Gli animali da compagnia non sono semplici oggetti per la legge italiana, ma anche loro hanno dei doveri: il bisognino può avere un prezzo salato.
Quando si dibatte in tema di animali domestici o, per meglio dire, “animali d’affezione” gli animi tendono a surriscaldarsi con velocità, perché le conseguenze dei loro comportamenti istintivi sono a carico del loro rispettivo padrone.
Quel padrone che di frequente tende colpevolmente a chiudere un occhio sulle proprie malefatte, come l’abbandono che si sta cercando di combattere pacificamente, ma anche su quelle del suo “amico peloso” che non ha piena coscienza di come viviamo noi umani.
A tutti sarà capitato almeno una volta di imbattersi in qualche deiezione lasciata nel bel mezzo di un marciapiede cittadino, malgrado siano in vigore da diversi anni una serie di norme che impone al conduttore di un animale di raccoglierle. Chi non adempie, indipendentemente che ne sia il padrone oppure il dog-sitter/cat-sitter del momento, diviene passibile di una sanzione pecuniaria.
Ci sono anche profili di responsabilità penale derivante dall’art. 639 cod. pen. (“deturpamento e imbrattamento di cose altrui”). Ad esclusione dei casi di danneggiamento, chi deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito con la multa fino a euro 103.
Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si può finire in prigione da uno a sei mesi o trovarsi infliggere una multa da 300 a 1.000 euro. La reclusione viene innalzata da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro nel caso in cui il reato di imbrattamento sia commessi su cose di interesse storico o artistico.
Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro. In taluni casi il Giudice può sentenziare l’obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi oppure, qualora non sia possibile, l’obbligo a sostenerne le relative spese o a rimborsare quelle a tal fine sostenute.
È giusto precisare che le sanzioni descritte possono essere contestate da un pubblico ufficiale qualora il tutto avvenga in un luogo pubblico, mentre lo stesso non può venire in spazi privati. Nemmeno se si tratti di spazi comuni condominiali.
In qualche modo curiosa e rivoluzionaria è stata una sentenza della Corte di Cassazione intervenuta in merito a quell’art. 639 cod. penale sulla fattispecie di reato di imbrattamento nel caso in cui l’animale domestico di un uomo aveva urinato sulla facciata di un edificio di pregio storico. La particolarità di quella decisione giurisprudenziale fu che i giudici si pronunciarono a favore di un’assenza del dolo da parte del padrone dell’animale, perché aveva tentato di porre rimedio a quanto accaduto lavando con acqua.
Questo porta a ripensare all’importanza di avere sempre con sé gli appositi sacchetti per la raccolta delle feci, ove non presenti in eventuali depositi dispensatore pubblici, oltre ad una bottiglia di acqua per ridurre il più possibile gli effetti delle urine.
Volgendo lo sguardo agli spazi privati, in particolar modo i condomini, dei rilevanti cambiamenti sono stati apportati dalla legge 220 del 2012 che ha modificato parte del codice civile in materia di condominio. La principale novella sta nell’impossibilità di inserire divieti di possesso di animali domestici nei regolamenti condominiali.
Questo non significa potersi disinteressare dei propri animaletti, perché tanto nessuno potrà cacciarli dal condominio. Ma bensì è utile aumentare le attenzioni sull’igiene dell’animale e delle sue “tracce” che, oltre ai bisognini, vedono scatenarsi litigi da pianerottolo solo per non aver usato abbastanza il pettine per gatti e cani in periodo di muta del pelo. Per il deShedding del Sottopelo per Caniconsigliamo questo strumento scritto in arancione.
Ultimo ma non ultimo l’art. 1138 cod. civ. che ha avuto il merito di spingere la Corte di Cassazione, questa volta in ambito civile, a stabilire che gli animali domestici non siano più formalmente solo certi ma siano esseri viventi senzienti.