Nessuna eutanasia, Noa Pothoven si è lasciata morire di fame e di sete
“Noa aveva scelto di non mangiare e bere più. Vorremmo sottolineare che questa è stata la causa della sua morte”.hanno chiarito i genitori.
La morte della 17enne olandese Noa Pothoven si lascia dietro uno strascico di polemiche, mentre emergono novità sulle modalità che escluderebbero il ricorso all’eutanasia. Noa, dopo lo stupro subito a 12 anni e la depressione da cui non si era risollevata, si è infatti lasciata morire di fame e sete, e il
ministero della Salute olandese ha avviato ‘un’ispezione sanitaria per verificare se è necessario aprire un’indagine’ vera e propria sulla vicenda.
“Noa aveva scelto di non mangiare e bere più. Vorremmo sottolineare che questa è stata la causa della sua morte”.hanno chiarito i genitori in un messaggio sul quotidiano locale De Gelderlander dopo le polemiche scatenatesi in tutto il mondo.
Noa “è morta in nostra presenza domenica scorsa”, scrivono ancora i genitori, rammaricandosi “profondamente” che sia stato suggerito dai media stranieri che la morta della figlia sia avvenuto per eutanasia attiva.
Eutanasia e suicidio assistito, che cosa sono
Eutanasia, rifiuto dei trattamenti, suicidio assistito. Nessuno di questi sembra esser stato il caso della giovane Noa, la 17enne olandese che ha scelto di morire a causa di una grave forma di depressione. “Se è vero che la ragazza si è lasciata morire, sembra piuttosto configurarsi un suicidio simile a quello di Giovanni Nuvoli, malato di sclerosi laterale amiotrofica a cui era stato rifiutato il distacco del ventilatore e che decise di non alimentarsi più e morire per inedia”. A sostenerlo è Mario Riccio, anestesista e rianimatore, noto per aver interrotto la ventilazione meccanica a Piergiorgio Welby, come da lui richiesto. Importante, però, aggiunge, “è fare chiarezza sui termini che in questi giorni si leggono sui giornali e che prevedono percorsi medici e legali diversi”.
EUTANASIA (anche detta eutanasia attiva)
E’ l’infusione di un farmaco che interrompe, in maniera rapida e indolore, la vita del malato che lo richiede. A compiere il gesto di somministrare la sostanza letale è una persona terza, un sanitario che la infonde endovena a chi ritiene di patire sofferenze eccessive a livello fisico o esistenziale. “Questa – sottolinea Riccio, oggi responsabile della Struttura di anestesia e rianimazione dell’Ospedale di Casalmaggiore, in provincia di Cremona – è l’unica forma di eutanasia che esiste in senso proprio, e per la quale si sta discutendo una legge di iniziativa popolare in Parlamento, sollecitata dalla Corte Costituzionale”.
INTERRUZIONE DEI TRATTAMENTI
“E’ un termine a volte indicato in modo improprio come eutanasia passiva, ma non ha nulla a che vedere con l’eutanasia”, spiega Riccio. Si riferisce invece al diritto, costituzionalmente previsto, del rifiuto di trattamenti che possono essere anche salvavita: questo principio è alla base della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat). Ad esempio, il distacco del ventilatore meccanico per Piergiorgio Welby e Walter Piludu, o della nutrizione e idratazione nel caso di Eluana Englaro (la cui volontà è stata ricostruita quando lei non era più capace di intendere e volere).
SUICIDIO ASSISTITO
Consiste nell’aiutare un soggetto che chiede di porre fine alla propria vita, ma in cui è lui stesso ad assumere un farmaco letale. Questa possibilità è prevista in Svizzera, dove si è recato Dj Fabo, aiutato da Marco Cappato. Fabiano Antoniani, pur essendo tetraplegico, ha potuto attivare una pompa infusionale schiacciando con i denti un pulsante. “In questo caso – precisa Riccio – l’aiuto è consistito nel predisporre il meccanismo che ha permesso di assumere la sostanza. Ma il gesto finale è rimasto suo”.