25 anni senza Senna, Schittone: “Un campione trasversale dell’automobilismo”
Lo ricorda il giornalista del mondo dei motori. Un pensiero per un mito della Formula Uno. Ricordando un tempo lontano ma attuale, nei cuori di chi ha amato Ayrton
Il Faro on line – E’ tempo di ricordare, ancora una volta. Ma il popolo degli sportivi lo fa sempre con trasporto. Con amore. Con rispetto. Sono 25 anni. Già. Quasi mezzo secolo. Senza di lui.
Il mito. Il campione. L’unico. L’eccellenza. La perfezione. Il sentimento. La velocità. Ayrton. Tutti ad Imola gli occhi puntati nel 1994. Un Gran Premio di San Marino maledetto quell’anno. Roland Ratzenberger era appena deceduto. Durante le prove della gara. Un week end nefasto quello. E Senna, insieme agli altri piloti a chiedersi. A riflettere. A piangere, per il compagno morto in pista.
Nessuno poteva immaginare, nei giorni precedenti. Sarebbe toccato anche a lui. Come cita la canzone di Lucio Dalla. Avrebbe detto addio a quel mondo Ayrton. E gli amanti della Formula Uno lo dissero a lui. Al loro grande mito della velocità. All’atleta che riusciva ad essere anche l’uomo, in una monoposto che diventava il suo prolungamento, tornante dopo tornante. Lo vuole ricordare Il Faro on line. Lo fa attraverso una preziosa testimonianza.
Un giornalista specializzato di motori, di Formula Uno. Di automobilismo. Che conosceva bene Senna e che ha intervistato molteplici volte. Lo dichiara nel suo pensiero scritto. E’ tempo di commemorare un grande campione e Guido Schittone lo fa per i lettori di testata. Per gli appassionati di sport. Per gli innamorati della Formula Uno. Un tempo passato quello, ma sempre attuale. Non si può dimenticare. Ayrton resta presente. E’ vivo nei cuori di chi sente il suo battito respirare ancora nel ruggito della Formula Uno. E tutti sentono il bisogno di condividere questa data con il pluricampione mondiale brasiliano. Lo sottolinea Schittone.
Era il 1 maggio del 1994. Un’uscita trasversale alla curva del Tamburello con la Williams. Senna era stato appena ingaggiato dall’azienda automobilistica britannica. Aveva lasciato la McLaren che lo aveva portato in cima all’Olimpo dei migliori della Formula Uno. E voleva continuare a vincere Ayrton e a perfezionare la sua guida. Un grave incidente lo ha portato via. Erano le sei della sera. All’OspedaleMaggiore di Bologna, in Italia, Ayrton moriva, lasciando un vuoto ancora oggi incolmabile. Non solo come campione sportivo, ma anche come persona. Semplicemente. Dichiara Schittone: “Imola è stata la Twin Towers della Formula Uno. Tutto dopo di lui è cambiato”.
Era così Senna. Perfetto e meraviglioso. Insostituibile. E traspariva il suo amore per la velocità. Una sete. Un bisogno da soddisfare per lui. Emozione. Questo era Ayrton.
Lo descrive in modo delicato Guido Schittone. Definendo il suo campione del cuore, “un compagno di strada”. Non amava le polemiche. Le rifuggiva. Portava i cronisti sulla sua strada. Per il bene della Formula Uno. Lo racconta Schittone. Rispettando un tempo racchiuso nei meandri del cuore. Accarezzando con dovuta delicatezza l’immagine di un uomo rimasto nel mito. Il Mito. Con la “m” maiuscola.
Di seguito il pensiero di Guido Schittone per Ayrton Senna :
“Senna è stato il primo – e probabilmente l’unico fino ad oggi – campione trasversale dell’automobilismo. La sua importanza trascende le imprese sportive. Va oltre, si insinua nella definizione di completezza. Non è un caso che a 25 anni di distanza dalla sua scomparsa la gente accorra in massa alle manifestazioni in suo ricordo. Tutti sentono in qualche misura di avere ricevuto da Ayrton qualcosa e per questo ne avvertono l’umanità più ancora che la bravura. Questo fenomeno che si avvicina a una sorta di religione, è usuale in Brasile, dove la secolare commistione di razze differenti ha creato misticismi paralleli. Ma in Europa è assai raro.
Senna per me è stato un compagno di strada. Non ero suo amico al contrario dei tanti che oggi vantano fratellanze tutte da dimostrare, ma un suo sparring partner mediatico, uno dei quattro-cinque prescelti che avevano il piacere di intervistarlo Gran Premio dopo Gran Premio, con il microfono in mano, senza comunicati stampa prefabbricati, senza il tam tam del chiacchiericcio da cui spesso nascono false notizie e falsi miti. Era il migliore anche in quello: manipolava – in senso contemporaneo – i giornalisti per arrivare a lanciare i suoi messaggi. Ed era difficilissimo creare un contradditorio polemico, facilissimo inventare una guerra su due piedi contro qualcuno che ne aveva sbarrato la strada o che aveva giocato sporco, ferendolo nel suo orgoglio, nella sua ambizione, nella sua accentuata sensibilità. Come un moderno eroe era capace di amore smisurato, di odi profondi ma, quasi fosse una contraddizione, di una analitica su se stesso e gli altri precisa, da cattedratico.
Con Senna, dico spesso, si è chiusa non un’era ma un vero e proprio evo. Imola 1994 è stato per il motorismo la Twin Towers 2001. Tutto dopo di lui è cambiato. Anche per me. Non per una questione anagrafica. Al contrario per la perdita progressiva del senso del mito nelle corse. Perché a parlare per Ayrton erano i suoi silenzi, il suo estraniarsi dagli altri, il suo pudore. Lo stesso che mantengo con i tanti ricordi che mi legano a quegli anni, all’emozione del chiacchierare con lui e di intuire dove voleva andare a parare. Credo ci capissimo al volo prima ancora di iniziare. Questo per me è stato Ayrton”.