Un denso fumo nero si è alzato dal centro di Parigi. Francesi in lacrime
Parigi – Brucia la cattedrale di Notre Dame, e con essa va in cenere anche l’anima più profonda della Francia e dell’Europa intera. Notre Dame, infatti, non è un luogo sacro solo ai cattolici. Sotto le sue volte, in mezzo a quell’immensa foresta di colonne e gargoille, sono passati più di ottocento anni di storia.
Rabbia, sgomento, indignazione. Ma soprattutto dolore. E’ questo il sentimento che unisce i parigini, i francesi, gli europei. Un dolore che tocca anche le nazioni di oltreoceano, che, alla vista delle prime immagini diffuse sui social, si sono mobilitate per manifestare solidarietà alla Francia, che nel giro di un’ora ha visto crollarsi sotto i propri occhi la guglia di ferro che – oramai – sormontava la volta della cattedrale.
Tutt’attorno alla chiesa, situata nel cuore della capitale francese, regna un silenzio surreale. Un silenzio interrotto dal crepitio delle fiamme, dalle sirene dei mezzi dei Vigili del Fuoco. E dalle preghiere. In tanti si sono inginocchiati davanti alla propria cattedrale, divorata dal fumo e dalle fiamme, a pregare, strappando qualche lacrima anche a chi non è credente (leggi qui).
Ancora sconosciute le cause del rogo. E se sui siti jihadisti gli estremisti musulmani esultano, in Francia e in tutta Europa si discute su un presunto ritardo nelle operazioni di spegnimento, come il mancato uso dei canadair (leggi qui).
In tarda serata, l’annuncio del presidente Macron: “Notre Dame è salva, grazie ai pompieri abbiamo evitato il peggio. La ricostruiremo tutti insieme” (leggi qui).
Il racconto dei testimoni
“La cenere e le braci ci cadono sulla testa, i pompieri e la polizia urlano che è pericoloso e cercano di fare arretrare la gente. Le fiamme continuano a infuriare“. E’ questa una delle drammatiche testimonianze, della giornalista di Le Figaro Jeanne Sénéchal, in strada tra le migliaia di persone che hanno assistito esterrefatte, quasi ipnotizzate, all’incendio che ha divorato Notre Dame.
“Alcuni piangevano, altri si stringevano tra loro“, ha raccontato un altro degli inviati del giornale, Luc-Antoine Lenoir. Sulla Rue du Fouarre, vicino alla cattedrale, un pompiere che abita nel quartiere ha assistito all’impressionante spettacolo con a fianco la sua bambina.
L’uomo ha riferito che alcuni dei suoi colleghi sono saliti sulle torri della facciata per cercare di estinguere l’incendio che infuriava sul tetto. Ma la priorità, ha aggiunto, era quella di raggiungere le colonne più vicine ai focolai. “Bisogna pure che qualcuno ci vada“, ha gridato, celando a fatica la sua frustrazione.
A due passi dalla cattedrale in fiamme si trovava anche Régis Perray, un artista di Nantes a passeggio con la famiglia vicino a Notre Dame quando il fuoco è divampato. “Abbiamo visto del fumo levarsi sopra l’edificio – ha raccontato al quotidiano Presse Ocean -. Poi le fiamme, che rapidamente sono raddoppiate di intensità. C’erano migliaia di persone ammassate sui marciapiedi, sui ponti. Siamo tutti tristi, sconvolti. La guglia è crollata, il tetto ha ceduto. E’ una tragedia“.
Il restauratore: “Si ricostruirà come la Fenice”
Tornò sette anni più tardi “com’era e dov’era” il teatro La Fenice di Venezia dopo l’incendio della notte del 29 gennaio 1996, che oggi è parso rivivere nelle drammatiche immagini di Notre Dame avvolta dalle fiamme. Fatte le debite proporzioni, per il simbolo religioso, anche quello del Teatro di Venezia fu uno choc che dall’Italia si allargò al mondo.
Un dolore aumentato dal fatto che l’incendio della Fenice fu certamente doloso: durante opere di manutenzione, anche in quel caso, ma provocato da due elettricisti (poi condannati) che volevano evitare il pagamento di una penale per i ritardi della loro impresa. Numerosissime furono le polemiche sulla ricostruzione del Teatro, tra scandali e nuove gare d’appalto.
Ma alla fine, il 14 dicembre 2003, la Fenice rinacque dalle ceneri, con un concerto diretto dal maestro Riccardo Muti. Sono stati necessari esattamente 630 giorni all’impresa che si aggiudicò la ricostruzione per restituire il teatro alla città.
Uno dei protagonisti del progetto fu lo scultore e mascheraio veneziano Guerrino Lovato, che con la sua ditta, ed altre di supporto, rifece completamente la cavea della Fenice, tutta il legno, stucchi e cartapesta. “Il teatro che ora si vede – spiega Lovato – è per gran parte di cartapesta, e per il 20% in legno, anche i palchi. Si’, perchè deve essere come un ‘violino’ che suona”.
Le uniche parti in gesso sono le Neridi, le statue più in alto, e i putti del palco reale. L’impresa era quella di “ricostruire un teatro antico”, senza che vi fossero foto delle decorazioni del ‘700, o un ‘sostituto’ grafico a parte. Così Lovato ha realizzato prima i disegni di quelle decorazioni e quegli stucchi, “180 metri quadri di disegni, per riportare sul piano ciò che doveva essere ricreato tridimensionalmente”.
Quindi sono stati prodotti i calchi, in creta o in gesso, delle decorazioni da rifare. “In un solo anno – ricorda – abbiamo rifatto da capo 300 metri di ornati, e 12 figure”. “Non una copia – sottolinea Lovato – ne’ un falso: il compito era quello di ‘evocare’ il teatro precedente“.
Anche perchè il fascino della patina del tempo è un’atmosfera che solo il tempo può restituire. Per Lovato è difficile un paragone tra Fenice e Notre Dame.
“Qui c’era soprattutto legno e cartapesta, a Parigi c’è una cattedrale fatta di pietra e marmi, c’è sicuramente una documentazione fotografica dettagliata, si potrà rifare tutto”. “Anche perché – conclude – i francesi non hanno il tabù di noi italiani. Loro non hanno timore in questi casi a rifare le cose antiche esattamente in stile“.
(Il Faro online)