“Solidarietà e bene comune, ecco le leggi che reggono la famiglia cristiana”
Nella basilica romana di San Paolo fuori le Mura i vespri solenni che aprono la 52ma Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, il Pontefice: “È un grave peccato sminuire o disprezzare i doni che il Signore ha concesso ad altri fratelli”
Roma – “Quando la società non ha più come fondamento il principio della solidarietà e del bene comune, assistiamo allo scandalo di persone che vivono nell’estrema miseria accanto a grattacieli, alberghi imponenti e lussuosi centri commerciali, simboli di strepitosa ricchezza. Seguendo l’esempio di Cristo, dobbiamo sforzarci di edificare coloro che sono deboli. La solidarietà e la responsabilità comune devono essere le leggi che reggono la famiglia cristiana”.
E’ il monito che lancia Papa Francesco dalla basilica romana di San Paolo fuori le Mura, dove ha celebrato i solenni vespri inaugurando la 52ma Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema: “Cercate di essere veramente giusti”.
Una celebrazione alla quale hanno preso parte i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali non cattoliche presenti a Roma. Ad assistere alla cerimonia, tra gli altri, la Delegazione ecumenica della Finlandia, gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa Cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che nella Capitale studiano con il sostegno del Comitato di Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse, operante presso il Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Un rito suggestivo che, di solito, si svolge il 25 gennaio, giorno in cui si festeggia la Conversione di San Paolo, a conclusione della settimana di preghiera. Ma quest’anno il Santo Padre sarà impegnato, in quei giorni, a Panama, dove presiederà la 34ma Giornata Mondiale della Gioventù.
Dopo aver pregato, insieme agli altri rappresentanti delle varie confessioni cristiane davanti alla tomba dell’Apostolo delle Genti, il Pontefice ha ricordato che “l’unità dei cristiani è frutto della grazia di Dio e noi dobbiamo disporci ad accoglierla con cuore generoso e disponibile”.
Oggi ha inizio la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: siamo tutti invitati a invocare da Dio questo grande dono.
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 18 gennaio 2019
Il senso della festa
Il Pontefice, commentando la lettura proclamata durante il rito, ha fatto notare come il testo del Deuteronimio fornisca le “indicazioni su come celebrare le tre feste principali dell’anno: Pesach (Pasqua), Shavuot (Pentecoste), Sukkot (Tabernacoli)”.
Ciascuna di queste feste richiama Israele alla gratitudine per i beni ricevuti da Dio. La celebrazione di una festa richiede la partecipazione di tutti. Nessuno può essere escluso.
“Nonostante ogni israelita sia stato schiavo in Egitto, senza alcun possesso personale – ha aggiunto il Papa -, ‘nessuno si presenterà davanti al Signore a mani vuote’ e il dono di ciascuno sarà in misura della benedizione che il Signore gli avrà dato. Tutti riceveranno dunque la loro parte di ricchezza del paese e beneficeranno della bontà di Dio”.
Secondo Bergoglio, “non deve sorprenderci il fatto che il testo biblico passi dalla celebrazione delle tre feste principali alla nomina dei giudici. Le feste stesse esortano il popolo alla giustizia, ricordando l’uguaglianza fondamentale tra tutti i membri, tutti ugualmente dipendenti dalla misericordia divina, e invitando ciascuno a condividere con gli altri i beni ricevuti“.
Rendere onore e gloria al Signore nelle feste dell’anno va di pari passo con il rendere onore e giustizia al proprio vicino, soprattutto se debole e bisognoso.
Un’armonia a rischio
Riflettendo sulla scelta del tema di questa Settimana di Preghiera, i cristiani dell’Indoniasia, ha proseguito il Papa, “hanno deciso di ispirarsi a queste parole del Deuteronomio: ‘La giustizia e solo la giustizia seguirai’“.
E questo perché “in essi è viva la preoccupazione che la crescita economica del loro Paese, animata dalla logica della concorrenza, lasci molti nella povertà concedendo solo a pochi di arricchirsi grandemente. È a repentaglio l’armonia di una società in cui persone di diverse etnie, lingue e religioni vivono insieme, condividendo un senso di responsabilità reciproca“. Un monito, ha sottolineato il Santo Padre, che “non vale solo per l’Indonesia: questa situazione si riscontra nel resto del mondo”.
Quando la società non ha più come fondamento il principio della solidarietà e del bene comune, assistiamo allo scandalo di persone che vivono nell’estrema miseria accanto a grattacieli, alberghi imponenti e lussuosi centri commerciali, simboli di strepitosa ricchezza. Ci siamo scordati della saggezza della legge mosaica, secondo la quale, se la ricchezza non è condivisa, la società si divide.
“San Paolo, scrivendo ai Romani, applica la stessa logica alla comunità cristiana: coloro che sono forti devono occuparsi dei deboli. Non è cristiano ‘compiacere noi stessi'”, ha sottolineato il Pontefice. “Seguendo l’esempio di Cristo, dobbiamo infatti sforzarci di edificare coloro che sono deboli. La solidarietà e la responsabilità comune devono essere le leggi che reggono la famiglia cristiana“, ha ammonito ancora il Papa.
Contro la logica del mondo
“Come popolo santo di Dio – ha proseguito il Santo Padre -, anche noi siamo sempre sul punto di entrare nel Regno che il Signore ci ha promesso. Ma, essendo divisi, abbiamo bisogno di ricordare l’appello alla giustizia rivoltoci da Dio”.
Anche tra i cristiani, ha fatto notare Francesco, “c’è il rischio che prevalga la logica conosciuta dagli israeliti nei tempi antichi e da tanti popoli sviluppati al giorno d’oggi, ovvero che, nel tentativo di accumulare ricchezze, ci dimentichiamo dei deboli e dei bisognosi“.
È facile scordare l’uguaglianza fondamentale che esiste tra noi: che all’origine eravamo tutti schiavi del peccato e che il Signore ci ha salvati nel Battesimo, chiamandoci suoi figli. È facile pensare che la grazia spirituale donataci sia nostra proprietà, qualcosa che ci spetta e che ci appartiene. È possibile, inoltre, che i doni ricevuti da Dio ci rendano ciechi ai doni dispensati ad altri cristiani. È un grave peccato sminuire o disprezzare i doni che il Signore ha concesso ad altri fratelli, credendo che costoro siano in qualche modo meno privilegiati di Dio. Se nutriamo simili pensieri, permettiamo che la stessa grazia ricevuta diventi fonte di orgoglio, di ingiustizia e di divisione. E come potremo allora entrare nel Regno promesso?
Al contrario. “il culto che la giustizia richiede, è una festa che comprende tutti, una festa in cui i doni ricevuti sono resi accessibili e condivisi”, ha aggiunto Bergoglio.
In altre parole, “per compiere i primi passi verso quella terra promessa che è la nostra unità, dobbiamo anzitutto riconoscere con umiltà che le benedizioni ricevute non sono nostre di diritto ma sono nostre per dono, e che ci sono state date perché le condividiamo con gli altri”.
Non solo: “Dobbiamo riconoscere il valore della grazia concessa ad altre comunità cristiane. Di conseguenza, sarà nostro desiderio partecipare ai doni altrui”.
“Un popolo cristiano rinnovato e arricchito da questo scambio di doni sarà un popolo capace di camminare con passo saldo e fiducioso sulla via che conduce all’unità, ha concluso il Papa.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media