spirito di Dio, che nella sua azione non è limitato da alcun confine e da alcun recinto. E con il suo atteggiamento Gesù vuole educare i suoi discepoli, anche noi oggi, a questa libertà interiore.
“Ci fa bene riflettere su questo episodio, e fare un po’ di esame di coscienza – spiega il Pontefice -. L’atteggiamento dei discepoli è molto umano, e lo possiamo riscontrare nelle comunità cristiane di tutti i tempi”.
La libertà di Dio
“In buona fede, anzi, con zelo, si vorrebbe proteggere l’autenticità di una certa esperienza, specialmente carismatica, tutelando il fondatore o il leader dai falsi imitatori aggiunge il Papa -. Ma al tempo stesso c’è come il timore della ‘concorrenza’, che qualcuno possa sottrarre nuovi seguaci, e allora non si riesce ad apprezzare il bene che gli altri fanno: non va bene perché ‘non è dei nostri'”.
La grande libertà di Dio nel donarsi a noi costituisce una sfida e una esortazione a modificare i nostri atteggiamenti e i nostri rapporti. È l’invito che ci rivolge oggi Gesù. Egli ci chiama a non pensare secondo le categorie di “amico/nemico”, “noi/loro”, “chi è dentro/chi è fuori”, “mio/tuo” ma ad andare oltre, ad aprire il cuore per poter riconoscere la sua presenza e l’azione di Dio anche in ambiti insoliti e imprevedibili e in persone che non fanno parte della nostra cerchia. Si tratta di essere attenti più alla genuinità del bene, del bello e del vero che viene compiuto, che non al nome e alla provenienza di chi lo compie.
Poi ammonisce: “E – come ci suggerisce la restante parte del Vangelo di oggi – invece di giudicare gli altri, dobbiamo esaminare noi stessi, e ‘tagliare’ senza compromessi tutto ciò che può scandalizzare le persone più deboli nella fede”.
Un Ave Maria per l’Indonesia
Terminato l’Angelus, il Pontefice invita i presenti a pregare un “Ave Maria” per “le popolazioni dell’isola di Sulawesi, in Indonesia, colpita da un forte maremoto. Prego per i defunti – purtroppo numerosi –, per i feriti e per quanti hanno perso la casa e il lavoro. Il Signore li consoli e sostenga gli sforzi di quanti si stanno impegnando a portare soccorso”.
Ricorda poi Jean-Baptiste Fouque, un sacerdote diocesano proclamato oggi beato a Marsiglia. Un prete, sottolinea “che rimase vice-parroco per tutta la vita”. E a braccio aggiunge: “Un bell’esempio per gli arrampicatori”.
“Vissuto tra Otto e Novecento, promosse numerose opere assistenziali e sociali in favore di giovani, anziani, poveri e ammalati. L’esempio e l’intercessione di questo apostolo della carità ci sostengano nell’impegno di accoglienza e condivisione con le persone più deboli e svantaggiate. Un applauso al nuovo beato”.
Infine, il tradizionale saluto: “A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”
(Il Faro online)