Il Papa agli islamici: “O costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro”
Ad Abu Dhabi l’appello del Pontefice per la pace e il dialogo tra le religioni: “La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte!”. Poi la firma di una storica dichiarazione congiunta con il grande Imam di Al Azhar sulla “Fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune”
Abu Dhabi – Pontefice, dal latino “pontifex”, parola composta dal termine pons (ponte) unita al tema del verbo facere (fare). Pontefice, ovvero “costruttore di ponti”. Una missione che Papa Francesco sta realizzando in questi giorni ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti: costruire un ponte di pace, fatto di dialogo e rispetto reciproco, tra cristiani e islamici.
Cristiani e musulmani sono “fratelli in umanità”, come già aveva detto lo stesso Bergoglio durante la benedizione Urbi et Orbi del giorno di Natale (leggi qui); e come un’unica famiglia “voluta da Dio”, entrambi devono impegnarsi “contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri; a tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo“.
Al Founder’s Memorial di Abu Dhabi, dove entra nel vivo il viaggio apostolico in Medio Oriente con l’incontro interreligioso tra il Pontefice e 700 leader di diverse religioni, Bergoglio (primo Papa a visitare la Penisola arabica) arriva tenendo per mano il grande imam di al-Azhar e il principe ereditario Mohammed bin Zayed Al Nahyan.
Un “ponte primordiale”, come lo definì lo stesso Bergoglio parlando ai giovani che affollavano il Campus Misericordiae durante la Gmg di Cracovia del 2016: “Sapete qual è il primo ponte da costruire? Darci la mano. E’ il grande ponte fraterno, e possano imparare a farlo i grandi di questo mondo! Ma non per la fotografia, bensì per continuare a costruire ponti sempre più grandi. Che questo ponte umano sia seme di tanti altri”.
Mano nella mano raggiungono il podio, da dove il grande imam di Al-Azhar, Ahmed Al Tayyib, nel suo discorso, esorta i musulmani ad “abbracciare” le comunità cristiane locali e a non considerarle “minoranze”.
“Siete parte di questa nazione, non siete minoranze – dice il capo del più influente centro teologico e universitario dell’islam sunnita rivolgendosi alle comunità cristiana – La religione non deve mai essere usata per giustificare la violenza“. Ed è sulla stessa scia di argomenti che si sviluppa il discorso di Papa Francesco.
Dio sta con l’uomo che cerca la pace. E dal cielo benedice ogni passo che, su questa strada, si compie sulla terra. #UAE#ApostolicJourney
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 4 febbraio 2019
Poi la firma del documento congiunto sulla “Fratellanza umana, per la pace mondiale e la convivenza comune” siglato dal Santo Padre e dal grande imam di Al-Azhar (leggi qui).
“Un documento ragionato con sincerità e serietà – viene definito nel testo – per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli“.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media
Un credente assetato di pace
Papa Bergoglio, a ottocento anni dall’incontro tra San Francesco di Assisi e il sultano al-Malik al-Kāmil, si presenta alla comunità araba “come credente assetato di pace, come fratello che cerca la pace con i fratelli. Volere la pace, promuovere la pace, essere strumenti di pace: siamo qui per questo”.
Come si può salvaguardare la pace? Bisogna “entrare insieme, come un’unica famiglia, in un’arca che possa solcare i mari in tempesta del mondo: l’arca della fratellanza“.
Il punto di partenza è riconoscere che Dio è all’origine dell’unica famiglia umana. Egli, che è il Creatore di tutto e di tutti, vuole che viviamo da fratelli e sorelle. La fratellanza ci dice che tutti abbiamo uguale dignità e che nessuno può essere padrone o schiavo degli altri.
Davanti a Dio, prosegue il Papa, “ciascuno è ugualmente prezioso“, perché “Egli non guarda alla famiglia umana con uno sguardo di preferenza che esclude, ma con uno sguardo di benevolenza che include”.
Pertanto, tuona il Pontefice, “nel nome di Dio Creatore va senza esitazione condannata ogni forma di violenza, perché è una grave profanazione del Nome di Dio utilizzarlo per giustificare l’odio e la violenza contro il fratello. Non esiste violenza che possa essere religiosamente giustificata“.
La vera religiosità, spiega il Papa, “consiste nell’amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come sé stessi. Ciascun credo è chiamato a superare il divario tra amici e nemici, per assumere la prospettiva del Cielo, che abbraccia gli uomini senza privilegi e discriminazioni”.
Contro la strumentalizzazione della religione
Il Pontefice condanna chi strumentalizza la religione, poiché quando essa ammette “violenza e terrorismo”, nega sé stessa.
Ciò si può evitare lasciando libertà di culto a tutti, poiché “senza libertà non si è più figli della famiglia umana, ma schiavi”. E precisa: “Quella religiosa non si limita alla sola libertà di culto, ma vede nell’altro veramente un fratello, un figlio della mia stessa umanità che Dio lascia libero e che pertanto nessuna istituzione umana può forzare, nemmeno in nome suo”.
In questa prospettiva, “la preghiera è imprescindibile: essa, mentre incarna il coraggio dell’alterità nei riguardi di Dio, nella sincerità dell’intenzione, purifica il cuore dal ripiegamento su di sé”.
Per il Pontefice, “la preghiera fatta col cuore è ricostituente di fraternità. Perciò, “quanto al futuro del dialogo interreligioso, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile“.
Non c’è alternativa: o costruiremo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro. Le religioni, in particolare, non possono rinunciare al compito urgente di costruire ponti fra i popoli e le culture. È giunto il tempo in cui le religioni si spendano più attivamente, con coraggio e audacia, senza infingimenti, per aiutare la famiglia umana a maturare la capacità di riconciliazione, la visione di speranza e gli itinerari concreti di pace.
L’educazione e la giustizia
Anche la pace, prosegue il Papa, “per spiccare il volo, ha bisogno di ali che la sostengano. Le ali dell’educazione e della giustizia“. Da qui l’appello ad investire “sulla cultura” che “favorisce una decrescita dell’odio e una crescita della civiltà e della prosperità. Educazione e violenza sono inversamente proporzionali“.
I giovani, spesso circondati da messaggi negativi e fake news, hanno bisogno di imparare a non cedere alle seduzioni del materialismo, dell’odio e dei pregiudizi; imparare a reagire all’ingiustizia e anche alle dolorose esperienze del passato; imparare a difendere i diritti degli altri con lo stesso vigore con cui difendono i propri diritti. Saranno essi, un giorno, a giudicarci: bene, se avremo dato loro basi solide per creare nuovi incontri di civiltà; male, se avremo lasciato loro solo dei miraggi e la desolata prospettiva di nefasti scontri di inciviltà.
“Pace e giustizia sono inseparabili”, prosegue il Papa, poiché “la pace muore quando divorzia dalla giustizia, ma la giustizia risulta falsa se non è universale”.
In questa prospettiva, il compito delle religioni è quello di “ricordare che l’avidità del profitto rende il cuore inerte e che le leggi dell’attuale mercato, esigendo tutto e subito, non aiutano l’incontro, il dialogo, la famiglia, dimensioni essenziali della vita che necessitano di tempo e pazienza“.
Le religioni siano voce degli ultimi, che non sono statistiche ma fratelli, e stiano dalla parte dei poveri; veglino come sentinelle di fraternità nella notte dei conflitti, siano richiami vigili perché l’umanità non chiuda gli occhi di fronte alle ingiustizie e non si rassegni mai ai troppi drammi del mondo.
Far germogliare semi di pace
Alle religioni, prosegue il Papa, “forse come mai in passato, spetta, in questo delicato frangente storico, un compito non più rimandabile: contribuire attivamente a smilitarizzare il cuore dell’uomo“.
La corsa agli armamenti, l’estensione delle proprie zone di influenza, le politiche aggressive a discapito degli altri non porteranno mai stabilità. La guerra non sa creare altro che miseria, le armi nient’altro che morte! La fratellanza umana esige da noi, rappresentanti delle religioni, il dovere di bandire ogni sfumatura di approvazione dalla parola guerra. Restituiamola alla sua miserevole crudezza. Sotto i nostri occhi sono le sue nefaste conseguenze.
Il pensiero del Papa va allo Yemen, alla Siria, all’Iraq e alla Libia. “Insieme, fratelli nell’unica famiglia umana voluta da Dio, impegniamoci contro la logica della potenza armata, contro la monetizzazione delle relazioni, l’armamento dei confini, l’innalzamento di muri, l’imbavagliamento dei poveri“, aggiunge il Papa.
E conclude: “A tutto questo opponiamo la forza dolce della preghiera e l’impegno quotidiano nel dialogo. Dio sta con l’uomo che cerca la pace”.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media