Omicidio Vannini, Antonio Ciontoli in lacrime: “Quelle di Vannicola sono solo bugie”
Il capofamiglia condannato per omicidio colposo: “Ho sbagliato, vorrei che i genitori di Marco mi concedessero il loro perdono”. E la Leosini attacca mass media e social network: “Federico e Martina non trovano lavoro per colpa della gogna mediatica”
Roma – Ancora lacrime, ancora una richiesta di “perdono e misericordia”. In prima serata, davanti alle telecamere di Rai 3, Antonio Ciontoli, continua a raccontare la sua versione dei fatti. Ribadisce di essere stato lui a sparare a Marco Vannini, il 20enne morto a Ladispoli nella notte del 18 maggio 2015 mentre era in casa della fidanzata, confermando quanto già detto durante il processo e nel corso della prima parte dell’intervista andata in onda sulla tv nazionale appena due giorni fa (leggi qui).
Alla scrivania di Franca Leosini racconta la sua versione dei fatti, smentendo quelle “chiacchiere” e “testimonianze” che vedrebbero Federico Ciontoli, il figlio, quale responsabile della morte di Marco Vannini.
Un’ipotesi smentita dalle carte processuali ma che, di recente, è tornata sotto le lenti degli inquirenti grazie alle rivelazioni di Davide Vannicola, un artigiano di Tolfa, secondo cui sarebbe stato Federico, e non Antonio, a sparare. A rivelarglielo sarebbe stato l’amico Roberto Izzo, il carabiniere di Ladispoli che, stando alle dichiarazioni del tolfetano, avrebbe consigliato ad Antonio Ciontoli di addossarsi la colpa per proteggere il figlio.
Una rivelazione, quella di Vannicola, giunta dopo quattro anni, che ha portato il maresciallo ad essere indagato per favoreggiamento e falsa testimonianza (leggi qui).
“Tutte bugie, è un millantatore“, dice più volte Antonio Ciontoli alla Leosini. Ribadendo: “Sono stato io. Ho fatto una stupidata, e me ne pento. Ma io e la mia famiglia non meritiamo questo accanimento nei nostri confronti, né da parte della stampa né da parte dei social”.
“Io e mia moglie viviamo chiusi in casa e lontano dai figli. Io esco solo in orari meno affollati per andare a fare un po’ di spesa. Non solo per la pressione mediatica o gli occhi puntati addosso, il sentirsi additato o insultato. E forse quello sarebbe il minimo. Ma perché stiamo soffrendo anche noi. E’ come vivere in un carcere a cielo aperto. Ecco la vita che conduciamo. Federico e Martina sopravvivono lontano da noi. Vivacchiano e lavoricchiano”
Martina e Federico Ciontoli, l’una infermiera e l’altro laureato in ingegneria, non riuscirebbero a trovare lavoro proprio a causa della gogna mediatica. E proprio contro questo odio interviene la giornalista di Rai 3: “I figli di Ciontoli non trovano lavoro. Si fanno lavorare anche i carcerati, ma a loro non si dà loro la possibilità di entrare nel mondo del lavoro?“.
“Quando i riflettori si spegneranno su questa vicenda e rimarrà solo il dolore lacerante a cui ho condannato per i giorni a venire i genitori e poi tutte le persone che amano l’angelo Marco. Non riesco a vedere futuro. Io oggi vedo un mondo in bianco e nero, non vedo colori e non vedo futuro. Che futuro posso vedere? Cercherò con tutte le mie forze di poter stare vicino alle persone a cui ho fatto del male. Da parte dei genitori di Marco mi piacerebbe che si aprisse uno spiraglio di misericordia. Voglio pagare per quello che ho fatto”, conclude Antonio Ciontoli in lacrime.
Ma mamma Marina e papà Valerio nei giorni scorsi sono stati categorici: “Il perdono? Solo dopo trent’anni di galera“. Nel frattempo, sui Facebook, come già accaduto due giorni fa, arriva il commento dell’avvocato Celestino Gnazi, legale della famiglia Vannini:
(Il Faro online)