Federico Morlacchi: “Al Mondiale darò il massimo e dopo Tokyo 2020 si gira pagina”
Il pluricampione paralimpico di nuoto si racconta. Al Polo Natatorio di Ostia e alla vigilia di Ferragosto, l’azzurro descrive carriera e obiettivi. Mondiale, Europeo e poi la Paralimpiade. Non solo sport nella sua vita però. Dopo il 2020 si cambia strada
Ostia – Nel momento della sua intervista al Polo Natatorio di Ostia Lido, Federico arriva in monopattino. Dopo una impegnativa seduta mattutina di allenamenti, si concede un po’ di riposo fisico per raccontare di sé e della sua lunga, lunghissima carriera.
Il raduno al Polo Natatorio di Ostia e gli inizio in piscina a Luino
Al Centro Federale lidense, a due passi dal mare e sotto il caldissimo sole estivo, l’atleta della Polha Varese si allena e si è allenato in questi giorni, insieme ai suoi compagni della Nazionale Italiana di nuoto paralimpico. In preparazione del Mondiale che si svolgerà a Londra a settembre, il campionissimoMorlacchi descrive quelle emozioni particolari che solo uno sport come il nuoto è in grado di dare. Aveva solo tre anni quando il medico glielo consigliò. Affetto da una ipoplasia congenita al femore sinistro, il suo dottore gli disse di immergersi in piscina per aiutare il muscolo a forzare. E così fece. Ma a Luino, nel profondo nord, come lui stesso scherzando, ama definire, non avrebbe mai immaginato un giorno di contarne 42 di quelle medaglie vinte in campo internazionale. Tante, tantissime, troppe. Meritate.
Le medaglie paralimpiche e i record. Tantissime e tantissimi
10 anni di carriera per lui ed anche con tanti record registrati e si stupisce nel dirlo. 7 medaglie alle Paralimpiadi. E l’oro di Rio 2016 nei 200 misti SM9 a guidare la sfilata degli allori più belli. E’ proprio quella medaglia che lui ricorda di più, dentro. Sensazioni forti. Ma immagini zero. Di quella gara non ricorda nulla. Succede nello sport ai campioni veri. Talmente forte la concentrazione e la determinazione avute in finale. Uno stacco dalla realtà. A molti atleti succede. Anche al pluricampione mondiale di karate Luca Valdesi ad esempio e detto da tutti. Nelle sue gare di kata individuale tornava sul tatami al termine della performance. E così anche per Morlacchi a Rio. Toccare la piastra ha voluto dire tornare in acqua, anche con la mente. E nella gioia più assoluta. E’ stato l’atleta azzurro più vincente alle Paralimpiadi brasiliane. Non solo il primo posto nei 200 misti. Anche tre argenti per lui. Nei 100 metri farfalla (S9), nei 400 metri stile libero (S9) e nei 100 rana (SB8).
Da Poiani, fino a Mazzoni. Per Morlacchi atleti da imitare e ammirare. Lui guarda solo se stesso in piscina. E dopo Tokyo, una nuova vita a cui pensare
E’ uno degli atleti più importanti in Italia e nel mondo. Uno dei primi a dare forza al movimento paralimpico del nuoto. Prima di lui lo avevano fatto Maria Poiani, Cecilia Camellini e Carlo Mazzoni. Lo dice Federico e con profonda ammirazione, per questi amici e poi modelli da seguire. Ma tuttavia, il campione mondiale di nuoto paralimpico ama guardarsi direttamente. Si concentra su se stesso e via. Sia in allenamento che in gara. Sguardo basso in piscina e cuffietta in testa. E con la passione di un ragazzo e il talento di un mito del nuoto. Mai staccare l’atleta dalla persona, lo ammette Morlacchi. E quando si finisce di gareggiare, la vita continua sicuramente senza rimpianti. Perché la vita non deve essere solo nuoto per un campione. C’è la persona dietro. E lo sottolinea con forza. Anche a lui capiterà. Dopo Tokyo 2020 girerà pagina. Vorrà formarsi una famiglia e lavorare. Probabilmente nello sport. Non si sa ancora. Ma il pensiero di crearsi un altro tipo di realtà, oltre quella sportiva, esiste: “Dopo le Paralimpiadi vedremo”. E intanto ecco tanti impegni in calendario. Importanti. Per il Comitato Italiano Paralimpico i 22 della Nazionale Italiana sono gioielli di seguire e da cullare. Da far crescere. E nella serenità del Polo Natatorio di Ostia, centro di allenamento e di foresteria per gli atleti ospiti, si prepara la prossima competizione internazionale.
Gli allenamenti premondiale. Mattina e pomeriggio. Sacrifici e benefici per le finali internazionali
Alla vigilia di Ferragosto ancora in acqua gli azzurri e niente gavettoni per il 15. Solo allenamenti e concentrazione. Troppo importante il Mondiale paralimpico 2019 che proietterà tutti verso le Paralimpiadi di Tokyo 2020. E sotto al Monte Fuji non si scherza. E già ora non lo si fa. Secondo Federico si punta dritto all’obiettivo e con costanza. Con rabbiaagonistica. E dal 9 al 16 agosto si è sudato allora sotto il sole di Ostia e in mezzo a schizzi di bolle. Nella piscina esterna, blu e grande, mattina e pomeriggio. Utili quegli allenamenti alle 7 di ogni giorno e soprattutto in previsione proprio di quelle batterie del mattino che decideranno la start list delle finali successive. Abituarsi poi agli orari ferrei e costanti è fondamentale per vivere al meglio il Mondiale di settembre. Lo dice Federico raccontando di un mondo del nuoto che lo prese sin da bambino e che oggi lo vede uomo. Cambiato di carattere e più maturo. Nonostante la disabilità si guarda oltre e ci si sente particolari. Speciali forse. Un contesto a sé diverso il paralimpico, secondo Morlacchi rispetto all’ambiente olimpico. Ogni movimento sportivo ha una propria storia da rispettare e portarsi dietro. Come ce l’hanno gli atleti coinvolti e ciascuno con un proprio spazio in cui esprimersi. Spiega allora particolarità e momenti storici il plurimedagliato azzurro.
L’oro mondiale di Glasgow e la sfida interna con Arjola Trimi
Vorrà aggiungere certamente la medaglia numero 15 alla sua personale bacheca mondiale. Già 4 ori, 7 argenti e 3 bronzi in palmares. Nel 2013, un oro nei 100 farfalla nel suo primo Mondiale, poi il titolo iridato del 2015 a Glasgow, uno dei ricordi più belli da conservare in mente. Un primo posto nei suoi 200 misti che ha fatto la differenza e segnato la storia. E arrivato dopo che la sua compagna di squadra Arjola Trimi aveva vinto l’oro nei 50 dorso. Una sfida tra loro in Nazionale, a chi vince più medaglie. E il Cannibale Morlacchi, come tutti lo chiamano, non poteva certo perdere. Lo racconta simpaticamente Federico. Dopo aver sentito della vittoria di Arjola è entrato in acqua e si è dannato l’anima. Come lui stesso ama raccontare. Una virtuosa rivalità azzurra allora tra i talenti vincenti di una Italia che vince sempre in campo internazionale. L’orgoglio di Luca Pancalli. E per i Mondiali di Londra si vorrà continuare su questa strada. Ma Federico non potrà probabilmente partecipare nei 200 misti. La mononucleosi avuta lo ha debilitato nei mesi scorsi e rallentato la preparazione utile per questa gara: “Non starò al 100% a Londra – dice Morlacchi – ma quel 90% che ho addosso lo darò tutto. Ai Mondiali vedremo”.
Un campione a cui tutti guardano. Modello da seguire in piscina. E nella vita. Stimolo per chi cerca il riscatto nello sport
Un atleta simbolo della Nazionale azzurra. Nel nuoto paralimpico è tra i più vincenti e più importanti al mondo. Quelle sue 42 medaglie parlano chiaro. Un campione, un patrimonio di nuoto. E modello per tanti. Giovani e vecchi. Lo stesso suo amico e campione azzurro Simone Barlaam guardava Morlacchi gareggiare prima di esserne compagno in Nazionale. Danno speranza gli atleti paralimpici. Lo sport può tirarti fuori dai guai. Può integrarti. Può migliorare la tua vita. Con disabilità o meno. E nel mondo paralimpico segna il solco del cambiamento: “Se c’è il giorno sbagliato, cancelli e ci riprovi domani. Lo sport ti insegna prima di tutto a perdere”. Lo ammette Federico. Dicendo che da Londra 2012, tutto ha preso un’altra strada. Una grande visibilità mediatica in quella competizione. Come se il mondo si fosse finalmente accorto del mondo paralimpico e lui a gareggiare anche lì: “Bellissima la Paralimpiade di Londra”. Lo dicono i suoi occhi e lo sottolinea la sua voce, come se tornasse indietro a quelle immagini di tanti anni fa. Tre bronzi in bacheca in quella competizione storica. Nei 100 metri farfalla, nei 400 metri stile libero e nei 100 rana.
Gli allori europei e i titoli istituzionali dal Presidente della Repubblica
E quegli allori anche europei messi al collo sono anch’essi il risultato di una mentalità dura che lui stesso adotta in piscina per non mollare mai. Entusiasmo ed impegno. Sempre. 15 le medaglie continentali, con 10 titoli a brillare. Due nei 100 farfalla, due nello stile libero, dei 100 e 400, due nei 200 misti e due nei 100 rana. Titolatissimo. Uno dei grandi. Un atleta eclettico che non sbaglia nei diversi stili e classi di gara che gli competono. Grazie ai suoi successi sportivi Federico ha conseguito il Collare d’Oro al Merito Sportivo. Nel 2016 e nel 2019. E’ Cavaliere e Commendatore della Repubblica Italiana. Un campione Morlacchi. Che punta sempre in alto. E dopo il nuoto ? Un’altra bellissima vita a cui puntare. Con la stessa forza e determinazione. Ma solo dopo Tokyo si deciderà. Intanto l’Italia aspetta ancora i suoi successi. E tra poco a settembre, Federico potrà gioire ancora. Sul podio mondiale.
Caro Federico, la tua passione per il nuoto ti ha portato lontano. Anche da casa. Puoi raccontare la tua esperienza ?
“Sono di Luino, una località in provincia di Varese. E abito a Milano. Vengo dal profondo nord (ride). Ora 20 gradi.. e invece noi siamo qui ad Ostia a 36 gradi a scioglierci (ride). Era un’esperienza da fare però. Sia per il nuoto che per lo studio. Dal mio profondo nord mi sono spostato verso Milano ormai da sette anni. Ho studiato Osteopatia. Dopo 5 anni più uno ce l’ho fatta. E’ stato un percorso molto bello. Osteopatia non è ancora una professione riconosciuta. E quindi non è neanche una laurea. E’ un diploma. Secondo me per avere un pezzo di carta e studiarci cinque anni, vuol dire che devi averne proprio voglia.. E’ la passione che ti spinge. Come un motore. Come accade per il nuoto”.
Come hai cominciato a praticare il nuoto ?
“Ho cominciato all’alba dei tre anni per scompensi dati dalla protesi. Ho 26 anni. Sono abbastanza grandicello (ride). Questo è il mio decimo anno in Nazionale. Sono davvero tanti anni. Ho cominciato grazie ad un medico che mi aveva detto di iniziare a fare nuoto per rafforzare senza la protesi. In Brasile ad esempio lo sport e la riabilitazione vanno di pari passo. Come ti fai male ti mettono a fare uno sport per recuperarti. Di solito è l’acqua. La piscina. Sono molto bravi nel nuoto, ma è più un fenomeno sociale. Ti da la possibilità di uscire, ti integra, ti fa fare cose. Di capire i tuoi nuovi limiti e possibilità. E’ socialmente utile. Ho iniziato quindi a fare le mie bracciatine a Luino e non sapevo neanche l’esistenza del mondo paralimpico. Fino all’età di 8 anni. Era ancora piccolo. Il movimento si è ingrandito dentro. Io ne do l’esplosione a Londra 2012. C’è stata una grande esposizione mediatica senza precedenti. E’ stato bellissimo lì. Da lì in poi il movimento mondiale è cresciuto. C’è molta più responsabilità per noi adesso. Ti vedono persone disabili di cui diventi un esempio da seguire. Ti vedono e ti vogliono imitare. Come accaduto per Simone Barlaam, mio grande amico, ha visto questo sport e ha pensato che si potesse fare ugualmente con una disabilità. Gente che mi dice di aver iniziato grazie a me. Gente molto più giovane, come anche più vecchia. Tanti sono anche dei “talenti non sfruttati” diciamo. Tanti atleti sono in squadra con me e si divertono e lo sport alla fine non diventa solo una medaglia da conquistare, ma anche uno stare insieme, un raggiungere i propri risultati”.
Tu sei stato sempre uno degli atleti paralimpici più rappresentativi. E sin dai primi tuoi anni di carriera. Chi sono stati i tuoi modelli da seguire ? Chi c’era prima di te nel nuoto paralimpico ?
“Prima di me grandi paralimpici nel nuoto sono stati Maria Poiani, Cecilia Camellini che ha smesso la carriera dopo Rio 2016. Ceci e Maria sono due simboli. Hanno fatto anche Pechino 2008. Cecilia con due argenti e Maria con l’oro. Ci sono stati grandi risultati, anche da parte di Carlo Mazzoni che ora fa handbike. Erano miei amici soprattutto, prima che modelli. Ero piccolino. Quando loro gareggiavano, io avevo 14 anni. Li ho visti. Tuttavia sono sempre stato una persona particolare. Quasi un lupo solitario in piscina che guardava e guarda tuttora solo il proprio stile… Mi piace fare i miei tempi e guardare la mia personale performance. Sono molto inquadrato. Anche durante le gare non devo guardare nessuno”.
Non è facile probabilmente essere sulla cresta dell’onda per 10 anni consecutivi..
“Non è facile per niente. Almeno un paio di anni ancora nuoterò e poi vediamo. E’ ora di pensare anche ad una vita fuori dalla vasca. Crearsi una famiglia e fare altre cose.. vedremo. Intanto ci sono i Mondiali di Londra e poi gli Open Europei di Funchal. In seguito le Paralimpiadi di Tokyo. Da lì.. si aprirà una nuova pagina della mia vita”.
Sono per te 10 anni di nuoto e di successi nello sport paralimpico. Sono tantissimi. Cosa pensi ?
“Ho vinto 42 medaglie internazionali tra Mondiali, Paralimpiadi e Europei. Sono tante. Diciamo che mi sono sempre impegnato per i miei obiettivi. Mi piace fare fatica nel nuoto. Forse c’è stata anche un po’ di fortuna. Nel momento storico sportivo mancava magari lo specialista in quello stile ed è ovvio che in una disciplina come il nuoto, se vuoi fare cinque gare come faccio io e le fai molto bene, ma non perfette a volte, è già importante. Purtroppo la coperta è corta per tutti. Probabilmente mancava l’atleta che poi preparava solo quella gara specifica. Io faccio i misti. Quest’anno non li porto ai Mondiali però a causa di una mononucleosi che mi ha abbastanza debilitato. Siamo stati sei mesi in preparazione. I misti sono lunghi da allenare. Sono iscritto tuttavia. Farli però per arrivare quarto non va bene. E farli sapendo che non li ho preparati, non mi piace. Non rende giustizia. Preferisco guardare quella gara dagli spalti e arrabbiarmi come una iena perché non li ho preparati, invece di farli e farli male. E poi sfogo quell’ira funesta nelle mie altre gare (ride). I misti è stata una delle gare che mi ha maggiormente contraddistinto. Sono nato delfinista. Caso vuole che da quando ho fatto un record del mondo, non ho più vinto né un Mondiale né una Paralimpiade (ride)..sono sempre stato invece un mistista e dal 2014 non ne perdo più uno. E’ arrivato il momento invece di rinunciare. Faccio anche delfino e rana, tra i miei stili”.
Qual è stata la vittoria più emozionante che hai conseguito ? E perché ?
“Allora.. quella più bella che ho vinto.. e di cui non ricordo niente per la massima mia concentrazione in gara.. è sicuramente l’oro di Rio 2016. Sarà una cosa scontata dirlo..ma mi ha lasciato dentro qualcosa di particolare. Sono entrato in piscina (e di solito mi ricordo tutti i dettagli) ma.. di quella gara lì ho il vuoto più totale. Ero talmente tanto dentro. Ho avuto un flow agonistico. Mi ricordo zero. Già quando ho toccato la piastra mi sono reso conto ..sono tornato nella realtà. Come se avessi spento la luce e mi fossi addentrato mentalmente in quell’universo. Abbiamo iniziato un percorso con una psicologa sportiva, che non è da pensare come una psicologa normale. E’ la sesta di una macchina a cinque marce. Ti insegna come gestire le emozioni e potenziare le fasi. Come recuperare meglio nel sonno.. è importante. In una Paralimpiade sei preso in un meccanismo che è enorme. Tempi lunghissimi. Gestire bene i recuperi è fondamentale”.
Qual è la medaglia mondiale più bella che hai vinto ?
“Oh cavolo.. la medaglia mondiale più bella .. allora.. sempre il 200 misto di Glasgow 2015. Arrivavo da una mazzata assurda nei 100 delfino. Stranamente. Normalmente quella me la porto via.. c’è stato invece questo testa a testa con un ragazzo russo, che mi ha battuto per 7 centesimi. Ho fatto un buon tempo ma non il mio migliore. Ci sono rimasto molto male. Dopo due giorni mi si presenta il 200 misto ultima gara e Arjola vince l’oro nei 50 dorso..tra me e lei c’è sempre stata una sfidella tra chi vinceva più medaglie.. una rivalità amichevole in piscina insomma.. e io ho sentito.. : “Trimi wins”. E ho pensato: “Nooo e io che faccio ?” (ride) e sono entrato in acqua e mi sono dannato l’anima ed è andata bene. E’ importante la competizione tra compagni di squadra..stimola.. ma.. (ride). Io mi diverto con poco. Mi piace vincere sempre assolutamente. Anche nelle cose quotidiane. Anche chi mangia per primo una pizza.. (ride)”.
Tra poco si svolgeranno i Mondiali di Londra. Quali sono le tue aspettative ?
“Sarà un Mondiale molto strano per me. Venendo da sei mesi fatti così.. lo dico sempre e forse sembra banale… ma voglio divertirmi. La condizione non sarà al 100% ma anche se sarà al 90% voglio sfruttare tutto per fare bene. Chi mi tocca davanti gli si stringerà la mano. Nello sport i momenti storti capitano a tutti”.
Cosa ti aspetti dalle prossime Paralimpiadi ?
“Non ci sono scuse per Tokyo 2020. Nessuno è qualificato ancora. Aspettiamo il Mondiale e poi lo vedremo..”.
Trasmettete valori importanti alle persone. Il Paralimpismo è particolare. Cosa pensi dia lo sport paralimpico ? Cosa ti ha dato il nuoto in particolare ?
“Non credo che lo sport paralimpico sia un di più rispetto a quello dei normodotati. Lo sport è uguale per tutti. Non fa distinzioni. Se hai una gamba o un braccio in meno. Se sei in carrozzina, se non ci vedi.. E’ uguale per tutti. E non può esistere Federico Morlacchi senza il nuoto. La parte vita e la parte nuoto sono strettamente legati. Il nuoto mi ha creato il carattere che ho adesso. Sono duro e mi piace far fatica e soffrire. Non mollare mai. Se c’è il giorno sbagliato, cancelli e ci riprovi domani. Lo sport ti insegna prima di tutto a perdere. Ormai sono 23 anni che nuoto. Però la cosa che ci tengo esca sempre è che, nonostante ci sia l’atleta, ci deve essere sempre soprattutto la persona. Tanti atleti smettono e smette la persona. Quando finiscono avviene lo stop di tutto. Non è facile cambiare vita, ma questo per me comunque, non va bene”.
Si è discusso a volte di abbattere la barriera tra lo sport paralimpico e quello olimpico. Per farne diventare uno. Cosa ne pensi ?
“Io non sono d’accordo in questo. Tuttavia è ok che lo sport è uguale per tutti, ma dietro a ciascuno c’è una storia dietro da rispettare. Una storia di ambienti e contesti che parte da Roma, che va dai presidenti fino agli atleti stessi ed è condita da valori diversi. Siamo un’altra cosa noi paralimpici e questi valori non ce li potrà togliere mai nessuno. Noi siamo il Comitato Italiano Paralimpico, non è un vanto ma neanche un demerito. E’ bella uguale. Però con dei valori diversi. Siamo tanti e ognuno riesce ad avere il proprio spazio. Siamo unici nella stessa situazione”.
Vi state allenando tantissimo in questi giorni. Sia al mattino che al pomeriggio. Quali sono i vantaggi poi in gara nell’allenarsi al mattino ? E’ utile per le batterie di qualifica ?
“Il nuoto è uno sport che richiede un impegno innanzitutto costante. Sia per gli allenamenti mattutini che per quelli pomeridiani. Ci stiamo allenando dalle 7 alle 9 tutti i giorni, per abituarci alle sveglie che ci saranno al Mondiale. Ci sarà una batteria da fare e non si può scherzare. E’ uno sport che ti permette di incastrare sempre il doppio allenamento, per sciogliere. Se il pomeriggio del giorno prima ti becchi una legnata in mezzo ai denti (ride) sei abituato se capita anche in gara. Il nuoto è uno sport senza contatto ma… ti abitui alla fatica. E’ uno sport che ti da infiniti modi di cambiare, pur restando sempre in quei canoni”.
Ti è capitato Federico di trarre dei benefici dagli allenamenti mattutini nelle batterie di qualifica ? Hai mai potuto constatare che tutto è tornato utile ?
“Nella nostra routine c’è sempre il doppio allenamento che ti porta a fare anche molti chilometri. Per far si che prima della gara, avendo tolto tante distanze tu stia meglio. Se hai una base di 20 km a settimana o se ce l’hai da 60, cambia tanto a scendere. Trovare il benessere nel riposo è poi importantissimo. Soprattutto nelle settimane prima dell’obiettivo, bisogna finalizzare ogni attimo al recupero. Ti alleni, mangi e poi c’è il riposino. Un vero coma di due ore (ride). I collegiali sono fatti apposta per questo. Ad Ostia abbiamo piscina, hotel e ristorante tutto in un chilometro. Tutto molto comodo. E’ una grande gioia”.