MedSeaLitter |
Interni
/

Plastic-free e rilancio economico: le sfide del Governo per fronteggiare il marine litter

13 giugno 2019 | 15:06
Share0
Plastic-free e rilancio economico: le sfide del Governo per fronteggiare il marine litter

Il sottosegretario all’Ambiente Micillo: “Totalmente favorevole alle ordinanze no-smoke sulle spiagge, nella tutela del mare è fondamentale la collaborazione con i Comuni”

Roma – Ordinanze plastic-free e no-smoke per salvaguardare i migliaia di chilometri di coste italiane, maggiore ascolto dei Comuni che vivono (o hanno vissuto) nel proprio territorio disastri ambientali, un maggior impegno per rilanciare un’economia “green”. Senza però dimenticare le direttive dell’Unione Europea in materia ambientale.

Sono queste, secondo il sottosegretario del ministero dell’Ambiente, Salvatore Micillo, le sfide che attendono il Governo giallo-verde nel fronteggiare il marine litter, ovvero l’inquinamento delle acque marine. Un problema sempre più diffuso, nel Mediterraneo come in tutti i bacini del globo, che rischia di distruggere non solo l’ecosistema, tanto affascinante quanto delicato, ma anche la salute degli uomini e l’economia legata al mare.

“Sono tante le idee di questo Governo per fronteggiare il marine litter, ma le difficoltà non mancano. Le direttive europee sono d’aiuto, ma serve un’accelerazione sui territori”, dice Micillo a Il Faro online a margine della consegna delle “Vele” di Legambiente alle spiagge più belle d’Italia (leggi qui). Una cerimonia avvenuta al termine della due giorni di presentazione del progetto MedSeaLitter (leggi qui).

Oggi a Roma con @medsealitterEU, Progetto UE per sviluppare protocolli comuni sul tema dei #rifiuti in #mare. Il mare non ha confini, lavoriamo insieme per proteggerlo dalla #plastica#medsealitter@minambienteIT@Legambiente@TouringClubpic.twitter.com/lZ6KTIVbMc

— Salvatore Micillo (@micillom5s) 12 giugno 2019

Partiamo dal plastic free non perché è più semplice, ma perché è la cosa più immediata per tutelare il nostro mare. Non comporta obblighi o condivisioni con altri Paesi e, soprattutto, serve a lanciare un messaggio, forte e chiaro, a tutti i cittadini, sia dal punto di vista ambientale che economico”, prosegue il sottosegretario.

Economia e ambiente – prosegue Micillo – sono due facce della stessa medaglia, devono camminare insieme. Sulle strategie di difesa dell’ambiente marino e delle discariche ci siamo fatti valere anche a Bruxelles. Importanti sono anche gli aiuti per l’efficentamento energetico, ovvero 500 milioni destinati a tutti i comuni che vogliono investire in pannelli solari, energie rinnovabili, piste ciclabili, ecc. Anche questo è un segnale forte”.

In Italia, sottolinea Micillo, anche “la Presidenza del Consiglio, assieme al ministero per lo Sviluppo Economico, sono al lavoro per trovare nuove strategie per rilanciare un’economia ‘green’.  Sono queste, oggi, le vere sfide che dobbiamo affrontare. Con il ministro Costa crediamo di averle già toccate, un esempio ne è il decreto ‘Salva Mare’ (leggi qui)”.

Fondamentale, in quest’ottica, il ruolo delle amministrazioni comunali, “perché una strategia che non arriva sul territorio vuol dire che non ha funzionato. Pallare di plastic free all’interno del ministero dell’Ambiente ma poi fuori non c’è una corretta gestione dei rifiuti è un bel problema. Fortunatamente, in Italia, oltre il 50 per cento dei Comuni attua la differenziata“.

Un dato non da poco, “perché significa che i disastri ambientali che abbiamo visto fino a vent’anni fa presto potrebbero essere solo un lontano ricordo; significa che aziende e Comuni, ma anche i cittadini, hanno speso e continuano a spendere tante energie per migliorare non solo la qualità della vita e dell’ambiente, ma anche l’economia stessa”, prosegue il sottosegretario.

Che spiega: “Parliamo di circa 80 miliardi che giovano all’economia circolare, di migliaia di posti di lavoro in tutto il green job. Questa è un’eccellenza italiana che il nostro Paese può mostrare con vanto al mondo intero. Lo stesso decreto ‘Salva mare’, che consente ai pescatori di portare a terra i rifiuti pescati al largo (fino a poco tempo fa questo era considerato traffico illecito di rifiuti), è un idea che ci stanno copiando in diversi Paesi. Questo intendo per economia circolare: collaborazione tra Istituzioni e cittadini”.

Infine, pieno appoggio alle ordinanze sindacali “no smoke” che vietano il fumo sulle spiagge: “Qualcuno si lamenta, dice: fumare all’aria aperta è un mio diritto. Ma questo rientra nell’educazione ambientale. E’ in atto una collaborazione tra Miur e ministero dell’Ambiente dove sono stati stanziati 300mila euro per entrare nelle scuole e creare quella sensibilità che porterà i cittadini a non fumare in spiaggia“.

“Ovviamente – conclude Micillo – ci vorrà più tempo. Ma quella delle spiagge ‘no smoke’ è un’ordinanza che condivido pienamente. Stare all’aria aperta non significa che la mia libertà finisce quando sento la puzza delle sigarette. Al contrario, significa condividere un momento di relax stando a proprio agio e, soprattutto, tutelando l’ambiente rispettando le persone che mi sono affianco“.

(Il Faro online)

Il progetto MedSeaLitter

Oltre 20.000 chilometri di transetti di mare percorsi, di cui circa 1.600 chilometri con piccole e medie imbarcazioni e quasi 19.000 km con grandi imbarcazioni (traghetto); 6.500 oggetti galleggianti registrati tra naturali (tra il 13 e il 25%) e rifiuti dovuti ad attività umane (tra il 75 e l’87%), di cui la maggior parte (tra l’80 e il 90%) composto da polimeri artificiali (plastica), mentre il restante è composto da carta (circa 3%), e poi vetro, metallo e tessuti. I monitoraggi per testare la metodologia di osservazione dei rifiuti sono stati effettuati durante il periodo da febbraio 2017 a dicembre 2018 nel Mediterraneo (es. costa spagnola, Golfo del Leone, AMP Capo Carbonara, lungo transetti transfrontalieri in mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio).

Nello specifico, in alto mare tramite traghetto, sono stati percorsi oltre 23.500 chilometri (per un totale di 2.088 chilometri quadrati) su rotte che percorrono il Mediterraneo (Ancona-Patrasso, Civitavecchia-Barcellona, Livorno-Bastia, Palermo-Tunisi, Tolone-Ajaccio, Tolone-Ile Rouse, Cagliari-Palermo) e sono stati registrati 4.859 rifiuti con dimensioni maggiori di 20 cm, con una densità media variabile da 1 a 10 rifiuti ogni chilometro quadrato percorso.

Lungo la costa invece, i monitoraggi sono stati effettuati con piccole o medie imbarcazioni dalle quali è possibile avvistare anche i rifiuti di minori dimensioni. Sugli oltre 1600 chilometri percorsi sono stati avvistati 1415 rifiuti con dimensione maggiore di 2,5 cm, per una densità che, secondo le stime, può arrivare sino a 600 oggetti per chilometro quadro di mare.

Il monitoraggio ha riguardato anche i rifiuti galleggianti alla foce del fiume Tevere. In questo caso, durante l’anno di osservazioni sono stati registrati 1442 oggetti, con una media che varia da 76 a 95 oggetti all’ora, di cui l’85% con dimensione compresa tra 2,5 e 20 cm e il restante superiore a 20 cm.

La comparazione tra i dati relativi agli oggetti maggiori di 20 cm in zone di alto mare, con quelli costieri e alla foce di un corso d’acqua come il Tevere conferma un gradiente che aumenta andando sottocosta fino alla foce dei fiumi, dimostrando che le foci sono gli input principali della dispersione dei rifiuti in mare e che le azioni di mitigazione devono considerare anche le aree dell’entroterra e non solo quelle costiere.

L’aumento dei rifiuti nel periodo primavera – estate conferma poi l’importanza della pressione antropica sulla produzione dei rifiuti nelle località costiere e marittime.

I risultati del progetto MedSeaLitter sono stati illustrati questa mattina a Roma, nel corso della prima giornata dedicata al progetto finanziato con fondi UE per oltre 2 milioni di euro, realizzato attraverso una rete di collaborazione tra Aree Marine Protette – supportate da istituti di ricerca, associazioni ambientaliste e università di 4 Paesi UE (talia, Spagna, Francia e Grecia), che ha permesso di sviluppare per la prima volta un protocollo condiviso di monitoraggio sui rifiuti marini e i loro effetti nel Mar Mediterraneo.

I monitoraggi effettuati tramite drone hanno permesso, invece, di registrare sottocosta una densità di oggetti che varia da 34 a 40 oggetti ogni chilometro quadro. Questi dati emergono dall’analisi di oltre 4700 immagini registrate a una quota variabile da 20 a 65 metri sul livello del mare.

Gli oggetti galleggianti più frequenti provengono dal settore pesca e da quello legato al cibo: il 23% sono cassette di polistirolo, il 16% bottiglie di plastica, il 15% frammenti di oggetti non riconoscibili, il 13 % buste di plastica e l’11% frammenti di polistirolo.

“Oltre 260 specie, tra cui invertebrati, tartarughe, pesci e mammiferi marini, – dice Patrizio Scarpellini, direttore del Parco Nazionale delle Cinque Terre – sono direttamente o indirettamente colpiti dal fenomeno; alcuni rimangono impigliati, altri ancora li ingeriscono, con conseguente disfunzione del movimento e dell’efficienza riproduttiva, lacerazioni, ulcere e morte. Il problema dei rifiuti marini e in particolare la frazione plastica, è un fenomeno che ha effetti devastanti non solo sulla biodiversità, ma anche sulla qualità delle acque e degli interi sistemi territoriali. Nel nostro parco la sinergia con i fruitori del mare è obbiettivo condiviso… il battello spazzamare, i libretti su cui si segnalano le “catture” e le presenze plastiche, l’informazione e la tutela, la formazione per i ragazzi e gli adulti”.

Il progetto ha messo a punto anche metodologie di analisi dei contenuti stomacali del biota per verificare la presenza di microframmenti di plastica grazie alle attività dei partner di MedSeaLitter in collaborazione con i centri di recupero tartarughe marine e le reti di monitoraggio degli spiaggiamenti. Anche questa metodologia viene messa ora a disposizione delle Aree Marine Protette.

Il monitoraggio effettuato ha rivelato la presenza di oggetti e frammenti plastici nel tratto digestivo di oltre il 65% delle tartarughe Caretta caretta esaminate e nel 50% dei pesci Boga. Lo studio è stato eseguito su oltre 130 esemplari di tartaruga marina Caretta caretta, già decedute, recuperate grazie alle reti di spiaggiamento tra il 2017 e il 2018 in Spagna, Francia, Italia e Grecia.

Le analisi delle feci e del contenuto del tubo digerente ha evidenziato la presenza di rifiuti ingeriti pari al 65%, con un’incidenza che varia dal 43% (in Italia) al 100% (in Spagna).

Il 70% delle particelle rinvenute è plastica. Nel 53% si tratta di frammenti di buste, per il 20% frammenti più spessi di oggetti e per il 9% filamenti di plastica. Tra gli oggetti identificabili trovati durante le necropsie ci sono, ad esempio, etichette di birra, bastoncini di lecca-lecca, palloncini e involucri di caramelle.

Per i monitoraggi sulle microparticelle ingerite dalle specie ittiche è stato usato come indicatore il pesce Boga (Boops boops). Nel complesso, tra il 2018 e il 2019, sono stati analizzati 750 individui e sono stati trovati oltre mille frammenti di plastica in poco più della metà di questi (51%), con una media presenza tra 1 e 5 frammenti, con un’incidenza variabile a seconda dell’area geografica di analisi.

“L’Unione europea è fortemente impegnata nella tutela dell’ambiente ed è in prima linea nella lotta globale contro i rifiuti marini – afferma Beatrice Covassi, Capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea -. Oltre alla definizione di politiche e provvedimenti normativi, come il piano d’azione per l’economia circolare e la direttiva sulla plastica monouso, l’UE sostiene finanziariamente progetti e tecnologie che contribuiscono a salvaguardare gli ecosistemi. In quest’ottica MedSeaLitter rappresenta un progetto molto importante: auspichiamo che il protocollo sviluppato venga adottato dal maggior numero possibile di Aree Marine Protette, in modo da definire modalità di gestione uniformi dei rifiuti marini per limitarne l’impatto ambientale.”

Il Mediterraneo è uno dei 25 biodiversity hotspots del mondo, ovvero una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È anche un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, e nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali.

Come per tutti i mari e gli Oceani, il Mediterraneo è fortemente minacciato dalle concentrazioni di rifiuti. La maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è composta da plastica (UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo, con concentrazione dei rifiuti in alcune aree comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto principalmente alla sua struttura di bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico.

L’impatto sull’ambiente e sul biota marino dei rifiuti, in particolare le plastiche, sono oramai noti anche al grande pubblico. Per poter conoscere nei dettagli il fenomeno, le fonti di origine, la distribuzione ed il rischio di esposizione del biota (in particolare i cetacei e tartarughe presenti all’interno della Direttiva Habitat per i quali la plastica galleggiante è considerata una minaccia per la loro conservazione) il programma INTERREG MED ha finanziato il progetto Medsealitter che aveva come scopo principale lo sviluppo e la validazione di un protocollo di monitoraggio del marine litter e dei sui potenziali effetti sulle specie animali marine protette. Il poter utilizzare un protocollo unico di semplice applicazione ma validato scientificamente, permette di paragonare nel tempo e nello spazio l’evoluzione del fenomeno, e quindi di valutare tempestivamente ed efficacemente i risultati delle misure messe in atto per la riduzione delle plastiche a mare.

E il progetto ha portato ai risultati sperati: la metodologia individuata per il monitoraggio dei rifiuti galleggianti andrà ad aggiornare le linee guida europee per i monitoraggi previsti dalla Marine Strategy, mentre in Italia il protocollo MedSeaLitter verrà utilizzato dalle agenzie regionali per i monitoraggi previsti in attuazione della Direttiva.

Un lavoro coordinato tra Francia, Spagna, Grecia e Italia (ISPRA, Parco Nazionale delle Cinque Terre, AMP di Capo Carbonara e Legambiente). Per la realizzazione, sperimentazione e validazione del solo protocollo relativo alla parte di osservazione visiva a mare sono stati percorsi più di 20.000 km da diverse imbarcazioni (con piccole imbarcazioni quali i gommoni dell’AMP di Capo Carbonara, le medie imbarcazioni tipo Goletta Verde di Legambiente, con i traghetti di linea del programma ISPRA FLT) censendo e georeferenziando più di 6.000 rifiuti. Altre osservazioni sono state condotte in mare utilizzando droni ed aerei, mentre un protocollo è stato sperimentato per le osservazioni visive alla foce dei fiumi. Le zone monitorate per la sperimentazione hanno incluso la costa spagnola, il Golfo del Leone, l’AMP Capo Carbonara, e transetti transfrontalieri in mar Ligure, Mar di Sardegna-Baleari, Mar Tirreno, Canale di Sardegna e Sicilia, Mar Adriatico e Ionio.

I risultati finali evidenziano come il protocollo messo a punto può essere utilizzato da diverse imbarcazioni e con l’uso di diverse tecniche, ovvero tramite monitoraggio visivo operato da un osservatore esperto o tramite la registrazione di immagini e/o video. Il metodo permette anche di valutare il rischio di esposizione ai rifiuti da parte delle specie quali cetacei e tartarughe.

La valutazione dei trend di abbondanza e dei materiali dei rifiuti marini galleggianti potrà dare un supporto alle politiche di riduzione dei rifiuti previste dalle Direttive Europee quali Waste e Strategia Marina. Lo sforzo scientifico nella validazione del protocollo realizzato dal progetto Medsealitter verrà inoltre capitalizzato sia a livello europeo, con il suo inserimento nelle Linee Guida del monitoraggio del Marine Litter per la Strategia Marina, sia a livello nazionale nel del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, con il l’utilizzo nei monitoraggi nazionali previsti dal Ministero dell’Ambiente.

(Il Faro online)