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Papa Francesco: “L’ingiustizia è la radice perversa della povertà”

18 novembre 2018 | 10:37
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Papa Francesco: “L’ingiustizia è la radice perversa della povertà”

Nella basilica di San Pietro la Messa per i poveri, il Pontefice: “Il grido dei poveri diventa ogni giorno più forte, ma ogni giorno meno ascoltato, sovrastato dal frastuono di pochi ricchi, che sono sempre di meno e sempre più ricchi”

Città del Vaticano – “L’ingiustizia è la radice perversa della povertà“. E’ il monito che lancia Papa Francesco durante la messa celebrata in San Pietro in occasione della II Giornata dei Poveri, giornata voluta dallo stesso Bergoglio al termine del Giubileo straordinario della Misericordia.

Tra i banchi della basilica vaticana, addobbata a festa (oggi ricorre la solennità della dedicazione), ci sono i protagonisti di questa giornata: i poveri. Nell’omelia, facendo riferimento al brano evangelico odierno (cfr. Mt 14, 22-33), il Pontefice sottolinea tre azioni compiute da Gesù, rivolgendo altrettante suppliche.

I tesori della fede

Papa Bergoglio fa notare come Cristo “lascia la folla nel momento del successo, quand’era acclamato per aver moltiplicato i pani”. “Cercato dalla gente, se ne va da solo; quando tutto era ‘in discesa’, sale sul monte a pregare”. In altre parole, “Gesù va controcorrente: prima lascia il successo, poi la tranquillità”, insegnandoci “il coraggio di lasciare il successo che gonfia il cuore e la tranquillità che addormenta l’anima”.

Lasciare per andare dove? “Verso Dio, pregando, e verso chi ha bisogno, amando. Sono i veri tesori della vita: Dio e il prossimo. Salire verso Dio e scendere verso i fratelli, ecco la rotta indicata da Gesù”. I discepoli di Gesù, sottolinea Francesco, “non sono fatti per la prevedibile tranquillità di una vita normale”, al contrario “vivono in cammino, leggeri, pronti a lasciare le glorie del momento, attenti a non attaccarsi ai beni che passano”. Poi, la prima supplica:

Chiediamo a Dio di assomigliare alla Chiesa descritta nella prima Lettura: sempre in movimento, esperta nel lasciare e fedele nel servire. Destaci, Signore, dalla calma oziosa, dalla quieta bonaccia dei nostri porti sicuri. Slegaci dagli ormeggi dell’autoreferenzialità che zavorra la vita, liberaci dalla ricerca dei nostri successi. Insegnaci a saper lasciare per impostare la rotta della vita sulla tua: verso Dio e verso il prossimo.

Affidare il timone a Gesù

La seconda azione su cui pone l’accento il Santo Padre è il rincuorare di Gesù: “Va dai suoi, immersi nel buio, camminando ‘sul mare'”. In realtà, precisa il Pontefice, “si trattava di un lago, ma il mare, con la profondità delle sue oscurità sotterranee, evocava a quel tempo le forze del male“.

In altre parole, Cristo “va incontro ai suoi calpestando i nemici maligni dell’uomo. Ecco il significato di questo segno: non una manifestazione celebrativa di potenza“, bensì “la rivelazione per noi della rassicurante certezza che Gesù, solo Gesù, vince i nostri grandi nemici: il diavolo, il peccato, la morte, la paura”.

Spesso, prosegue il Papa, “la barca della nostra vita è sballottata dalle onde e scossa dai venti, e quando le acque sono calme presto tornano ad agitarsi. Allora ce la prendiamo con le tempeste del momento, che sembrano i nostri unici problemi”.

Tuttavia, aggiunge, “il problema non è la tempesta del momento, è in che modo navigare nella vita“. Il segreto del navigare bene, dunque, “è invitare Gesù a bordo. Il timone della vita va dato a Lui, perché sia Lui a gestire la rotta. Solo Lui infatti dà vita nella morte e speranza nel dolore; solo Lui guarisce il cuore col perdono e libera dalla paura con la fiducia”.

E ammonisce: “C’è grande bisogno di gente che sappia consolare, ma non con parole vuote, bensì con parole di vita. Nel nome di Gesù si dona vera consolazione. Non gli incoraggiamenti formali e scontati, ma la presenza di Gesù ristora”. Poi, la seconda supplica:

Rincuoraci, Signore: consolati da te, saremo veri consolatori per gli altri.

Tendere la mano al prossimo

Nella terza azione, Gesù, nel mezzo della tempesta, “tende la mano” verso Pietro che, “impaurito, dubitava e, affondando, gridava: ‘Signore, salvami!'”. Ciascuno di noi, fa notare Francesco, può mettersi nei panni del Principe degli Apostoli: “Siamo gente di poca fede e siamo qui a mendicare la salvezza. Siamo poveri di vita vera e ci serve la mano tesa del Signore, che ci tiri fuori dal male”.

In realtà, sottolinea il Pontefice, “questo è l’inizio della fede: svuotarsi dell’orgogliosa convinzione di crederci a posto, capaci, autonomi, e riconoscerci bisognosi di salvezza. La fede cresce in questo clima, un clima a cui ci si adatta stando insieme a quanti non si pongono sul piedistallo, ma hanno bisogno e chiedono aiuto”.

Chiediamo la grazia di aprire gli occhi e il cuore ai poveri, per ascoltare il loro grido e riconoscere le loro necessità. #GiornataMondialedeiPoverihttps://t.co/EySdemzpcn

— Papa Francesco (@Pontifex_it) 18 novembre 2018

Ecco perché “vivere la fede a contatto coi bisognosi è importante per tutti noi. Non è un’opzione sociologica, è un’esigenza teologica. È riconoscersi mendicanti di salvezza, fratelli e sorelle di tutti, ma specialmente dei poveri, prediletti dal Signore”. E, come Cristo ha ascoltato il grido di Pietro, prosegue il Santo Padre, anche noi “chiediamo la grazia di ascoltare il grido di chi vive in acque burrascose“.

Il grido dei poveri: è il grido strozzato di bambini che non possono venire alla luce, di piccoli che patiscono la fame, di ragazzi abituati al fragore delle bombe anziché agli allegri schiamazzi dei giochi. È il grido di anziani scartati e lasciati soli. È il grido di chi si trova ad affrontare le tempeste della vita senza una presenza amica. È il grido di chi deve fuggire, lasciando la casa e la terra senza la certezza di un approdo. È il grido di intere popolazioni, private pure delle ingenti risorse naturali di cui dispongono. È il grido dei tanti Lazzaro che piangono, mentre pochi epuloni banchettano con quanto per giustizia spetta a tutti. L’ingiustizia è la radice perversa della povertà. Il grido dei poveri diventa ogni giorno più forte, ma ogni giorno meno ascoltato, sovrastato dal frastuono di pochi ricchi, che sono sempre di meno e sempre più ricchi.

Davanti alla dignità umana calpestata spesso si rimane a braccia conserte oppure si aprono le braccia, impotenti di fronte all’oscura forza del male”, ammonisce il Papa. “Ma il cristiano non può stare a braccia conserte – incalza -, indifferente, o a braccia aperte, fatalista, no. Il credente tende la mano, come fa Gesù“.

E domanda: “Presso Dio il grido dei poveri trova ascolto, ma in noi? Abbiamo occhi per vedere, orecchie per sentire, mani tese per aiutare?”. “Il Signore tende la mano: è un gesto gratuito, non dovuto – precisa -. È così che si fa. Non siamo chiamati a fare del bene solo a chi ci vuole bene. Ricambiare è normale, ma Gesù chiede di andare oltre”. E conclude: “Guardiamo alle nostre giornate: tra le molte cose, facciamo qualcosa di gratuito, qualcosa per chi non ha da contraccambiare? Quella sarà la nostra mano tesa, la nostra vera ricchezza in cielo”. Infine, la terza ed ultima supplica:

Tendi la mano a noi, Signore, e afferraci. Aiutaci ad amare come ami tu. Insegnaci a lasciare ciò che passa, a rincuorare chi abbiamo accanto, a donare gratuitamente a chi è nel bisogno. Amen.

(Il Faro online)