Papa Francesco: “Solo la preghiera umile è ascoltata dal Signore”
Il Pontefice: “Anche se forse preghiamo da tanti anni dovremmo dire: ‘Signore, insegnami a pregare'”
Città del Vaticano – “Anche se forse preghiamo da tanti anni, dovremmo sempre dire: ‘Signore, insegnami a pregare’“. E’ il monito che lancia Papa Francesco ai tanti pellegrini che affollando l’Aula Paolo VI, accorsi in Vaticano per la tradizionale udienza generale del mercoledì.
Il Pontefice dà inizio ad un nuovo ciclo di catechesi, dedicate alla preghiera del Padre Nostro, l’orazione con la quale Gesù risponde alla domanda dei suoi discepoli: “Maestro, insegnaci a pregare”.
Secondo Bergoglio, il “primo passo per pregare è essere umile, andare dal Padre e dire: ‘Guardami, sono peccatore, sono debole, sono cattivo’. Sempre si incomincia con l’umiltà. La preghiera umile è ascoltata dal Signore“.
Il pericolo dei leader
Nei Vangeli, fa notare il Papa, emerge chiaramente il ritratto di Gesù come “uomo di preghiera”. Nonostante “l’urgenza della sua missione e l’impellenza di tanta gente che lo reclama, Gesù sente il bisogno di appartarsi nella solitudine e di pregare“.
Il vangelo di Marco narra “questo dettaglio fin dalla prima pagina del ministero pubblico di Gesù (cfr 1,35)”. Il “Messia predica e guarisce”.
“Ma quella folla – sottolinea il Pontefice – è ancora piccola se paragonata a tante altre folle che si raccoglieranno attorno al profeta di Nazareth; in certi momenti si tratta di assemblee oceaniche, e Gesù è al centro di tutto”.
Nonostante tutto, Cristo “si svincola; non finisce ostaggio delle attese di chi ormai lo ha eletto come leader”. Poi, un monito ai leader: “Questo è un pericolo per i leader: attaccarsi troppo alla gente, non prendere le distanze. Gesù se ne accorge e non finisce ostaggio della gente”.
Un Messia originale
Fin dalla prima notte di Cafarnao, Gesù “dimostra di essere un Messia originale”. Tutti lo cercano, “finché Pietro finalmente lo rintraccia in un luogo isolato, completamente assorto in preghiera. E gli dice: ‘Tutti ti cercano!’. L’esclamazione sembra essere la clausola apposta ad un successo plebiscitario, la prova della buona riuscita di una missione”.
“Ma Gesù – prosegue il Pontefice – dice ai suoi che deve andare altrove; che non è la gente a cercare Lui, ma è anzitutto Lui a cercare gli altri“.
“Per cui non deve mettere radici, ma rimanere continuamente pellegrino sulle strade di Galilea. E anche pellegrino verso il Padre, cioè: pregando. In cammino di preghiera. Gesù prega“, ribadisce il Santo Padre.
In qualche pagina della Scrittura sembra essere anzitutto la preghiera di Gesù, la sua intimità con il Padre, a governare tutto. Lo sarà per esempio soprattutto nella notte del Getsemani. L’ultimo tratto del cammino di Gesù (in assoluto il più difficile tra quelli che fino ad allora ha compiuto) sembra trovare il suo senso nel continuo ascolto che Gesù rende al Padre. Una preghiera sicuramente non facile, anzi, una vera e propria “agonia”, nel senso dell’agonismo degli atleti, eppure una preghiera capace di sostenere il cammino della croce.
Uomo di preghiera
“Gesù pregava come prega ogni uomo del mondo. Eppure, nel suo modo di pregare, vi era anche racchiuso un mistero, qualcosa che sicuramente non è sfuggito agli occhi dei suoi discepoli, se nei vangeli troviamo quella supplica così semplice e immediata: ‘Signore, insegnaci a pregare'”
Gesù pregava con intensità nei momenti pubblici, condividendo la liturgia del suo popolo, ma cercava anche luoghi raccolti, separati dal turbinio del mondo, luoghi che permettessero di scendere nel segreto della sua anima: è il profeta che conosce le pietre del deserto e sale in alto sui monti. Le ultime parole di Gesù, prima di spirare sulla croce, sono parole dei salmi, cioè della preghiera, della preghiera dei giudei: pregava con le preghiere che la mamma gli aveva insegnato.
Alla richiesta dei discepoli Gesù “non si rifiuta, non è geloso della sua intimità con il Padre”, perché “è venuto proprio per introdurci in questa relazione”. E così diventa “maestro di preghiera”.
Anche se si prega da anni, ogni cristiano dovrebbe “sempre imparare”. E aggiunge: “L’orazione dell’uomo, questo anelito che nasce in maniera così naturale dalla sua anima, è forse uno dei misteri più fitti dell’universo. E non sappiamo nemmeno se le preghiere che indirizziamo a Dio siano effettivamente quelle che Lui vuole sentirsi rivolgere“.
“La Bibbia – precisa – ci dà anche testimonianza di preghiere inopportune, che alla fine vengono respinte da Dio: basta ricordare la parabola del fariseo e del pubblicano”, dove solamente quest’ultimo “torna a casa dal tempio giustificato, perché il fariseo era orgoglioso e gli piaceva che la gente lo vedesse pregare e faceva finta di pregare: il cuore era freddo”. Dunque, “il primo passo per pregare è essere umile”.
E conclude: “Sarà bello, in questo tempo di Avvento, ripetere: ‘Signore, insegnami a pregare’. Tutti possiamo andare un po’ oltre e pregare meglio; ma dobbiamo chiederlo al Signore. Facciamolo, e Lui sicuramente non lascerà cadere nel vuoto la nostra invocazione”.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media