Il Papa ai giornalisti: “Il male fa notizia, ma non dimenticatevi di raccontare il bene”
In Vaticano l’udienza ai membri della Stampa Estera, il Pontefice: “La comunicazione sia usata per costruire, non per distruggere”
Città del Vaticano – “Il giornalista umile e libero cerca di raccontare il bene, anche se più spesso è il male a fare notizia. Ciò che mi ha sempre confortato nel mio ministero di vescovo è scoprire quanto bene esiste tra di noi. Vi prego, continuate a raccontare anche quella parte della realtà che grazie a Dio è ancora la più diffusa: la realtà di chi non si arrende all’indifferenza, di chi non fugge davanti all’ingiustizia, ma costruisce con pazienza nel silenzio. C’è un oceano sommerso di bene che merita di essere conosciuto e che dà forza alla nostra speranza“.
E’ l’appello che Papa Francesco rivolge ai giornalisti membri dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, ricevuti nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, in Vaticano. “Stimo il vostro lavoro; la Chiesa vi stima, anche quando mettete il dito sulla piaga, e magari la piaga è nella comunità ecclesiale“, dice il Papa, sottolineando come quello del giornalista sia “un lavoro prezioso perché contribuisce alla ricerca della verità, e solo la verità ci rende liberi“.
Il ruolo dei giornalisti
Il Pontefice riconosce il “ruolo indispensabile” del giornalista, un ruolo, ammonisce, che “affida anche una grande responsabilità: chiede una cura particolare per le parole che utilizzate nei vostri articoli, per le immagini che trasmettete nei vostri servizi, per tutto ciò che condividete sui social media“.
Vi esorto dunque a operare secondo verità e giustizia, affinché la comunicazione sia davvero strumento per costruire, non per distruggere; per incontrarsi, non per scontrarsi; per dialogare, non per monologare; per orientare, non per disorientare; per capirsi, non per fraintendersi; per camminare in pace, non per seminare odio; per dare voce a chi non ha voce, non per fare da megafono a chi urla più forte.
Diversi i temi affrontati dal Pontefice nel suo discorso, primo fra tutti il riferimento alla virtù dell’umiltà, “essenziale per la vita spirituale; ma direi che può essere anche un elemento fondamentale della vostra professione“. Nel giornalismo potrebbero essere altre “le caratteristiche che contano: professionalità, competenza, memoria storica, curiosità, capacità di scrittura, abilità nell’indagare e nel porre le giuste domande, velocità di sintesi, abilità nel rendere comprensibile al vasto pubblico ciò che accade…”. Eppure, fa notare il Papa, “l’umiltà può essere la chiave di volta della vostra attività“.
Ognuno di noi sa quanto sia difficile e quanta umiltà richieda la ricerca della verità. E quanto sia più facile non farsi troppe domande, accontentarsi delle prime risposte, semplificare, rimanere alla superficie, all’apparenza; accontentarsi di soluzioni scontate, che non conoscono la fatica di un’indagine capace di rappresentare la complessità della vita reale. L’umiltà del non sapere tutto prima è ciò che muove la ricerca. La presunzione di sapere già tutto è ciò che la blocca.
E sottolinea: “Giornalisti umili non vuol dire mediocri, ma piuttosto consapevoli che attraverso un articolo, un tweet, una diretta televisiva o radiofonica si può fare del bene ma anche, se non si è attenti e scrupolosi, del male al prossimo e a volte ad intere comunità”.
Contro il sensazionalismo mediatico
Condanna quindi il sensazionalismo: “Penso a come certi titoli ‘gridati’ possono creare una falsa rappresentazione della realtà. Una rettifica è sempre necessaria quando si sbaglia, ma non basta a restituire la dignità, specie in un tempo in cui, attraverso Internet, una informazione falsa può diffondersi al punto da apparire autentica”.
“Per questo, voi giornalisti dovreste sempre considerare la potenza dello strumento che avete a disposizione, e resisterealla tentazione di pubblicare una notizia non sufficientemente verificata”, ammonisce Francesco.
In un tempo in cui molti tendono a pre-giudicare tutto e tutti, l’umiltà aiuta anche il giornalista a non farsi dominare dalla fretta, a cercare di fermarsi, di trovare il tempo necessario per capire. L’umiltà ci fa accostare alla realtà e agli altri con l’atteggiamento della comprensione. Il giornalista umile cerca di conoscere correttamente i fatti nella loro completezza prima di raccontarli e commentarli. Non alimenta l’eccesso di slogan che, invece di mettere in moto il pensiero, lo annullano. Non costruisce stereotipi. Non si accontenta delle rappresentazioni di comodo che ritraggono «singole persone come se fossero in grado di risolvere tutti i problemi, o al contrario come capri espiatori, su cui scaricare ogni responsabilità.
“Il pane buono della verità”
Poi, una raccomandazione: “In un tempo in cui, specialmente nei social media ma non solo, molti usano un linguaggio violento e spregiativo, con parole che feriscono e a volte distruggono le persone, si tratta invece di calibrare il linguaggio e, come diceva il vostro Santo protettore Francesco di Sales nella Filotea, usare la parola come il chirurgo usa il bisturi“.
“In un tempo di troppe parole ostili, in cui dire male degli altri è diventato per molti un’abitudine, insieme a quella di classificare le persone, bisogna sempre ricordarsi che ogni persona ha la sua intangibile dignità, che mai le può essere tolta. In un tempo in cui molti diffondono fake news, l’umiltà ti impedisce di smerciare il cibo avariato della disinformazione e ti invita ad offrire il pane buono della verità.
Il giornalista umile è un giornalista libero. Libero dai condizionamenti. Libero dai pregiudizi, e per questo coraggioso. La libertà richiede coraggio!
Dalla parte degli ultimi
Bergoglio ricorda poi i giornalisti “uccisi mentre facevano il loro lavoro con coraggio e dedizione in tanti Paesi, per informare su ciò che accade durante le guerre e le situazioni drammatiche che vivono tanti nostri fratelli e sorelle nel mondo”.
E rimarca: “La libertà di stampa e di espressione è un indice importante dello stato di salute di un Paese“. “Abbiamo bisogno di giornalisti che stiano dalla parte delle vittime, dalla parte di chi è perseguitato, dalla parte di chi è escluso, scartato, discriminato”, aggiunge il Papa.
C’è bisogno di voi e del vostro lavoro per essere aiutati a non dimenticare tante situazioni di sofferenza, che spesso non hanno la luce dei riflettori, oppure ce l’hanno per un momento e poi ritornano nel buio dell’indifferenza. Mi viene al cuore e alla memoria una domanda che uno di voi mi aveva fatto poco tempo fa: “Cosa pensa Lei delle guerre dimenticate?”. Ma quali guerre dimenticate? Quelle guerre che ancora sono in corso ma di cui la gente si dimentica, non sono all’ordine del giorno nei giornali, nei media. State attenti: non dimanticare la realtà, perché adesso “è passato il colpo”. No, la realtà continua, continuiamo noi. È un bel servizio questo. In concreto, le guerre dimenticate dalla società, ma che sono in corso ancora.
Quindi un “grazie” a quei giornalisti che aiutano “a non dimenticare le vite che vengono soffocate prima ancora di nascere; quelle che, appena nate, vengono spente dalla fame, dagli stenti, dalla mancanza di cure, dalle guerre; le vite dei bambini-soldato, le vite dei bambini violati. Ci aiutate a non dimenticare tante donne e uomini perseguitati per la loro fede o la loro etnia. Mi permetto una domanda: chi parla oggi dei Rohingya? Chi parla oggi dei Yazidi? Sono dimenticati e continuano a soffrire“.
“Ci aiutate a non dimenticare che chi è costretto – da calamità, guerre, terrorismo, fame e sete – a lasciare la propria terra non è un numero, ma un volto, una storia, un desiderio di felicità. La vostra Presidente ha parlato dei migranti: non bisogna dimenticare questo Mediterraneo che si sta trasformando in cimitero“, prosegue il Pontefice.
“Vi auguro di essere donne e uomini umili e liberi, che sono quelli che lasciano una buona impronta nella storia”, conclude il Papa.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media