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Gmg, il Papa: “La salvezza non è un App che si scarica, è dire ‘Sì’ all’amore di Dio”

27 gennaio 2019 | 04:15
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Gmg, il Papa: “La salvezza non è un App che si scarica, è dire ‘Sì’ all’amore di Dio”

Al Campo San Juan Pablo II di Panama la veglia di preghiera alla vigilia della 34ma Giornata Mondiale della Gioventù. Il Pontefice ai 600 mila giovani che affollano il Metro Park: “Non lasciatevi rubare il futuro, siete fatti per un ‘di più'”

Panama –  “La vita che Gesù ci dona è una storia d’amore, una storia di vita che desidera mescolarsi con la nostra e mettere radici nella terra di ognuno. Quella vita non è una nuova ‘applicazione’ da scoprire o un tutorial con cui apprendere l’ultima novità. La salvezza che il Signore ci dona è un invito a partecipare a una storia d’amore che si intreccia con le nostre storie. Lui è il primo nel dire ‘sì’ alla nostra vita, alla nostra storia, e desidera che anche noi diciamo ‘sì’ insieme a Lui”.

Così Papa Francesco si rivolge agli oltre 600 mila giovani (secondo gli organizzatori) che affollano il Campo San Juan Pablo II di Panama per la Veglia di preghiera alla vigilia della 34ma Giornata Mondiale della Gioventù. Il colpo d’occhio dall’alto è straordinario: un enorme tappeto di bandiere che sventolano colorando il Metro Park, colori che si mischiano con il tramonto, rendendo ancora più suggestivo uno degli eventi più attesi della Gmg.

Una preghiera fatta di balli, musiche e danze, durante le quali si alternano le testimonianze di una famiglia, di un giovane ex tossicodipendente e di un giovane palestinese. Poi il discorso del Papa: una catechesi 2.0, come sono stati ribattezzate le riflessioni che il Pontefice rivolge alle nuove generazioni.

Paragona la Vergine Maria a una influencer, invita i giovani a non arrendersi davanti alle difficoltà, sottolineando ancora una volta come senza radici “è  facile disperdersi”. E ancora: utilizzando il linguaggio dei social, fa notare che “non basta stare tutto il giorno connessi per sentirsi riconosciuti e amati“, che anche se si cade c’è sempre da “scoprire un nuovo orizzonte”. In altre parole, invita i giovani ad “abbracciare la vita così com’è”, “senza paura”, perché i giovani sono fatti “per un di più”.

Infine, il momento di preghiera più intenso, l’adorazione eucaristica: un silenzio assordante scende sulla spianata dedicata a Papa Wojtyla. Un silenzio interrotto solamente dalle orazioni e dai canti che, lentamente, si susseguono davanti all’enorme tabernacolo che ha la sagoma stilizzata della Vergine Maria.

L’influencer di Dio

Ed è proprio alla Madonna, a cui è dedicata questa 34ma Giornata Mondiale della Gioventù, che Bergoglio dedica la prima parte del suo discorso. Fa notare come la Vergine sia stata sorpresa da Dio, che la invitò “a far parte di una storia d’amore”. “Senza alcun dubbio – spiega il Pontefice – la giovane di Nazaret non compariva nelle ‘reti sociali’ dell’epoca, non era una influencer, però senza volerlo né cercarlo è diventata la donna che ha avuto la maggiore influenza nella storia“.

Maria, la “influencer” di Dio. Con poche parole ha saputo dire “sì” e confidare nell’amore e nelle promesse di Dio, unica forza capace di fare nuove tutte le cose.

Francesco si dice impressionato dalla forza del “sì” di “questa giovane”. “È stata una cosa diversa da un’accettazione passiva o rassegnata – spiega il Santo Padre -, o da un ‘sì’ come a dire: ‘Bene, proviamo a vedere che succede’. È stato qualcosa di più”.

È stato il “sì”, sottolinea, “di chi vuole coinvolgersi e rischiare, di chi vuole scommettere tutto, senza altra garanzia che la certezza di sapere di essere portatrice di una promessa”. Le difficoltà, prosegue il Papa, “non erano un motivo per dire ‘no’“. Un “sì”, quello di Maria, che ispira ancora oggi molto giovani che “rischiano e scommettono, guidati da una promessa”.

Con il suo sí Maria é la donna che di più ha influenzato la storia. Senza reti sociali è stata la prima influencer, l’influencer di Dio. #Panama2019

— Papa Francesco (@Pontifex_it) 27 gennaio 2019

Un abbraccio d’amore

Il mondo non è soltanto per i forti!“, ammonisce il Papa; dire “sì”, infatti, “significa avere il coraggio di abbracciare la vita come viene, con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso“.

Significa abbracciare la nostra patria, le nostre famiglie, i nostri amici così come sono, anche con le loro fragilità e piccolezze. Abbracciare la vita si manifesta anche quando diamo il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, puro o distillato, ma non per questo è meno degno di amore.

E domanda: “Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore? Qualcuno per il fatto di essere straniero, di avere sbagliato, di essere malato o in una prigione non è degno d’amore?”.

A tal proposito ricorda come Gesù “abbracciava” i peccatori, gli scartati dell’epoca. “Solo quello che si ama può essere salvato. Solo quello che si abbraccia può essere trasformato“. “L’amore del Signore è più grande di tutte le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità, però è precisamente attraverso le nostre contraddizioni, fragilità e meschinità che Lui vuole scrivere questa storia d’amore“, sottolinea il Pontefice.

Gesù ci abbraccia sempre, sempre, dopo le nostre cadute aiutandoci ad alzarci e a rimetterci in piedi. Perché la vera caduta, quella che può rovinarci la vita, è rimanere a terra e non lasciarsi aiutare. Come diventa difficile a volte capire l’amore di Dio! Però, che grande dono è sapere che abbiamo un Padre che ci abbraccia al di là di tutte le nostre imperfezioni!

L’importanza delle radici

Come comprenderlo questo amore? Il primo passo, secondo Papa Bergoglio, “consiste nel non aver paura di ricevere la vita come viene“. Una vita, prosegue il Pontefice, che si secca se non ha “lavoro, istruzione, comunità, famiglia”. In altre parole: “La vita si secca senza radici“.

“È facile disperdersi quando non si ha dove fissarsi”. Poi, un’autocritica: “Questa è una domanda che noi anziani siamo tenuti a farci, anzi, è una domanda che voi dovrete farci e noi avremo il dovere di rispondervi: quali radici vi stiamo dando, quali basi per costruirvi come persone vi stiamo offrendo? Com’è facile criticare i giovani e passare il tempo mormorando, se li priviamo di opportunità lavorative, educative e comunitarie a cui aggrapparsi e sognare il futuro! Senza istruzione è difficile sognare il futuro; senza lavoro è molto difficile sognare il futuro; senza famiglia e comunità è quasi impossibile sognare il futuro. Perché sognare il futuro significa imparare a rispondere non solo perché vivo, ma per chi vivo, per chi vale la pena di spendere la vita”.

Quando uno si sgancia e rimane senza lavoro, senza istruzione, senza comunità e senza famiglia, alla fine della giornata ci si sente vuoti e si finisce per colmare quel vuoto con qualunque cosa. Perché ormai non sappiamo per chi vivere, lottare e amare.

Riconoscersi amati

Il Pontefice ricorda che una volta un giovane gli chiese: “Padre, perché oggi tanti giovani non si domandano se Dio esiste o fanno fatica a credere in Lui ed evitano di impegnarsi nella vita?”. Francesco rigirò la domanda a quel gruppo di giovani, uno dei quali rispose: “È che molti di loro sentono che, a poco a poco, per gli altri hanno smesso di esistere, si sentono molte volte invisibili”.

È la cultura dell’abbandono e della mancanza di considerazione – spiega il Papa -. Non dico tutti, ma molti sentono di non avere tanto o nulla da dare perché non hanno spazi reali a partire dai quali sentirsi interpellati. Come penseranno che Dio esiste se loro da tempo hanno smesso di esistere per i loro fratelli?

Non basta stare tutto il giorno connessi per sentirsi riconosciuti e amati. Sentirsi considerato e invitato a qualcosa è più grande che stare “nella rete”. Significa trovare spazi in cui con le vostre mani, con il vostro cuore e con la vostra testa potete sentirvi parte di una comunità più grande che ha bisogno di voi e di cui anche voi avete bisogno.

Quando c’è una comunità, prosegue il Papa, ci si può sempre “rinnovare e germogliare”, perché  “il calore di una casa dove mettere radici, che offre la fiducia necessaria, prepara il cuore a scoprire un nuovo orizzonte: orizzonte di figlio amato, cercato, trovato e donato per una missione”.

In definitiva, “dire ‘sì’ a questa storia d’amore è dire ‘sì’ ad essere strumenti per costruire, nei nostri quartieri, comunità ecclesiali capaci di percorrere le strade della città, di abbracciare e tessere nuove relazioni. Essere un ‘influencer’ nel secolo XXI significa essere custodi delle radici, di tutto ciò che impedisce alla nostra vita di diventare ‘gassosa’ ed evaporare nel nulla”. Da qui l’invito rivolto a tutti i giovani ad essere “custodi di tutto ciò che ci permette di sentirci parte gli uni degli altri, di appartenerci reciprocamente”.

Nati per essere “di più”

Francesco cita poi Sant’Alberto Hurtado, che nel 1946 scrisse: “Il progresso della società, sarà solo per arrivare a possedere l’ultimo modello di automobile o acquistare l’ultima tecnologia sul mercato? In questo consiste tutta la grandezza dell’uomo? Non c’è niente di più che vivere per questo?”.

Io vi domando: è questa la vostra grandezza? Non siete stati creati per qualcosa di più grande? Maria lo comprese e disse: “Avvenga per me!”. Amici, vi domando: Siete disposti a dire “sì”?

“Il Vangelo ci insegna che il mondo non sarà migliore perché ci saranno meno persone malate, deboli, fragili o anziane di cui occuparsi e neppure perché ci saranno meno peccatori, ma che sarà migliore quando saranno di più le persone che sono disposte e hanno il coraggio di dare alla luce il domani e credere nella forza trasformatrice dell’amore di Dio“.

Solo l’amore ci rende più umani, più pieni, tutto il resto sono buoni ma vuoti placebo.

Infine, l’invito a pregare davanti all’eucarestia con un’intenzione nuova: “Stando di fronte a Gesù, faccia a faccia, non abbiate paura di aprirgli il cuore perché rinnovi il fuoco del Suo amore, vi spinga ad abbracciare la vita con tutta la sua fragilità e piccolezza, ma anche con tutta la sua grandezza e bellezza. Che vi aiuti a scoprire la bellezza di essere vivi”. E conclude: “Non abbiate paura di dirgli che anche voi desiderate partecipare alla sua storia d’amore nel mondo, che siete fatti per un ‘di più’“.

(Il Faro online) – Foto © Vatican Media