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Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”

13 luglio 2019 | 06:00
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Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”
Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”
Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”
Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”
Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”
Silvia Semeraro: “Vinco nel mio karate, perché lo amo profondamente”

E’ una campionessa innamorata del suo sport, l’atleta dell’Esercito. Rabbia, determinazione e passione. Sue qualità sul tatami. Una delle azzurre più medagliate in Nazionale. L’oro di Minsk, una medaglia da ricordare

Il Faro on line – Silvia sul tatami è una tempesta di emozioni. E lo è perché ama il suo sport del cuore. Concentrazione, determinazione, tenacia. Passione. Probabilmente l’ingrediente più prezioso che accende poi il suo talento. E le 17 medaglie vinte in carriera lo testimoniano.

La chiamano la Belva Umana nell’ambiente delle arti marziali. E perché ci crede. Rabbia agonistica e voglia di vincere sempre. Anche da bambina. Non le piaceva tornare a casa senza alloro al collo. E il papà la tranquillizzava. Sarebbero arrivate le gare importanti in cui trionfare. E sono arrivate con gli anni. Come è giunta la divisa della Nazionale Italiana Fijlkam e quella del Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, la sua società di appartenenza. Non c’è per nessuna sul tatami. La Semeraro campionessa dorata dei recenti Giochi Europei di Minsk non ha pietà per le avversarie. Ma le rispetta ovviamente. Puntando sempre in alto per se stessa e per i suoi compagni di Nazionale. Ed è stata molto felice a Guadalajara. Ha vinto due bronzi.

Agli Europei della scorsa primavera, l’atleta azzurra ha conquistato due allori. Due terzi posti. Uno per lei e l’altro per le sue compagne di squadra. Una gara splendida quella, tutte insieme. Unite e compatte. Entusiaste. E lei, il jolly del team femminile, ha fatto del suo, anche se la sua mano era bloccata. Un infortunio l’ha frenata sul tatami. Ma anche se l’oro individuale è sfumato e con tanto dolore, come dice Silvia nella sua intervista, una medaglia è giunta. E due anche. E allora, il bronzo europeo a squadre con Clio Ferracuti, Laura Pasqua e Lorena Busà, è stata una medaglia bellissima. Emozionante. Ha sofferto Silvia in quella competizione. Lo dichiara con tranquillità dopo tanti mesi. Appena iniziato il torneo ecco il polso che si rompe. E ha dovuto cambiare guardia. La guerriera Silvia in gara ha dovuto ingoiare il rospo del momento e adattarsi. Ma ha mollato ? No. Non è da lei. E allora, anche grazie ai consigli preziosi del suo coach in Nazionale, Savio Loria, è andata avanti. Senza paura. Salendo fino al terzo gradino del podio, individuale. E poi si è presa anche quello a squadre. Un Europeo da ricordare. Tante le medaglie per l’Italia in quella edizione spagnola. Direzione Tokyo 2020. E con la stessa grinta Silvia vuole prendersi il pass olimpico. Da settembre ricomincia la nuova stagione agonistica ed è pronta a fare del suo meglio per realizzare il sogno di una vita.

Parla del suo karate e di se stessa sul tatami, come lo combatte. La sua passione traspare dalla sua voce e si comprende che questo sport è il suo respiro quotidiano. E’ una dichiarazione d’amore che lei fa nella sua intervista, nei confronti del karate stesso. L’unico vero amore che probabilmente non la lascerà mai. E’ una perfezionista Silvia Semeraro. Nel caso di vincere o perdere, lei non smette mai di studiarsi, di migliorarsi. Così fanno le campionesse e con generosità prende per mano anche chi un giorno vorrà diventare come lei. Un suo desiderio è quello di insegnare in futuro. Il karate fa crescere. Dona equilibrio interiore e trasmette sani principi. Era timida la Semeraro da bambina, ma grazie al karate ha potuto grattare questa parte di sé per far uscire il meglio: “Il karate mi ha fatta uscire”. Così dichiara Silvia. Mentre si trova in Puglia per un periodo di vacanza, parla di sé e del suo mondo bellissimo delle arti marziali. E allora, siccome quel mondo le ha donato grandi soddisfazioni e tante felicità sportive e umane, lo vorrà donare anche ai bambini un giorno. Allievi o figli. E’ pronta Silvia a farlo, perché la sua passione per il karate è un fiume in piena. Come lei stessa agisce in gara. E quella medaglia di Guadalajara al Mondiale Juniores è il ricordo più bello. Campionessa nel 2013 e terza in Europa sei anni dopo. Ci è tornata Silvia in quel palazzetto. E quindi quel bronzo vinto agli Europei, mentre sognava l’oro continentale, ha avuto tutto un altro sapore per lei. Capita nello sport. Destini, coincidenze, situazioni ed episodi che si ripetono, in epoche diverse della vita. E quando un cuore è innamorato di quello che fa, parla all’Universo e il Creato ci mette del suo. E probabilmente il cuore di Silvia palpita per il suo karate. E lo ha fatto anche nel 2013 e nel 2014. Titolo mondiale ed europeo conquistati. Due anni eccezionali per lei. Giovanissima. Si è ripetuta poi nel 2015. Altro oro europeo da mettersi al collo. Nel kumite la Semeraro ha sempre alzato voce e anima sul tatami. Al Mondiale dello stesso anno, è salita sul terzo gradino del podio e ancora nella sezione giovanile della Nazionale Italiana.

E fino ad oggi sono arrivate 11 medaglie in Premier League (4 ori, 5 bronzi e 2 argenti). Si è accorto di lei il karate dei grandi. E’ diventata lei stessa grande. Colonna dell’Italia Team del karate che sogna di prolungare la sua presenza alle Olimpiadi. Oltre Tokyo. Ecco Parigi 2024. Un desiderio per Silvia, da condividere con gli altri. In tutto il mondo. E’ uno degli sport più praticati e ci tiene la Semeraro che resti nella gold list a Cinque Cerchi. Non solo per il lato agonistico. Il karate salva dalla strada. Lo fa lo sport. Prende per mano giovani e adulti e insegna a vivere. Ci crede Silvia e con la stessa passione che mette sul tatami lo dichiara. Lo sottolinea. E’ una ragazza generosa la campionessa dell’Esercito. Ama fare del bene e aiutare. E vincere poi sul tatami. Un vulcano in piena, di passione, generosità, altruismo e rabbia agonistica. Ha vinto tanti titoli italiani nel peso dei 68 chilogrammi. La sua categoria della felicità. E ha trovato equilibrio ed entusiasmo Silvia anche grazie al suo allenatore azzurro. Savio Loria la segue costantemente: “Mi segue h24”. Come lei stessa dice. Si allena spesso a Torino, alla palestra del Cus Torino Karate, dove il tecnico azzurro insegna ed è Maestro di tanti allievi giovani e adulti. E la Semeraro cresce e si impegna ascoltando i consigli di una leggenda del karate mondiale. Savio ha scritto pagine importanti nella disciplina e la sua eredità è preziosa per una ragazza che sogna sempre di dare il massimo.

E allora Silvia ci crede. Attenta, concentrata e mai doma. Se si infortuna, cambia guardia. Se arriva in finale per il bronzo, lo vince. Se arriva in cima, come è accaduto a Minsk, scrive la storia. I suoi primi Giochi Europei, in odore di Olimpiade. E con l’oro vinto al collo. Tutto è possibile allora per la quinta in classifica. Nel ranking del cuore, quello a cui tutti guardano in questi mesi, Silvia Semeraro sta lì tra le prime, per il kumite dei 68 kg. Deve arrivare prima o seconda per prendere l’aereo per Tokyo. E Silvia lo farà. Perché non molla mai.

Sei appena tornata da Minsk dove hai vinto uno splendido oro nel kumite. Una competizione in odore di Olimpiadi. Quali sono le tue impressioni post vittoria ?

“Nel 2015 c’è stata la prima edizione a Baku. I Giochi Olimpici Europei. Ero troppo piccola allora e non sono riuscita a qualificarmi. Quest’anno invece sono andata. Sono stata onorata di partecipare e ero molto grata di questo. Mentre scorrevano le eliminatorie mi gasavo ancora di più..per riuscire a portare a casa una vittoria che per me era importante. Anche se non inserita all’interno del ranking olimpico. Era una cosa solo mia. Volevo avere la vittoria e ho messo tutta me stessa per conquistarla. Ho portato allora a casa questo oro. E tanta esperienza insieme. C’è stato un impegnativo lavoro tattico svolto con Savio Loria, che è il mio allenatore. Mi supporta lui, quando faccio su e giù da Torino. A Roma mi allena invece Nello Maestri. Quando sono in Caserma, al Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito. Per me questa gara è stata emotivamente difficile da  gestire. Il mio tatami era quello più ripreso, anche da SkySport. Infatti tutti i parenti mi hanno vista da casa. Fisicamente, tra un incontro e l’altro, ho avuto sempre un po’ di tempo per recuperare energie. Fisicamente non l’ho sofferta la tensione. Bastava solo sapersi spegnere e accendere mentalmente. Sono riuscita a farlo con Savio. Molto ma molto bene”.

Il tuo allenatore in Nazionale è Salvatore Loria. Come  ti trovi con lui ? Quale lavoro svolgete insieme, in previsione delle gare ?

“Con Savio Loria ho un rapporto simbiotico. Quando combatto sul tatami, mi basta un suo sguardo per capire quello che devo fare in gara. Allenandoci anche insieme, lui conosce i miei punti deboli e quelli di forza. Stiamo cercando di fortificare tutti quei punti deboli che ho. Lui è stato un grande campione e oggi è il tecnico della Nazionale Italiana, mi segue “h24”, sia in Nazionale che quando vado ad allenarmi a Torino. Questo mi ha fortificato tantissimo. Mi mancava un punto di riferimento. Ho trovato la mia stabilità e il mio equilibrio”.

Agli Europei di Guadalajara hai vinto due bronzi. Uno individuale e uno a squadre. Come sono state per te queste medaglie ?

“Emozionatissima. Alcuni anni prima nella stessa località, vinsi il mio Mondiale Juniores. Ero nello stesso palazzo dello sport. Un’emozione grandissima per me, era familiare. Come ci consiglia di fare sempre il nostro psicologo Stefano Albano.. l’ho reso familiare quell’ambiente. Mi ha trasmesso belle sensazioni. Senza ansia. Me lo sono goduta al 100%. E’ stato un Europeo particolare tuttavia. Posso dirlo ora a distanza di tanti mesi. Al primo incontro mi ero fatta male e il mio polso era completamente bloccato. Non potevo più utilizzare la mia consueta guardia sinistra. Ho dovuto cambiarla allora. Ho svolto una competizione insicura a livello di difesa. Il pensiero andava sempre sulla mano. Non potevo fintare e non potevo neanche toccarla. Durissimo di testa. Fisicamente sentivo dolore, ma la testa mi frenava. Ho cercato di andare oltre l’ostacolo e di stringere i denti. I miei allenatori mi sono stati vicini. Sono andata avanti e mi sono trovata in finale di pool con la mia avversaria francese. Purtroppo il dolore è aumentato. Ho dovuto cambiare guardia e sono andata in svantaggio, recuperando solo di un punto. Ho perso quindi. Sono andata a fare appunto la finalina per il bronzo. Che poi ho vinto. Avevo una grande rabbia dentro di me. Una voglia immensa di portare a casa almeno una medaglia. Mi sono trovata in finale per il bronzo, mentre sognavo l’oro. E avevo l’incognita anche del terzo posto, per colpa del mio infortunio. Avevo il doppio della tensione addosso. E’ andata bene però. Ho vinto la medaglia individuale europea. Il giorno seguente mi sono fatta avanti per partecipare alla gara a squadre. Ho detto: “Anche se mi fa male la mano, voglio esserci”. I miei coach mi hanno risposto che ero il jolly della squadra. Potevo dare “una grande mano” al team femminile. Ma siccome la mano mi faceva male (ride).. c’hanno pensato un po’.. poi hanno capito e visto la mia voglia di combattere e di rifarmi. E allora abbiamo fatto una gara a squadre spettacolare. Eravamo compatte, unite. Emozioni uniche. Una incitava l’altra. Siamo riuscite ad arrivare in finale di pool. “Mangiandoci” tutte le squadre. Un bellissimo Europeo, più di tutti gli altri. Sentito e voluto. Abbiamo perso contro l’Ucraina, in verdetto, pur combattendo e dando il cuore sul tatami.. siamo andate poi a fare la finale per il bronzo. Vinta. Io personalmente ho portato a casa una seconda medaglia. Ero contenta soprattutto perché avevo contribuito al terzo posto delle mie compagne di squadra. Loro nelle gare individuali non erano salite sul podio. Ho gioito anche per loro e pure per me. Seconda medaglia a casa, anche se di bronzo. Sempre sul pezzo e sempre sul podio”.

Ha vinto in tutto 17 medaglie internazionali. Tantissime gare. Qual è secondo te, quella più importante che ti è rimasta nel cuore ?

“E’ difficile dirlo. Nella categoria giovanile, la medaglia più bella è stata l’oro vinto a Guadalajara. Il primo Mondiale vinto. Tra tanti argenti e bronzi conquistati. Ero più piccola in un palazzetto gigante. Nelle senior invece oltre quella ai Giochi del Mediterraneo dello scorso anno, la mia gara più bella, emozionante e importante..è stata questa ai Giochi Europei di Minsk. Per tanti motivi insieme. Era una gara importante per il Coni ma non solo. Eravamo sotto i riflettori. Per la prima volta ai Giochi Europei, il karate è stato trasmesso in televisione. Abbiamo fatto vedere la bellezza del karate. Molto gratificante partecipare. E poi eravamo in Bielorussia con le migliori otto nazioni. Non tutte. Ma con le migliori. Eravamo selezionati tra tanti atleti del Vecchio Continente. A livello top. Riuscire ad emergere tra le migliori otto atlete della mia categoria di peso, ha significato raggiungere l’apice. Come aver fatto l’Olimpiade. Ho assaporato un po’ le Olimpiadi.. spero di arrivarci e di vincerle a Tokyo 2020”.

Com’è Silvia sul tatami ? Che  cosa metti di te nel karate ?

“Il karate sin da piccola, a differenza di tanti bambini, non l’ho mai praticato per gioco. Non l’ho mai visto come un divertimento. Sapevo che fosse uno sport, ma l’ho praticato sempre con caparbietà, determinazione. Ero fissata con la medaglia. Dovevo vincere sempre. Anche da piccola negli esordienti A e B. Quando perdevo negli esordienti A perché non toccavo..tornavo a casa un po’ triste e mio papà mi consolava e mi diceva che le gare importanti sarebbero arrivate per salire sul podio: “Le farai da grande”. Mi diceva. Io me la prendevo però. Anche nei giochi quotidiani con gli altri bambini, volevo sempre emergere. Avevo quel carattere fiero. Volevo far uscire il mio carattere e dimostrare che io non volevo perdere. Che è diverso dal non saper perdere. Crescendo ho imparato a farlo e grazie pure al karate. Il mio sport mi ha insegnato che le sconfitte ti migliorano. Guardi i video e osservi come sei andata, correggendo la tua tecnica. Si può migliorare  grazie alle sconfitte e andare a vincere tanto altro ancora. Con le vittorie non ho placato la mia sete di medaglie e di successo. Anzi. Vado a revisionare i filmati per perfezionare le tecniche. Magari nella vittoria e presa dall’euforia si dimenticano le cose che non vanno..invece io sono sempre abbastanza autocritica. Sia con me stessa che con le mie tecniche revisionate. Guardo gli altri, ma preferisco osservare me stessa. Per comprendere quello che non è andato”.

Che cosa ti ha dato il karate e quali sono i suoi valori secondo te ?

“Il karate mi ha fatta crescere tantissimo. Il rispetto, la disciplina, la fiducia in quello che fai, insieme alla motivazione. Il mio sport mi ha fatto “uscire”. Mi ha tirato fuori quello che non sapevo di avere. Credo sia la citazione migliore da dichiarare. Vera. Sincera. Netta. Il karate mi ha fortificato lati del mio carattere che non sapevo di avere. Erano dentro di me. Ero molto timida da piccola. Poi ho cominciato ad essere più sicura di me, più spavalda. Un po’ di timidezza c’è sempre, ma mi ha fatto crescere sotto tanti punti di vista diversi. Non solo nelle tecniche del karate. A livello caratteriale ti forma tantissimo. Tutti i bambini dovrebbero praticare il karate, anche se non bravi. Quello non fa nulla. A livello mentale (organizzazione, precisione e attenzione) tutti dovrebbero farlo. Ti forma e ti inquadra già da piccolo. Non è uno sport violento, ma ti trasmette l’autodifesa. Possono farlo sia uomini che donne. Non è solo per gli uomini. Ci sono tante donne nel mondo che lo praticano e sono anche forti. E’ uno degli sport più praticati. Serve. Al bambino, all’atleta, al professionista e al futuro adulto che sarà. Quando un giorno insegnerò, non lo farò solo con la tecnica e la preparazione fisica, ma pure con i suoi valori. Voglio trasmettere i valori di quello che ho imparato io. Ai miei allievi e ai miei figli. Trasmettere quello che vuol dire perdere e vincere in gara. E trasmettere quello che sono state le mie emozioni sul tatami. Diverse da quelle che vivranno loro, ma voglio dare il mio contributo. Ciò che gli atleti gradiscono di più”.

Come sei nel karate e nella vita ?

“Silvia ha due facce. Anche e è brutto dirlo (ride). Una è quella dell’atleta, della professionista. Quella che si allena e combatte. Mi trasformo poi sul tatami. Mi chiamano “Belva Umana” (ride). Riesco ad ottenere caparbietà e rabbia in gara, la giusta determinazione e tenacia. Sono un’atleta che sul tatami si vuole imporre, dominare e farsi sentire. Sul tappeto e dagli atleti. Coinvolgere anche gli arbitri, non amo subire e vedere che la mia avversaria prende il sopravvento. Non è proprio nelle mie corde caratteriali. Ce l’ho anche nella vita. E so quello che voglio. Quando combatto in gara esce il mio lato aggressivo, non mi risparmio. Questo è sicuro. Cerco sempre di dare il massimo. Di fare sempre quello che sento. Oltre l’aspetto tattico. Metto anche tanta spregiudicatezza e istinto, che secondo me, serve per raggiungere quell’obiettivo massimo che se ragionato perde valore e calore. Ti freni. Se non pensi e vai oltre l’ostacolo lo superi sicuramente. La paura la metti da parte. Nella mia vita quotidiana invece, oltre lo sport, resto sempre molto vivace, solare e altruista. Mi piace fare del bene. Se faccio le cose con il cuore è perché lo sento veramente. Altrimenti non le faccio. Non mi espongo se non so le cose e se non voglio far vedere determinate cose. Se lo faccio è perché c’è un motivo. Sul tatami se faccio una cosa è perché ho motivazione..e forse è quello che mi fa vincere (ride). Razionale nella vita normale e istintiva nel karate. Più pazzerella”.

Il prossimo anno ci saranno le Olimpiadi a Tokyo. Qual è il tuo sogno ? E vorresti che il karate proseguisse ai Giochi Olimpici ?

“Discorso Olimpiadi. Per un’atleta come me che pratica il karate per professione, giorno per giorno, privandomi di tante cose nella mia adolescenza (come tanti altri atleti).. sarebbe importante che il karate restasse olimpico. Per fare cose importanti ti devi privare di altre, fare tanti sacrifici, se no non le ottieni. Troppe distrazioni ti fanno sbagliare strada. Fare il giusto e al momento giusto. Prima il dovere sul tatami e poi il divertimento. Io sono cresciuta facendo tanti sacrifici. Spero di arrivarci alle Olimpiadi. Sono quinta in ranking mondiale. Devo arrivare nei primi due posti per partecipare. Spero di vincerle e spero che vengano riconfermate per Parigi 2024. E ancora oltre. Se riescono a confermarle, dopo Tokyo non sarà più dimostrativo il karate ma effettivo. Sicuramente avremo molti più iscritti e ragazze e ragazzi che vorranno praticare il nostro sport. Li togliamo dalla strada e dalle cattive distrazioni. Il karate lo fa. Salva molte persone. Come fa lo sport. Non è facile qualificarsi. Già ho fatto tantissime gare. Premier League, Karate A, Mondiali ed Europei. Ne farò ancora. La prossima a settembre. Premier League di Tokyo. Poi andrò a Madrid. In Cile e Parigi. Mi auguro di non arrivare alla gara di qualificazione diretta, ma prendermi il pass olimpico man mano..prima. Questo è il mio obiettivo. Ciò significa che ogni gara bisogna andare a podio o restare tra le prime cinque per fare punteggio”.

Foto (grazie alle gentile concessione di Silvia Semeraro)