Papa Francesco: “La preghiera cambia la realtà”
Il Pontefice commenta la preghiera del Padre Nostro: “Pregare è fin da ora la vittoria sulla solitudine e sulla disperazione”
Città del Vaticano – “La preghiera cambia la realtà, non dimentichiamolo. O cambia le cose o cambia il nostro cuore, ma sempre cambia. Pregare è fin da ora la vittoria sulla solitudine e sulla disperazione. È come vedere ogni frammento del creato che brulica nel torpore di una storia di cui a volte non afferriamo il perché. Alla fine della preghiera, alla fine di un tempo in cui stiamo pregando, alla fine della vita: cosa c’è? C’è un Padre che aspetta tutto e aspetta tutti con le braccia spalancate“.
Nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, Papa Francesco prosegue il ciclo di catechesi dedicate al Padre Nostro. Nella meditazione odierna, il Pontefice fa riferimento al Vangelo di Luc ache descrive “la figura del Cristo in un’atmosfera densa di preghiera. In esso sono contenuti i tre inni che scandiscono ogni giorno la preghiera della Chiesa: il Benedictus, il Magnificat e il Nunc dimittis“.
“Gesù prega per noi”
Nel suo discorso, il Santo Padre pone l’accento su “Gesù come orante”. Ogni passo della vita di Cristo, sottolinea Bergoglio, “è come sospinto dal soffio dello Spirito che lo guida in tutte le azioni”.
Gesù prega nel battesimo al Giordano, dialoga con il Padre prima di prendere le decisioni più importanti, si ritira spesso nella solitudine a pregare, intercede per Pietro che di lì a poco lo rinnegherà. Questo consola: sapere che Gesù prega per noi, prega per me, per ognuno di noi perché la nostra fede non venga meno. E questo è vero. “Ma padre, ancora lo fa?” Ancora lo fa, davanti al Padre. Gesù prega per me. Ognuno di noi può dirlo. E anche possiamo dire a Gesù: “Tu stai pregando per me, continua a pregare che ne ho bisogno”. Così: coraggiosi.
Perfino la sua morte, fa notare il Papa, “è immersa in un clima di preghiera, tanto che le ore della passione appaiono segnate da una calma sorprendente: Gesù consola le donne, prega per i suoi crocifissori, promette il paradiso al buon ladrone, e spira dicendo: ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito'”.
La preghiera di Gesù pare attutire le emozioni più violente, i desideri di vendetta e di rivalsa, riconcilia l’uomo con la sua nemica acerrima, riconcilia l’uomo con questa nemica, che è la morte.
Né patrigno o padrone, Dio è “padre”
Sempre nel Vangelo di Luca si trova la richiesta, espressa da uno dei discepoli, di poter essere educati da Gesù stesso alla preghiera. Una richiesta, prosegue il Papa, dalla quale nasce “un insegnamento abbastanza esteso, attraverso il quale Gesù spiega ai suoi con quali parole e con quali sentimenti si devono rivolgere a Dio“.
La prima parte di questo insegnamento è proprio il Padre Nostro. Pregate così: “Padre, che sei nei cieli”. “Padre”: quella parola tanto bella da dire. Noi possiamo stare tutto il tempo della preghiera con quella parola soltanto: “Padre”. E sentire che abbiamo un padre: non un padrone né un patrigno. No: un padre. Il cristiano si rivolge a Dio chiamandolo anzitutto “Padre”.
Il Pontefice si sofferma poi “su alcune istruzioni che fanno da corona al testo della preghiera“. E spiega: “Per darci fiducia, Gesù spiega alcune cose. Esse insistono sugli atteggiamenti del credente che prega. Per esempio, c’è la parabola dell’amico importuno, che va a disturbare un’intera famiglia che dorme perché all’improvviso è arrivata una persona da un viaggio e non ha pani da offrirgli.
Cosa dice Gesù a questo che bussa alla porta, e sveglia l’amico?: “Vi dico – spiega Gesù – che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono”.
“Con questo vuole insegnarci a pregare e a insistere nella preghiera – aggiunge il Santo Padre -. Gesù fa capire che Dio risponde sempre, che nessuna preghiera resterà inascoltata, perché? Perché Lui è Padre, e non dimentica i suoi figli che soffrono”.
Il “tempo” della preghiera
“Queste affermazioni ci mettono in crisi, perché tante nostre preghiere sembra che non ottengano alcun risultato“, prosegue il Papa.
Quante volte abbiamo chiesto e non ottenuto – ne abbiamo l’esperienza tutti – quante volte abbiamo bussato e trovato una porta chiusa? Gesù ci raccomanda, in quei momenti, di insistere e di non darci per vinti.
E ammonisce: “La preghiera trasforma sempre la realtà, sempre. Se non cambiano le cose attorno a noi, almeno cambiamo noi, cambia il nostro cuore. Gesù ha promesso il dono dello Spirito Santo ad ogni uomo e a ogni donna che prega”.
Possiamo essere certi, conclude Bergoglio, “che Dio risponderà. L’unica incertezza è dovuta ai tempi, ma non dubitiamo che Lui risponderà. Magari ci toccherà insistere per tutta la vita, ma Lui risponderà”.
Non c’è nulla di più certo: il desiderio di felicità che tutti portiamo nel cuore un giorno si compirà. Pregare è fin da ora la vittoria sulla solitudine e sulla disperazione. Pregare. La preghiera cambia la realtà, non dimentichiamolo. O cambia le cose o cambia il nostro cuore, ma sempre cambia. Pregare è fin da ora la vittoria sulla solitudine e sulla disperazione. È come vedere ogni frammento del creato che brulica nel torpore di una storia di cui a volte non afferriamo il perché. Ma è in movimento, è in cammino, e alla fine di ogni strada, cosa c’è alla fine della nostra strada? Alla fine della preghiera, alla fine di un tempo in cui stiamo pregando, alla fine della vita: cosa c’è? C’è un Padre che aspetta tutto e aspetta tutti con le braccia spalancate. Guardiamo questo Padre.
I “compiti per casa”
Terminata l’Udienza, nel salutare i tanti pellegrini che affollano la Sala Nervi, Papa Francesco assegna anche alcuni “compiti per casa”:
Domenica prossima celebreremo la Festa del Battesimo del Signore. Questa celebrazione, che chiude il tempo liturgico del Natale, ci invita a riscoprire la grazia del Sacramento del nostro battesimo. Il battesimo ci ha resi cristiani, incorporandoci a Cristo e alla sua Chiesa. Tutti noi sappiamo la data della nostra nascita, ma non tutti sanno la data del battesimo, che è la nascita alla vita della Chiesa, quando lo Spirito Santo viene al cuore. Per questo io vi chiedo, oggi per esempio, per prepararci alla Festa di domenica prossima, di chiedere – quelli che lo sanno, di ricordarlo –, e quelli che non sanno la data del battesimo, di chiedere ai familiari, ai padrini, ai genitori, ai nonni: “Quando sono nato io alla vita della fede?” Cioè: “Quando sono battezzato?”. E fissare sempre nel cuore la data del battesimo. Lo farete? È molto importante festeggiare la data del battesimo. Ringraziamo il Signore per il dono della fede e chiediamo allo Spirito Santo la forza di essere coraggiosi testimoni di Gesù.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media