Fibromialgia, superare la difficoltà di diagnosi come ostacolo al riconoscimento della patologia
Fibromialgia, il 25 Ottobre scorso, in Commissione Igiene e sanità al Senato, è stata fatta un’audizione informale sui ddl n. 299 e n. 485.
Roma – Il 25 Ottobre scorso, in Commissione Igiene e sanità al Senato, è stata fatta un’audizione informale sui ddl n. 299 e n. 485. Invitato a parlare è stato il dott. Enzo Kermol (Laurea in Filosofia ad indirizzo psicologico con Dottorato di ricerca in medicina materno-infantile) Presidente dell’Associazione nazionale degli analisti del comportamento emozionale del volto.
Nella sostanza, il dottor Kermol (nella foto) non si è soffermato sulla malattia in sé, ma sulla difficoltà di diagnosticarla. Al minuto 14 dell’audizione, infatti, parla della mancanza di una ricerca specifica sul tema e sottolinea – come nel caso dell’autismo (che però è riconosciuto dal Sistema sanitario nazionale) – l’alta possibile incidenza di “falsi positivi”. Difficoltà già più volte segnalate pubblicamente dalla stessa Associazione Fibromialgici Uniti (leggi qui l’articolo), ma non per questo sufficienti a negare la patologia.
Il problema di fondo è proprio questo: il riconoscimento della Fibromialgia come malattia (leggi qui la lettera alla ministra Grillo). Il controllo sui malati è una seconda fase, che vale per i fibromialgici come per qualunque cittadino che vuole servirsi del servizio sanitario nazionale per fasi curare. Va smontato l’assunto per il quale dato che per un medico è difficile individuarli, allora i malati non esistono.
Se il problema di facciata è il riconoscimento medico della malattia, il problema sotteso è la cronica carenza di risorse finanziarie per sostenere le cure dei malati. Ma nascondere la testa sotto la sabbia, e impedire l’accesso alle cure a migliaia di pazienti per risparmiare soldi, significa condannarli a vivere nel dolore, e questo non è proprio di un Paese che vuole definirsi civile.
Quanto agli studi, ci sono linee guida canadesi aggiornate al 2016, linee guida Eular, Consenso Spagnolo e tutti gli studi di ricerca sulla fibromialgia.
Sul punto specifico, la senatrice Paola Boldrini ha replicato a Kermol in audizione, affermando che “non siamo al punto zero come lei afferma, ma ci sono molti studi sulla fibromialgia e un dossier scientifico validato da società scientifiche e da due università che è all’attenzione dell’ISS”.
Proprio nei documenti provenienti dal Canada, si legge che “molti pazienti affetti a Fibromialgia riferiscono manifestazione ansiose (a volte con attacchi di panico) e/o depressive. Questa associazione ha fatto sì che in passato la FM venisse considerata come un processo di somatizzazione in soggetti ansiosi o depressi, e purtroppo ancora oggi molti medici sono legati a questa ormai superata definizione.
I numerosi studi sul rapporto tra ansia/depressione e Fm hanno dimostrato inequivocabilmente che la FM non è una malattia psicosomatica e che gli eventuali sintomi depressivi o ansiosi sono un effetto piuttosto che una causa della malattia. Una reazione depressiva – conclude lo studio – è infatti comune a tutte le malattie che comportano un dolore cronico, come ad esempio la artrite reumatoide o l’artrosi”.