Papa Francesco: “La Chiesa non si fonda sui like ma sulla verità”
Messaggio del Pontefice in occasione della 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui ‘like’, ma sulla verità, sull’ ‘amen'”
Città del Vaticano – Il mondo necessita di una rete web “non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui ‘like’, ma sulla verità, sull’ ‘amen’, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri”.
Questa è la rete che vogliamo. Una rete fatta non per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. https://t.co/3DAN1xFyhA
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 24 gennaio 2019
E’ quanto si legge nel messaggio di Papa Francesco scritto in occasione della 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Il documento, diffuso il 24 gennaio, giorno in cui la Chiesa ricorda San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, si intitola “’Siamo membra gli uni degli altri’ (Ef 4,25). Dalle social network communities alla comunità umana”.
Nel testo, diviso in tre paragrafi, il Pontefice, pur elogiando la bellezza del web, mette in guardia dai pericoli che si nascondono nella rete: “Nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri)”.
Per Bergoglio, “questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio”.
Il Santo Padre punta poi i riflettori sulla disinformazione e sull’ “uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico”, e per i più giovani dal fatto che “un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo“.
Obiettivo di questo messaggio, dunque, è “riflettere sul fondamento e l’importanza del nostro essere-in-relazione e a riscoprire, nella vastità delle sfide dell’attuale contesto comunicativo, il desiderio dell’uomo che non vuole rimanere nella propria solitudine”.
Le metafore della “rete” e della “comunità”
Secondo Francesco “la rete è una risorsa del nostro tempo“, poiché “fonte di conoscenze e di relazioni un tempo impensabili”. Tuttavia, “se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi più esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito”.
Occorre riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, senza il dovuto rispetto della persona e dei suoi diritti. Tra i più giovani le statistiche rivelano che un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo.
Da qui inizia la riflessione sulla “metafora della rete posta inizialmente a fondamento di internet, per riscoprirne le potenzialità positive”. Una metafora che, se ricondotta alla dimensione antropologica, “richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità“.
Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio.
I giovani non siano eremiti sociali
È palese, fa notare il Papa, come oggi “la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità“. Nel migliore dei casi “riescono a dare prova di coesione e solidarietà, ma spesso rimangono solo aggregati di individui che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli“.
Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). Questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio. Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo.
E se “la rete è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri“, essa “può anche potenziare il nostro autoisolamento, come una ragnatela capace di intrappolare”. I giovani sono i più esposti all’illusione “che il social web possa appagarli totalmente sul piano relazionale, fino al fenomeno pericoloso dei giovani ‘eremiti sociali’ che rischiano di estraniarsi completamente dalla società”.
Il mondo del web pone “diverse questioni di carattere etico, sociale, giuridico, politico, economico, e interpella anche la Chiesa“.
“Siamo membra gli uni degli altri”
“Come ritrovare, dunque, la vera identità comunitaria nella consapevolezza della responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri anche nella rete online?”, si domanda il Santo Padre.
La risposta la si può abbozzare “a partire da una terza metafora, quella del corpo e delle membra, che San Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità tra le persone, fondata in un organismo che le unisce”.
L’essere membra gli uni degli altri è la motivazione profonda, con la quale l’Apostolo esorta a deporre la menzogna e a dire la verità: l’obbligo a custodire la verità nasce dall’esigenza di non smentire la reciproca relazione di comunione. La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare se stessi.
Il Papa, a partire da questa metafora, invita a “riflettere sulla nostra identità, che è fondata sulla comunione e sull’alterità”.
Come cristiani ci riconosciamo tutti membra dell’unico corpo di cui Cristo è il capo. Questo ci aiuta a non vedere le persone come potenziali concorrenti, ma a considerare anche i nemici come persone. Non c’è più bisogno dell’avversario per auto-definirsi, perché lo sguardo di inclusione che impariamo da Cristo ci fa scoprire l’alterità in modo nuovo, come parte integrante e condizione della relazione e della prossimità.
In prospettiva cristiana, “il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità”.
A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi.
In altre parole, “sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri“. “Il termine persona denota infatti l’essere umano come ‘volto’, rivolto verso l’altro, coinvolto con gli altri – spiega il Papa -. La nostra vita cresce in umanità col passare dal carattere individuale a quello personale; l’autentico cammino di umanizzazione va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale, alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio”.
Dal “like” all’“amen”
Infine, il Pontefice fa notare come “l’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro”.
Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione. Se una famiglia usa la rete per essere più collegata, per poi incontrarsi a tavola e guardarsi negli occhi, allora è una risorsa. Se una comunità ecclesiale coordina la propria attività attraverso la rete, per poi celebrare l’Eucaristia insieme, allora è una risorsa.
“Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere – conclude il Papa -. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui ‘like’, ma sulla verità, sull’ ‘amen’, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri”.
(Il Faro online)