Messa per i migranti, il Papa: “Anche loro sono vittime della cultura dello scarto”
In piazza San Pietro la celebrazione in occasione della 105ma Giornata Mondiale del Rifugiato, il Pontefice: “Non anestetizziamo il cuore di fronte alla miseria di tanti innocenti”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – “Non si tratta solo di migranti“, ma “di tutti gli abitanti delle periferie esistenziali che, assieme ai rifugiati, sono vittime della cultura dello scarto. Il Signore ci chiede di mettere in pratica la carità nei loro confronti; ci chiede di restaurare la loro umanità, assieme alla nostra, senza escludere nessuno”.
In una pizza San Pietro gremita di fedeli e baciata da un caldo sole autunnale, Papa Francesco ribadisce il dovere morale, per un cristiano, di “assistere” e “accogliere” gli ultimi, gli scartati dalla società, ovvero quelle persone vulnerabili “spesso dimenticate ed esposte a soprusi”.
Il motivo? Perché per “i forestieri, le vedove e gli orfani sono i senza diritti, gli esclusi, gli emarginati“, il Signore “ha una particolare sollecitudine”. A tal proposito cita quanto scritto nel libro dell’Esodo (cfr. 22,23) e del Deuteronomio (cfr. 24,17; 27,19), sottolineando come “il Dio di Israele è Colui ‘che fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito’“.
Questa preoccupazione amorosa verso i meno privilegiati è presentata come un tratto distintivo del Dio di Israele, ed è anche richiesta, come un dovere morale, a tutti coloro che vogliono appartenere al suo popolo.
E spiega: “Ecco perché dobbiamo avere un’attenzione particolare verso i forestieri, come pure per le vedove, gli orfani e tutti gli scartati dei nostri giorni”, ma – avverte il Pontefice -, “contemporaneamente all’esercizio della carità, il Signore ci chiede di riflettere sulle ingiustizie che generano esclusione, in particolare sui privilegi di pochi che, per essere conservati, vanno a scapito di molti”.
“Il mondo odierno è ogni giorno più elitista e crudele con gli esclusi. I Paesi in via di sviluppo continuano ad essere depauperati delle loro migliori risorse naturali e umane a beneficio di pochi mercati privilegiati. Le guerre interessano solo alcune regioni del mondo, ma le armi per farle vengono prodotte e vendute in altre regioni, le quali poi non vogliono farsi carico dei rifugiati prodotti da tali conflitti. Chi ne fa le spese sono sempre i piccoli, i poveri, i più vulnerabili, ai quali si impedisce di sedersi a tavola e si lasciano le ‘briciole’ del banchetto”
Sopraffatti dall’indifferenza
“È impressionante come – prosegue il Papa -, a distanza di 28 secoli, questi ammonimenti conservino intatta la loro attualità. Anche oggi infatti la cultura del benessere ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”.
In questo modo rischiamo “di diventare anche noi come quell’uomo ricco di cui ci parla il Vangelo, il quale non si cura del povero Lazzaro ‘coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola’ – sottolinea il Pontefice -. Troppo intento a comprarsi vestiti eleganti e a organizzare lauti banchetti, il ricco della parabola non vede le sofferenze di Lazzaro. E anche noi, troppo presi dal preservare il nostro benessere, rischiamo di non accorgerci del fratello e della sorella in difficoltà“.
Il compito del cristiano
Papa Francesco ricorda, quindi, che i “cristiani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione di chi non appartiene al ‘nostro’ gruppo”.
Non possiamo rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti. Non possiamo non piangere. Non possiamo non reagire.
E avverte: “Se vogliamo essere uomini e donne di Dio dobbiamo ‘conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento'”, che “è amare Dio e amare il prossimo. Non si possono separare! E amare il prossimo come sé stessi vuol dire anche impegnarsi seriamente per costruire un mondo più giusto, dove tutti abbiano accesso ai beni della terra, dove tutti abbiano la possibilità di realizzarsi come persone e come famiglie, dove a tutti siano garantiti i diritti fondamentali e la dignità”, ammonisce il Papa.
“Amare il prossimo significa sentire compassione per la sofferenza dei fratelli e delle sorelle, avvicinarsi, toccare le loro piaghe, condividere le loro storie, per manifestare concretamente la tenerezza di Dio nei loro confronti – spiega Bergoglio -. Significa farsi prossimi di tutti i viandanti malmenati e abbandonati sulle strade del mondo, per lenire le loro ferite e portarli al più vicino luogo di accoglienza, dove si possa provvedere ai loro bisogni”.
“Questo santo comandamento Dio l’ha dato al suo popolo, e l’ha sigillato col sangue del suo Figlio Gesù, perché sia fonte di benedizione per tutta l’umanità – conclude il Papa -. Perché insieme possiamo impegnarci nella costruzione della famiglia umana secondo il progetto originario, rivelato in Gesù Cristo: tutti fratelli, figli dell’unico Padre”.
(Il Faro online)