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Primo Pontefice della storia proveniente dal continente americano, Bergoglio salì al Soglio di Pietro col nome di Francesco. Un nome “rivoluzionario” che già lasciava intravedere il suo “programma”
Le lacrime per i rohingya
Papa Francesco rivolge spesso un pensiero ai migranti, a quelle popolazioni costrette a fuggire dalla propria patria perché perseguitati o minacciati dalla guerra. Nel corso della sua visita a Dacca, il Pontefice, rivolgendosi ai rappresentati delle altre fedi, parla di accoglienza, di rispetto della dignità umana. Chiaro il riferimento alla comunità dei Rohingya, minoranza musulmana in fuga dal Myanmar. Prima di partire per il Bangladesh gli era stato chiesto di non pronunciare la parola Rohingya. Ma, nel corso della sua visita in Myanmar in maniera implicita, e nel suo discorso alle Autorità del Bangldesh in maniera esplicita, Bergoglio è intervenuto sulla grave crisi umanitaria che affligge quest’etnia, chiedendo a gran voce l’intervento dell’intera comunità internazionale, fino ad oggi rimasta in silenzio davanti alla persecuzione messa in atto dal Governo militare del Myanmar contro gli abitanti dello Stato di Rakhine. E al termine dell’Incontro Interreligioso, il Papa saluta proprio i Rohingya. Si tratta dei componenti di tre famiglie di profughi, ospitati nel campo d’accoglienza di Cox Bazar, probabilmente il più grande del Bangladesh. Dopo la preghiera per la pace, guidata dal vescovo anglicano, i 18 perseguitati salgono sul palco per salutare il Pontefice.
Dopo averli ascoltati uno a uno ho cominciato a sentire crescere cose dentro di me: “Non posso farli andare senza dire una parola”. E ho chiesto il microfono. Non ricordo cosa ho detto, so che a un certo punto ho chiesto perdono, perdono due volte. Io piangevo, cercavo che non si vedesse. Loro piangevano pure.
(Foto © Vatican Media)
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