Karate, Luigi Busà: “Le grandi cose possono accadere e sogno le Olimpiadi”
Un lungo excursus sulla vita del pluricampione mondiale ed europeo di karate. Capitano della Nazionale italiana e atleta dei Carabinieri. Vuole Tokyo 2020, con la consapevolezza dei 30 anni. La figura decisiva del papà e l’amore per Laura Pasqua, le energie principali della sua vita
Il Faro on line – Se Luigi scrivesse un libro su di sé, oppure un giorno si realizzasse un film sulla sua vita di campione, probabilmente, comincerebbe lì. Lui e il papà. A sua volta ex grande karateka e allenatore, anche ora, di tanti campioni importanti.
Il decisivo colloquio con papà Sebastiano. Così, è cominciato tutto..
In cucina, può crearsi una certa confidenza. E lì la decisione definitiva fu presa. Glielo chiese il papà. Sebastiano Busà lo ha preso per mano suo figlio e suo figlio, seguendo il talento naturale che ha, ha fatto il resto: “Vuoi diventare un campione ?”. E Luigi ancora esordiente sul tatami rispose: “Si, lo voglio. Diventeremo i più forti al mondo”. Non si gioca più allora, si fa sul serio. E a 18 anni ecco il primo titolo mondiale senior per lui. Categoria 80 chilogrammi. Nei suoi attuali 75, c’era un certo Salvatore Loria. Un grande, grandissimo. Uno degli dei del karate mondiale. Adesso, allenatore della Nazionale. E anche di Luigi. Insieme a Claudio Guazzaroni e Cristian Verrecchia. Un trio di leggende del tatami per altre leggende, che stanno vincendo e che vincono. Destinazione Tokyo 2020. E Luigi lì negli 80 allora. E il primo oro iridato. L’unico nella storia del karate mondiale. L’unico atleta appena maggiorenne che vinse una medaglia iridata. Il traguardo più bello allora: “Hai vinto il massimo”. Lo racconta Luigi Busà. Nella sua intervista descrive la sua storia e quella medaglia importante. La prima di tante. 19 per lui quelle tra Mondiali (2 ori, 3 argenti, 1 bronzo), Europei (4 ori, 2 argenti, 6 argenti) e Giochi Europei (1 argento nel 2015). Chi si ricorda dell’argento a Baku ? La storia, anche lì. E chi si ricorda di quell’oro a Tampere ? Lui sicuramente si. E poi l’ascesa. Pian piano. Fino a Parigi e oltre. E in cucina cominciò tutto. Una chiacchierata con il padre Sebastiano che ospitò il piccolo Luigi sul tatami della palestra, quando il futuro campione aveva solo 3 anni e mezzo.
La voglia di vincere sin da bambino e il sogno delle Olimpiadi
“Non volevo mai perdere”. Lo sottolinea orgoglioso Luigi. Ma anche tanto umile e consapevole: “A 20 anni sfrutti l’incoscienza, a 25 lo fai con il tuo fisico, a 31 cavalchi un po’ tutte le cose. Si cambia”. E ricordando le vittorie, tantissime nella storia del karate, ecco la consapevolezza dell’adulto. E si sente più equilibrato Luigi oggi. Più sicuro di sé. Più tranquillo rispetto a prima. Senza essere schiavo necessariamente di una vittoria, che arriva perché lui è forte. Fortissimo. Nel kumite è uno dei migliori al mondo. E ce l’ha l’Italia. Che punta alle Olimpiadi. E’ secondo nel ranking olimpico Busà. A meno di 80 punti dal primo, il giapponese. Già qualificato, per regolamento. Solo i primi 4 accedono al sogno. E lui ci crede. Può farlo tranquillamente: “Se non fossero arrivate le Olimpiadi nel karate, probabilmente avrei smesso da un pezzo”. Lo dice Luigi. Nel 2016, i Giochi Olimpici sono saliti sul tatami per il karate. E gli azzurri hanno iniziato il cammino verso il sogno. Verso il Budokan, a Tokyo. E pure lui lo ha fatto.
L’argento mondiale di Madrid e il ricordo indimenticabile di Parigi 2012
A Madrid è arrivato l’argento mondiale. Un alloro che forse Luigi si aspettava. Si sentiva. A 31 anni, si sentono più forte certe sensazioni. Ma il sogno di Tokyo resta immobile. Lì. Esiste. E Luigi ci sta lavorando. A gennaio ecco di nuovo la Premier League e ai Carabinieri, di sede a Trastevere, Busà si sente a casa sua. Una seconda famiglia. Accoglie l’Arma quelle sue medaglie numerose e quel talento unico, sopraffino. Un fenomeno. Tutti lo dicono. 2 titoli mondiali allora per lui. A Tampere il primo e il secondo poi a Parigi. Il Mondiale della bellezza dei 25 mila sugli spalti. Il Mondiale del titolo della maturità e della conferma. Il Mondiale del coraggio. Anche contro l’infortunio alla caviglia. Salì sul tatami Luigi. Così. Con quel dolore. Ma la mente di un Samurai può tutto. Supera tutto. Non sente il dolore, se la posta in palio è alta. Allora ecco il suo: “Si, lo voglio”. Ancora una volta. E ancora papà Sebastiano quel giorno, insieme a Savio Loria: “La mente può fare cose che il corpo non conosce”. Glielo disse l’attuale allenatore azzurro. Luigi chiese consiglio a uno dei più grandi e uno dei più grandi gli rispose di salire sul tatami e di vincere. Come fece il papà. Gli bastò solo seguire il cuore e il talento. Senza troppo riscaldamento. E la medaglia della conferma, di quel talento e di quella passione, arrivò. Aghayev dall’altra parte della barricata. Uno forte. Il più forte allora. Tra i più grandi oggi. Da esempio. E Luigi lo battè e lo incontrò anche dopo. Nelle pool e nelle competizioni internazionali. Anche a Madrid.
Rafael Aghayev. L’avversario di una vita. Sempre cercato, per dimostrare di essere il migliore..
Agli ultimi Mondiali spagnoli, Luigi salì sul tatami in semifinale, con Aghayev. Uno tosto. Un avversario conosciuto, voluto. Cercato. Quasi come un’ossessione. Per dimostrare di essere il migliore. E Luigi lo ha fatto ancora, in Spagna. Un grande torneo quello appena trascorso. Dopo un difficile anno 2017, prima. E l’oro a Tokyo nel 2018, in Premier League, ha riscattato un periodo in ombra. Siglando un periodo eccezionale. Ma tanti sono stati gli infortuni. Un campione deve affrontare anche questo. E’ nel suo destino. Probabilmente. Altrimenti, la passione non cresce. L’insegnamento non arriva e Luigi non vince. La rivalsa è una grande spinta verso il futuro. E Busà dopo alcuni stop si è ripreso il suo posto nel karate mondiale.
Essere un esempio sportivo per tanti giovani. Sempre avere cura di sé..
E’ importante l’esempio di un campione. Lui lo sottolinea. Ma lo è anche quello di chi, non necessariamente vince, ma parla di sé: “Ci sono tanti karateka che hanno bellissime storie da raccontare”. Lo dichiara Luigi. Dimostrando il grande desiderio di poterle sentire. Di sentirle raccontare. Da tutti. Dai media principali di un Paese che spesso da spazio agli arroganti. Ma lui va avanti e parla di sé. Perché i giovani glielo chiedono: “Se faccio cose brutte, faccio del male, prima a me stesso”. E lui così gli risponde. Ci tiene Luigi. E’ uno degli dei del karate, degli anni 2000. Ma le cose importanti della vita sono altre, per lui. Anche se mai, bisogna distogliere lo sguardo dal tatami e dal sogno olimpico.
Laura Pasqua. La donna della sua vita. L’amore che mai si spegne. E dopo le Olimpiadi, ecco il matrimonio
Arrivarci insieme ad una persona, probabilmente, è la cosa più importante per lui. Laura è la donna della sua vita e campionessa del karate. Anche lei karateka azzurra. E in Nazionale, dopo un primo incontro in discoteca da adolescenti, è sbocciato quell’amore che ancora li accompagna e che presto si coronerà: “Ci sposiamo dopo le Olimpiadi”. E Luigi lo ha chiesto a Laura Pasqua, la sera delle finali individuali, a Madrid. Lo hanno scritto tutti i media. Come quelle richieste di matrimonio, che spesso nello sport avvengono. Plateali e intime. Davanti a tutti, ma tra due persone. Che in quel momento diventano i protagonisti della storia. E non solo del karate, in questo caso. Ma della vita. Voleva inginocchiarsi sul tatami, Luigi. Se quella sua finale fosse andata diversamente. Se la finalina di Laura, per il bronzo, fosse andata in un altro modo. Le avrebbe consegnato quell’anello sul tappeto centrale del palazzetto mondiale. Ma non importa. Lo sottolinea con forza Busà. Solo Laura nei pensieri e nel cuore, dopo l’argento iridato. Anche in quel momento. La proposta è avvenuta davanti alla grande famiglia azzurra della Nazionale. E tutti ad applaudire. Tutti ad acclamare, la coppia del karate italiano: “Sono altre le cose importanti della vita. Ho scelto Laura”. E imbarazzata e felice, la sua fidanzata ha accettato quella richiesta. Sincera, innamorata. Unica. “Sì, lo voglio”. Lo hanno detto entrambi in quel momento, aspettando una Chiesa in cui benedirlo. Ma quell’accettarsi avviene ogni giorno, anche sul tatami. E sin da bambini. Entrambi karateka, sin da ragazzini e poco confidenziali all’inizio. Ma il destino è più forte, a volte. E l’amore ha vinto. Come Luigi continua a fare sul tatami e come ha sempre fatto.
Una ricca bacheca di medaglie, che attende di essere riempita ancora..
Non solo quei 2 titoli mondiali in bacheca. Anche 4 volte campione europeo. Il migliore nel Vecchio Continente. Come tante sono state le medaglie d’argento, in finali che Luigi aveva centrato. Una dopo l’altra. 11 medaglie per lui in Premier League (con 7 ori in bacheca) e 13 volte campione italiano nei 75 chilogrammi. Un eroe per tanti. Un esempio da seguire. E non solo perché è un grande atleta, ma perché l’atleta dentro ha una persona sincera, umile. Forte. E anche competitiva. Perché no ? Nello sport è fondamentale. Come nella vita. Altrimenti, quei molteplici ori non arrivano.
In questo fine 2018, Il Faro on line sceglie di raccontare allora, la storia di un campione che ha tanto da insegnare. Tanto da raccontare di sé. Anche con qualche riga in più da scrivere. Si aprirà presto il 2019 sui tappeti della World Karate Federation. E mentre le regole si evolvono e lo spettacolo aumenta, ecco Luigi che sogna. Vuole le Olimpiadi, anche se avrà 33 anni a Tokyo. Non importa: “Sì, lo voglio”. Sempre. Direzione sogno.
Caro Luigi, dopo un 2017 un po’ in salita, ecco il riscatto del 2018. E poi la medaglia d’argento a Madrid. Puoi raccontare come è andata ?
“E’ andata molto meglio di quello che mi aspettavo. Non perché non fossi preparato, ma perché quello passato, è stato un anno un po’ difficile. Lo scorso anno in sei gare disputate feci un argento e 5 ori. A 30 anni ho realizzato un en plein. Ripeterlo non era semplice. Non dico impossibile, ma era difficile. Questo l’anno 2017. Poi a Parigi, nella prima gara del 2018 sapevamo che era una gara di routine, abbiamo perso ai quarti. Poi ci sono state le Premier League di Dubai e Rotterdam. Non sono andate bene, ma stavo riacquistando la forma. Arrivata in seguito agli Assoluti quando ho vinto il 13esimo titolo italiano consecutivo. Agli Europei ho avuto la finale negata. Con Aghayev ho fatto 1 a 1. Ho fatto un bellissimo Europeo comunque. Medaglia di bronzo con finalina vinta per 5 a 0. E’ arrivata tardi la forma, ma è arrivata. Ero sicuro che avrei vinto i Giochi del Mediterraneo, invece ho avuto un infortunio alla costola. Volevo partire lo stesso, ma siccome non davano punti per le Olimpiadi, ho preferito restare a casa. Mi sono fermato per un mese e poi ho ricominciato ad allenarmi. Mi sono operato al gomito, una operazione di pulizia. Il riposo dopo.. e non ho fatto nulla. Ho cercato di arrivare a Berlino, ma lo staff medico mi ha consigliato di non andare. Ho visto le gare in tv..ma non ci sono riuscito più di tanto. Soffrivo troppo. Mi sono detto: “Il 2018 lo faccio al top”. Sono poi tornato sul tatami ad allenarmi. Sono andato a fare la Premier League di Tokyo e secondo me, ho fatto la mia gara più bella in carriera. Erano tanti mesi che non gareggiavo e ho avuto una pool durissima. Ho ottenuto dei risultati eccezionali di qualifica verso la finale. Non ero per niente stanco. Mi sono sentito davvero forte. Volevo beccare Aghayev. In semifinale ho battuto facilmente il giapponese. Felicissimo di questo, ma volevo incontrare Aghayev. Gli volevo fare sportivamente male. Ho fatto una prestazione fantastica. Tutti aspettavano giustamente il Mondiale come lo aspettavo io, con grandi speranze. Ma ogni gara è a se. Stavo bene e ho lavorato per dare il meglio. Il Mondiale è una competizione diversa dalle altre. Tanti campioni possono uscire anche al primo incontro. Il livello è altissimo. O vince l’incosciente o il campione deve essere preparato al meglio. Mentalmente carico e pronto. Due anni te li giochi in un’ora. Onestamente ho fatto una buona fase di qualifica, senza particolari stanchezze. In semifinale ho incontrato Aghayev, l’incontro che tutti aspettavamo era quello. E lì sono stato veramente superiore. Lui mi ha fatto i complimenti. Ero felice. In questo fine anno ho incontrato gli atleti con cui mi sto giocando le Olimpiadi. Mi sono sentito più forte. Il prossimo anno è da vedere ancora. Oltre le medaglie vinte, le sensazioni positive che ho avuto su me stesso sono state importanti. Mi sono sentito bene sul tatami. Pronto. A causa dei miei infortuni ho fatto una rincorsa per la preparazione..ma abbiamo fatto un buon lavoro. Sia con i Carabinieri che con la Nazionale”.
Hai 31 anni Luigi e hai già vinto tanto. Si raggiunge una certa maturità tecnica sul tappeto, secondo te, a questa età ?
“Si. Non so con precisione se sia una perfezione tecnica o mentale. Quando scendo in gara o quando vinco, mi sento molto più consapevole, rispetto a prima. Più equilibrato. Sia nella sconfitta che nella vittoria. Prima inseguivo solo il risultato, adesso mi godo di più la competizione. Sono più tranquillo. Sicuro e consapevole delle mie possibilità. Più maturo. Se tu sfrutti la tua età ed esperienza a favore tuo, hai una marcia in più. Dopo sei mesi e due infortuni, non pensavo mai di arrivare ad una finale mondiale. Nella difficilissima categoria dei 75 chilogrammi. Ma è andata bene. Le ultime vittorie sono state belle perché me lo sono godute in modo diverso. Più sereno. Sinonimo di consapevolezza. A 20 anni sfrutti l’incoscienza, a 25 lo fai con il tuo fisico, a 31 sfrutti un po’ tutte le cose. Si cambia”.
Ed ecco poi l’argento agli ultimi Mondiali in Spagna..
“Per l’anno che ti ho spiegato, sono stato felicissimo. Parlando invece della finale in sé per sé..arrivare a tre minuti dal titolo mondiale senza conquistarlo..non è una cosa bella. Ti fa arrabbiare abbastanza. Probabilmente, inconsciamente volevo perderla quella finale. So cosa vuol dire a 31 anni essere campione del mondo. Volevo finire bene questo Mondiale, ma con la voglia di tornare in palestra e allenarmi ancora di più. E’ stato tutto perfetto, tranne la finale. Con questa scusa, posso ritornare più voglioso a giocarmi le medaglie. Mi sono rivisto : non sembravo neanche io. Mi aiuta per il prossimo anno. Nel 2014 ho detto : “Se vinco i Mondiali smetto”. Era impossibile perdere quell’incontro in finale ma io l’ho perso. Probabilmente, il mio inconscio ha voluto guidarmi. Io ci credo molto. La cosa grande che volevo era un’altra..”.
Ed è arrivata Luigi questa cosa grande. Tutti i tuoi tifosi hanno visto il video in cui hai chiesto Laura in sposa..
“Nessuno sapeva che l’avrei fatto. Volevo farlo pubblicamente. Volevo farlo sul podio davanti a tutti, ma dovevo chiedere all’organizzazione … e sarebbe stato un po’ difficile. Con la finale persa non mi sembrava il caso di farlo. Dovevo chiederlo prima. Comunque, ho deciso ugualmente di fare una cosa bella e davanti a tutti. E c’erano proprio tutti. I compagni di squadra, i miei allenatori, il presidente Falcone, il team manager. Dopo l’argento rimediato ero un po’ rammaricato ma non mi è importato. Ho deciso di farlo ugualmente. Ho chiesto aiuto a mia sorella Lorena e a Clio Ferracuti. Non sapevano nulla. Hanno preso il taxi e sono andata a comprare l’anello per Laura. Sono negato per queste cose e mentre mi abbracciavano felici, hanno accettato di aiutarmi. Ho fatto una scelta importante nella mia vita. Non credo personalmente al matrimonio. Per me la cosa più importante è stare insieme alla persona che ami. Dimostrarle l’amore che senti. Laura invece l’ha sempre sognato..diciamo che l’ho fatto per lei. Ma in fondo ci credo anche io. Il problema ora.. sono tutte queste gare in calendario.. abbiamo deciso di sposarci allora, dopo le Olimpiadi. Mi voglio godere tutto benissimo e in modo tranquillo. Aspettiamo un po’ di più e facciamo le cose con calma. Magari sposarci con le medaglie olimpiche al collo…. un sogno non impossibile comunque. Ai Mondiali Laura ha perso al video review. Le grandi cose possono accadere. Niente è impossibile. Me ne sono accadute tante. Le ho veramente sognate. Prima o poi arrivano. Quando desideri una cosa tanto.. questa ti viene incontro. Io ci credo. Sei una calamita. Come se attraessi a te, le cose. Anche se ci vorrà tempo, arrivano. Tutto di pende da noi”.
Come vi siete conosciuti tu e Laura ?
“Le nostre famiglie si conoscevano e andavamo a scuole insieme. I nostri papà erano entrambi dei fortissimi karateka e gareggiavano insieme. Io conoscevo Laura in modo superficiale all’inizio. Eravamo diversi tra i banchi di scuola..lei era bravissima io invece no. Avevo poca voglia di studiare (ride) ero un po’ maldestro. Credo mi salutasse per rispetto, ma in fondo non mi voleva vedere. Una sera in discoteca ci siamo incontrati e mi sono innamorato di lei. Siccome mi piacciono le imprese difficili, ho provato a conquistarla. Ci siamo baciati. Lei poi mi cercava, io invece pensavo ad altro. Avevo gli amici, il karate. In Nazionale ci siamo poi avvicinati e da lì è cominciato tutto. Eravamo più grandicelli. Abbiamo deciso di stare insieme. L’ho scelta come donna della mia vita. Lei mi ha dato quell’equilibro che mi serviva. Mi ha fatto diventare un uomo. Sono ancora innamorato. Ogni volta che sto con lei, il sentimento cresce. La persona che sta con te deve suscitarti la passione. Poi arriva il carattere e tutto il resto. Puoi scendere a compromessi. Ma quando ti guardi negli occhi, la scintilla deve accendersi ogni volta”.
Cosa significa condividere insieme a Laura l’esperienza del tatami e del karate ?
“Prima era un disastro. Praticavo l’astinenza prima delle gare, ero molto severo in questo. Lei mi cercava di più.. ero concentrato solo per la gara. Non volevo scaricare la tensione. Lei soffriva per questo. Fortunatamente, ho sempre avuto una carriera in discesa, lei ha sofferto di più per questo, sul tatami. Allora, ho cercato di aiutarla, quando mi vedeva festeggiato, lei invece no. Ho parlato con lei, perché non volevo farla soffrire. Se tu hai una bella personalità, non importa se vinci o perdi. Ho parlato con lei di questo. Quando festeggiavo cercavo di non farla soffrire troppo. Adesso sono cambiato. Lei lo ha avvertito. Lo sente. Lei ha perso il bronzo ai Mondiali. Appena terminata la sua gara, sono sceso per riscaldarmi per la mia finale. C’era lei in lacrime, non potevo calare la concentrazione, ma sono andato ugualmente per confortarla. C’era Savio che mi ha detto : “Vai a fare la finale, ci penso io a lei”. Alla fine, a 31 anni le cose belle sono queste. Volevo vincere e voglio vincere sempre. Ma le cose belle sono le persone accanto”.
Come hai cominciato a praticare il karate ?
“Il mio papà è maestro di karate. A 3 anni e mezzo stavo sul tatami. Mio papà aveva due palestre. Dalle 5 alle 10 di sera, ero sul tappeto. Mi sono innamorato del karate. Mi piaceva tantissimo. Non volevo poi mai perdere. Quando perdevo stavo male. Mi arrabbiavo molto. I bambini si divertivano. Io invece volevo essere sempre a duemila. Ero davvero bravo comunque. Mi ricordo un episodio importante che ha cambiato la mia vita. Mio papà ed io in cucina. Ero seduto al tavolo con lui. In passato, ha allenato tanti campioni, Fiamme Gialle e Carabinieri. Mio papà è povero di complimenti. Fino a due anni fa non me li ha mai fatti. Mi ha fatto capire sempre con lo sguardo e l’atteggiamento, che le cose andavano bene. Ero esordiente avevo 14 anni. E mio papà mi disse: “Abbiamo finito di giocare, che cosa vuoi fare ? Lo vuoi fare per gioco o vuoi diventare il numero uno in questo sport ? Se vuoi, devi fare tutto quello che ti dico io. Io ti garantisco che lo diventerai. T prometto che lo diventerai”. E ci siamo dati la mano: “Diventeremo i più forti al mondo”. Ho risposto io.
Hai vinto due titoli mondiali, puoi raccontarli ?
“Il primo titolo mondiale l’ho vinto a Tampere. Ero ancora juniores. Mi hanno portato ad una categoria degli 80 kg senior perché nei 75 c’era Savio. Mi dissero se me la sentivo. Naturalmente dissi di si. Facevo esperienza. E ho vinto il titolo mondiale. Detengo ancora il record per questo. Sono stato il karateka più giovane della storia a conquistare una medaglia d’oro mondiale. Avevo 18 anni. Campione del mondo senior. Mi dissero che avevo fatto una cosa grandissima. La mia carriera sarebbe stata sempre in salita. Avevo vinto il massimo e dovevo dimostrare e confermarmi sempre di essere il numero uno. E’stato il mondiale dell’incoscienza per me. Erano tutti fortissimi, ma io non ho mai pensato di essere inferiore a loro. Ero appena arrivato e volevo solo far vedere il mio karate e dimostrare di essere bravo. Ero tranquillo mentalmente. Invece il secondo titolo, l’ho conquistato a 25 anni. Dopo 7 anni di carriera andata bene. A Parigi è stato più bello. Penso che non ci sarà più un Mondiale più bello di quello. 25 mila persone sugli spalti. Da 5 anni Aghayev era imbattuto. Entrambi avevamo fatte delle belle eliminatorie. Ho fatto la gara a squadre. C’era Erkan per me. Nell’incontro con lui mi sono fratturato la caviglia. Ero impossibilito a camminare ed ero molto arrabbiato, non sapevo come sarebbe andata. Ho parlato con mio padre al mattino che mi disse : “Non ci sono scuse, va e vinci”. Nel riscaldamento c’era Savio. Ho chiesto consiglio a lui, mi disse : “La mente può fare cose che il corpo neanche immagina. Vai lì e non sentirai nulla”. Sono andato senza riscaldarmi e non ho sentito dolore. Dopo ero a pezzi (ride). Ma nel mentre.. non ho sentito. Un secondo titolo della conferma e più forte del dolore. Della consapevolezza. La gioia è stata grande. Quando vinci con un atleta così grande, cambia anche l’approccio con le persone. Ti vedono tutti come un campione”.
E come hai affrontato questo secondo titolo della consapevolezza ?
“Ho sofferto. Ero schiavo del risultato. Adesso sono felice. Non sono più condizionato. Nella vittoria e nella sconfitta, sono questo. Sono da esempio per tanti giovani, questo mi lusinga. Viviamo in un’epoca disastrosa e povera di valori. E’ una grande cosa. Sentire persone adulte che ti incontrano e ti dicono che il figlio in camera ha il tuo poster, è una cosa che ti inorgoglisce parecchio. So da dove provengo. Vengo da un paese difficile, dove è complicato vivere. Sono riuscito a diventare un esempio per tanti ragazzi. Posso dare loro una speranza di una vita migliore. Quello che cercavo sempre io da piccolino. Ecco perché secondo me il colore della medaglia lascia il tempo che trova. Le cose importanti sono queste. Ti resta tantissimo”.
Quali sono i valori che trasmetti ?
“Ma non saprei esattamente. Posso dire che sicuramente la mia famiglia mi ha insegnato il rispetto. Prima per te stesso e poi per gli altri. Lo dico sempre ai ragazzi. Se faccio cose brutte, faccio del male prima a me stesso. Non scambiare mai la gentilezza per debolezza. Non è così. E quello arrogante diventa l’idolo di turno. Mi fa arrabbiare questo. Ci sono persone che lavorano molto e che faticano per lavorare nella vita..poi magari l’arrogante trova più visibilità di te. Questo mi fa arrabbiare parecchio. Ci sono tante persone che hanno delle belle storie da raccontare. Io lo dico sempre. Vorrei promuovere di più i miei valori e raccontare la mia vita. Io come quella dei miei compagni di squadra e di Nazionale, che hanno storie bellissime. Al di là della medaglia che vinci. Non bisogna essere per forza dei campioni. Hai una storia bellissima da raccontare e puoi trasmettere dei valori. Purtroppo invece.. o riesci a diventare un campione o niente. C’è tanta gente che è riuscita a venire fuori da situazioni complicate. L’Italia è apparenza e non essenza. Ci sono i giovani che purtroppo seguono gli arroganti. Noi siamo assolutamente importanti per questo. Vorrei poter raccontare di più di me e del karate, per parlarne..”.
Il tuo sogno sono le Olimpiadi. Tra un anno e mezzo si svolgeranno a Tokyo. Come ti stai preparando ?
“Sono secondo nel ranking. Per quello olimpico sono secondo. Al primo posto c’è il giapponese a 80 punti da me. Ma lui è già qualificato. Terzo è Aghayev. I primi 4 vanno alle Olimpiadi. Onestamente faccio karate perché ho il sogno delle Olimpiadi. Sin da bambino. Ancora lo pratico..perchè voglio avere le Olimpiadi. Senza di esse, smettevo. La vita è corta. E quindi avrei pensato ad altro. Tuttavia, oltre lo sport un giorno mi piacerebbe occuparmi anche di cose diverse. Nella vita ci sono delle tappe da affrontare. C’è la gioia di avere dei figli, come una casa, una famiglia e una moglie. Potrei anche fare l’allenatore un giorno. Ho tante idee in testa. Farò quello che mi piacerà. Dopo le Olimpiadi bene o male che andranno..a 33 anni.. potrei anche vincerle.. niente è impossibile. Posso decidere solo io cosa fare della mia vita. Allenare la Nazionale. Mi ha dato tantissimo l’azzurro..e voglio trasmettere quello che ho imparato. Sono diventato grande, se mi piacerà allenare lo farò. Ho tanti progetti da realizzare. Spero che tutto vada sempre tutto bene”.
Quali sono i prossimi impegni agonistici ?
“Già da una settimana stiamo preparando la prossima Premier League. Ci sarà Parigi. Stiamo facendo tanto carico di lavoro. Ce la giocheremo in Francia. Pensi : “Andrai a Tokyo ?”. Io comunque vado. Da atleta e non.
Fai parte dei Carabinieri. Quanto ti rende orgoglioso far parte dell’Arma ?
“Siamo a Trastevere, a Roma. E’ stata una marcia in più per me. Ho trovato uno staff davvero competente. Ho ritrovato i metodi usati da mio papà. Mi sono trovato a casa. Anche in Caserma. Invece è stata una grande cosa. Ho trovato grandi persone. Luigi Guido. Vincenzo Figuccio. Yuri Schiavone. Oltre a questo, competenza e metodo. Grandi persone che sanno tranquillizzarti e continuare a farmi crescere. Anche quando non mi alleno vado, mi trovo benissimo con loro. Faccio da chioccia ai giovani. Una cosa molto bella. Li ringrazio”.