Pedofilia, in Vaticano il mea culpa dei vescovi cattolici: “Spesso siamo stati ciechi”

22 febbraio 2019 | 20:09
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Pedofilia, in Vaticano il mea culpa dei vescovi cattolici: “Spesso siamo stati ciechi”

Le vittime: “Chi si assumerà la responsabilità di migliaia di vite spezzate?”. Poi l’appello ai Vescovi: “Coloro che vogliono continuare a coprire se ne vadano dalla Chiesa”

Città del Vaticano – “Voi siete i medici dell’anima e tuttavia, salvo rare eccezioni, vi siete trasformati – in alcuni casi – in assassini dell’anima, in assassini della fede. Quale terribile contraddizione”.

Inizia all’insegna di ulteriori testimonianze la seconda giornata del summit sulla protezione dei minori, convocato in questi giorni in Vaticano da Papa Francesco per trovare soluzioni “concrete” a questa piaga che da anni macchia la Chiesa cattolica.

Come aveva chiesto lo stesso Pontefice (leggi qui), i vescovi ascoltano in silenzio, commossi, le parole delle vittime: video-testimonianze registrate nei cinque continenti, a sottolineare come il fenomeno sia diffuso in tutto il globo.

“Anche il Papa si è commosso. Non so se ha pianto ma era coinvolto anche lui”, dice ai giornalisti mons. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente di Comece all’uscita dei lavori del summit.

“È una grazia – aggiunge – poter ascoltare queste testimonianze. C’è qualche vescovo che dice che i giornali attaccano la Chiesa ma non è vero, se ne parlate ci fa del bene”. Sul tema del giorno ha osservato: “E’ una cosa importante che abbiamo questa accountability, non è una cosa di forma”.

Nel secondo giorno di riflessione, dedicato proprio alla “responsabilità” (non c’è un termine italiani col quale tradurre accountability se non “il dover rendere conto”), l’arcivescovo di Chicago, il cardinal Blase J. Cupich, nella sua relazione sottolinea come ” i vescovi siano stati spesso ciechi davanti ai danni degli abusi”.

Signore, liberaci dalla tentazione di voler salvare noi stessi, la nostra reputazione; aiutaci a farci carico della colpa e a cercare insieme risposte umili e concrete in comunione con tutto il Popolo di Dio. #PBC2019

— Papa Francesco (@Pontifex_it) February 22, 2019

“Madri e padri ci hanno chiamato a rendere conto, semplicemente perché non riescono a capire come noi, vescovi e superiori religiosi, siamo stati spesso ciechi di fronte alla portata e ai danni degli abusi sessuali sui minori. I genitori stanno testimoniando la duplice realtà che deve essere perseguita oggi nella Chiesa: uno sforzo incessante per sradicare gli abusi sessuali del clero e il rifiuto della cultura clericale che tanto spesso ha generato quell’abuso”, prosegue il porporato.

Il presule indica poi quattro “orientamenti, radicati nella sinodalità, che devono plasmare ogni riforma strutturale, legale e istituzionale, progettata per affrontare l’enorme sfida” degli abusi sessuali da parte del clero. L'”ascolto radicale” e “totale”, “per capire l’esperienza svilente di coloro che sono stati sessualmente abusati dal clero”.

Quindi il “testimone laico”, cioè “l’affermazione che ogni membro della Chiesa ha un ruolo essenziale nel contribuire ad eliminare l’orribile realtà degli abusi sessuali del clero”: per il cardinale di Chicago, “in gran parte è la testimonianza dei laici, soprattutto madri e padri con grande amore per la Chiesa, ad aver sottolineato in modo commovente e con forza che la commissione, l’insabbiamento, la tolleranza del clero e l’abuso sessuale sono gravemente incompatibili con l’essenza e il significato stesso della Chiesa”.

Terzo, la “collegialità”, “necessaria per qualsiasi autentica accountability circa l’abuso sessuale del clero”. Infine l'”accompagnamento” delle vittime, poiché “ogni struttura di accountability deve includere una solidarietà e un accompagnamento davvero compassionevole”.

Cupich, sempre nel quadro della “costruzione di nuove strutture legali di accountability nella Chiesa”, riguardanti le stesse responsabilità dei vescovi, e “procedure chiare in quei casi che per ‘gravi motivi’ potrebbero giustificare la rimozione dall’incarico di un vescovo, eparca o superiore religioso”, elenca osservazioni su come “stabilire degli standard per le indagini dei vescovi” (anche coinvolgendo e consultando esperti laici), sulla “segnalazione delle accuse” (con meccanismi “trasparenti e ben noti ai fedeli”, linee telefoniche dedicate, servizi di portale web), e sui “passi procedurali concreti” (dal trattare “con dignità e rispetto” le vittime e le loro famiglie, all’assenza di ostacoli di segretezza o riservatezza alla segnalazione di un reato, dall’inclusione anche qui di donne e uomini laici competenti, al “ritiro temporaneo e pubblico dell’accusato dal suo ufficio”, fino all’autorizzazione a indagare, in forma “professionale e rapida”, data dalla Santa Sede all’arcivescovo metropolita, che poi trasmette gli ‘acta’ in Vaticano).

“Dobbiamo muoverci per stabilire leggi e strutture robuste riguardanti la accountability dei vescovi proprio per supplire con una nuova anima alla realtà istituzionale della disciplina della Chiesa sull’abuso sessuale”, conclude.

Il cardinale di Boston, Sean O’Malley, presidente della Pontificia Commissione anti-abusi, definisce quelle di Cupich “idee molto concrete, per lasciare questa conferenza con più consapevolezza su come affrontare la questione, coinvolgendo anche i laici”.

E anche per mons. Scicluna, nel quadro della sinodalità, “i laici non sono un optional, un’appendice, ma sono centrali per l’essere e il benessere della Chiesa: è importante che ci sia un ruolo essenziale per la partecipazione dei laici e per camminare insieme nelle strutture dell’accountability”.

Le voci delle vittime

“Ma ora, chi si assumerà la responsabilità di vite spezzate? C’è una strada! C’è un’opportunità! C’è una speranza! C’è vita! Restituite quanto è andato perso! Mostrate che vi importa! Perché tutto ciò che fate riscatterà le molte urla silenziose che attendono il giorno della salvezza”.

Si conclude così la testimonianza, raccontata in versi, di una vittima di abusi sessuali del clero al momento della preghiera finale.

La testimonianza, di un giovane asiatico, raccontava di un bambino che entra in un istituto di formazione cattolico, “pieno di innocenza e paure in classi che gli erano nuove. Gli mancava casa e qui cercava amici e custodi che gli facessero da genitori”.

“Questa sostituzione gli fu fatale – prosegue – perché per lui che era giovane i loro desideri erano strani. Spogliato della sua innocenza ancora e ancora, abbandonato al proprio destino in questo mondo adulto, non trovò speranza e divenne solitario”.

“Con il passare degli anni – aggiunge la testimonianza – lo aveva fatto a pezzi. Ma non poteva dirlo a nessuno, per paura del disonore e della vergogna”

Le vittime chiedono all’unanimità una sola cosa: “Vediamo tutti i giorni la punta dell’iceberg. Nonostante la Chiesa affermi che è tutto finito, continuano a emergere casi: perché? Non serve estirpare il tumore e basta. Dovete aiutiare a ristabilire la fiducia in voi. Coloro che vogliono continuare a coprire se ne vadano dalla Chiesa”.

(Il Faro online) – Foto © Vatican Media