Ha superato il record della Simeoni in Diamond League. Ed Elena punta ancora ad un grande 2019. Nel mirino i Mondiali e poi la qualifica olimpica
Il Faro on line – È l’atleta italiana più vicina al vertice internazionale nel 2018: seconda al mondo nel salto in alto con il volo di 2,02 a Londra, in Diamond League, e seconda azzurra di sempre.
Per Elena Vallortigara quella appena trascorsa non è solo la stagione del ritorno, in cui ha finalmente superato un record personale di 1,91 che resisteva da oltre sette anni. Ma soprattutto dell’ingresso in una nuova dimensione con una serie entusiasmante di progressi: 1,92 e 1,94 il 25 aprile a Siena, 1,95 a Caorle il 5 maggio confermato con il terzo posto (1,94) al Golden Gala di Roma, 1,96 il 6 giugno al meeting olandese di Zoetermeer, 2,00 e 2,02 il 22 luglio nella capitale britannica.
Fino alla delusione agli Europei di Berlino, eliminata in qualificazione con 1,86 e tre errori a 1,90 dopo dieci gare consecutive sopra questa misura. La 27enne vicentina dei Carabinieri, che da due anni si allena a Siena sotto la guida tecnica di Stefano Giardi, si è riportata a 1,91 con il primo successo tricolore outdoor agli Assoluti di Pescara. E guarda al 2019 che avrà come appuntamento clou i Mondiali di Doha, dal 27 settembre al 6 ottobre.
Un 2018 lungo e pieno di emozioni. Come si può riassumere?
“Ho sorpreso me stessa, una delle cose che più mi piace in assoluto. Ma anche l’anno della consapevolezza, per arrivare a risultati cercati. E la conferma che negli anni scorsi non mi ero trovata a fare sogni irreali. Ho vissuto tante esperienze nuove, che mi stanno insegnando moltissimo e questo mi piace”.
Quale la gara più bella?
“La prima della stagione all’aperto. Poi mi sono migliorata ancora, ma quella è stata la gara del mio ritorno con due personal best. Oltre alla misura, mi sono resa conto che non avevo più i problemi del passato nella gestione della competizione. Allora ho deciso di continuare, senza preclusioni: anche a Zoetermeer non avevo grandi sensazioni, ma ho saltato 1,96 e sfiorato 1,98. Dopo ogni primato personale mi dicevo che non era quello il massimo”.
E a Londra?
“Quando ho superato 2,00 mi sono detta che non stavo sognando a occhi aperti, che era tutto vero. E che sapevo di poterlo fare ma in fondo era solo un numero, allora poi c’è stato anche il salto a 2,02… Siena e Londra sono le due gare in cui ho provato le emozioni più forti: mi sono trovata nella mia “bolla” per lasciarmi trasportare da quello che dicevano corpo, testa e cuore. Nella prima ho anche raggiunto l’intento che mi ero posta all’inizio del 2018: se non avessi fatto almeno 1,92, cioè il minimo per gli Europei, avrei smesso dopo troppe stagioni complicate. Sono contenta di non aver dovuto prendere questa decisione, perché avrei mantenuto la promessa: stavo già pensando a come organizzare la mia vita e anche per questo mi ero posta l’obiettivo della laurea”.
Un altro traguardo del 2018.
“Sì, a dicembre in scienze e tecniche psicologiche, ora continuerò con la magistrale in psicologia clinica e dinamica. Tra i regali ricevuti per l’occasione, anche quello di Antonietta Di Martino (primatista italiana del salto in alto con 2,03 all’aperto e 2,04 indoor, ndr) che mi ha fatto davvero piacere. Siamo simili e ci troviamo bene insieme. Mi ha aiutato tantissimo, c’è sempre stata nei momenti di difficoltà e di gioia, anche nella scorsa estate. L’atleta di solito è individualista, invece lei era felice per i miei risultati. Un’amicizia nata ai raduni di San Diego nel 2011 e 2012, oltre che a Formia, e poi cresciuta. In pedana, con le altre atlete, capita comunque spesso di darsi consigli a vicenda, ad esempio prima della gara, senza trascurare che il salto di un’avversaria può essere da stimolo. E anche con Alessia Trost ho un buon rapporto”.
Cosa rimane degli Europei di Berlino?
“Adesso sono serena, ma ci sono voluti parecchi giorni per accettarlo. Mi tengo solo la parte che aiuta ad andare avanti e migliorare, pur sapendo che esiste anche il resto. È stato come essere investita da una secchiata d’acqua ghiacciata, o essere presa a sberle. Il ricordo delle cose belle è ancora vivo, ma è altrettanto forte quello di ciò che ho provato dopo l’ultimo errore a Berlino, ero sotto choc. Non avevo dato per scontata la medaglia, anche se fino a quel momento mi ero sorpresa positivamente più volte durante la stagione. Anche quando non mi sentivo al massimo, ero comunque riuscita a saltare 1,94 come alla Finale Oro dei Societari Assoluti a Modena e al meeting di Parigi. Se penso che avevo chiuso le indoor con 1,84 e uno stop per infortunio, vuol dire però che in un paio di mesi non si possono cancellare tutte le criticità del passato. Ma l’esperienza è il più grande insegnamento”.
Gli ultimi mesi dell’anno come sono trascorsi?
“Ho dovuto prendermi una pausa a novembre per un’infiammazione alla caviglia destra, che non dipende da un sovraccarico ma dall’appoggio. Sto riprendendo gradualmente, la preparazione è spostata in avanti ma parto da un livello più alto rispetto alla scorsa stagione, perciò sono fiduciosa. Mi sento bene, ho svolto lavoro alternativo in palestra e in acqua, ma dalla seconda settimana di dicembre ho ricominciato con la corsa e allenamenti più tecnici. Vedrò quindi se affrontare le indoor: un appuntamento potrebbe essere con gli Assoluti, preceduti magari da una gara-test per vedere a che punto siamo”.
E i Mondiali del 2019 saranno a fine stagione, in autunno.
“A me è sempre piaciuto gareggiare a settembre, non mi preoccupa. E mi fido molto del mio allenatore. È chiaro però che si dovrà programmare in modo diverso per arrivarci nel modo migliore possibile. Non manca tanto tempo, in pratica neanche ce ne accorgiamo ma scorrerà velocemente e la partenza per Doha è come se fosse domani. Voglio rimanere concentrata su quello che faccio ogni giorno per avvicinarmi all’obiettivo”.
Una preparazione da condividere a Siena con il coach Stefano Giardi.
“Il rapporto atleta-allenatore è un lavoro di squadra. Per me è un grande tecnico e un educatore eccezionale, riesce a darmi la giusta autonomia. Quest’anno era la prima volta anche per lui, di trovarsi in una situazione del genere, a un tale livello. Abbiamo una relazione quotidiana, costante, e l’impegno reciproco porta i risultati che si sono visti”.
Quello che hai vissuto può essere un esempio per gli altri?
“Anch’io sono stata ispirata dalla storia di altri atleti che hanno superato periodi di difficoltà e spero che la mia possa aver aiutato qualcuno. Ci sono riuscita grazie alle persone vicine a me: i genitori, gli allenatori, i professionisti che mi hanno seguita in questi anni, la mia società. Tutto è stato utile. Non bisogna smettere di sognare, ma nemmeno vivere di sogni: deve esserci sempre razionalità e coscienza di ciò che è possibile realmente fare. Non ci si può paragonare esattamente con nessuno e ognuno deve trovare la propria strada con il tempo”.
Per il 2019 fino a dove si spingono i sogni?
“Credo di potermi stabilizzarmi su quote più alte. Avere confidenza a certe misure permette di non vederle più come un ostacolo. E vorrei fare in modo che il momento di forma psicofisica coincida con quello più importante dell’anno. L’obiettivo principale è rappresentato dalle Olimpiadi, in mezzo ci sono le tappe per raggiungerlo. Forse mi aspettavo di fare due metri a Tokyo 2020, non quest’anno perché pensavo ci volesse più tempo, però conto di arrivare lì nella migliore condizione. Voglio continuare a sorprendermi ed essere sempre alla ricerca di qualcosa in più. Uscire dalla “comfort zone” non è facile, ma dà grande soddisfazione: si rimane se stessi, ma ci si arricchisce”.
(intervista a cura di Luca Cassai)
Foto : Fidal