Messa in rito zairese in San Pietro, il Papa: “Il consumismo è un virus che intacca la fede alla radice”

1 dicembre 2019 | 14:24
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Messa in rito zairese in San Pietro, il Papa: “Il consumismo è un virus che intacca la fede alla radice”

Il monito del Pontefice: “Il vero pericolo è ciò che anestetizza il cuore: è dipendere dai consumi, è lasciarsi appesantire e dissipare il cuore dai bisogni”

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – “Il consumismo è un virus che intacca la fede alla radice, perché ti fa credere che la vita dipenda solo da quello che hai, e così ti dimentichi di Dio che ti viene incontro e di chi ti sta accanto”.

Papa Francesco, in occasione del 25mo anniversario della nascita della Cappellania cattolica congolese di Roma, presiede una messa solenne in rito zairese nella basilica vaticana. Durante la celebrazione, caratterizzata da canti e balli tipici dei popoli africani, il Pontefice fa notare come in questo tempo d’Avvento, appena iniziato, “il Signore viene”, ma sotto le feste seguiamo “piuttosto gli appetiti”: “il fratello bussa alla tua porta, ma ti dà fastidio perché disturba i tuoi piani – e questo è l’atteggiamento egoistico del consumismo”.

E ammonisce: “Nel Vangelo, quando Gesù segnala i pericoli per la fede, non si preoccupa dei nemici potenti, delle ostilità e delle persecuzioni. Tutto questo c’è stato, c’è e ci sarà, ma non indebolisce la fede. Il vero pericolo, invece, è ciò che anestetizza il cuore: è dipendere dai consumi, è lasciarsi appesantire e dissipare il cuore dai bisogni”.

Si finisce così a vivere con “tanti beni ma non si fa più il bene; le case si riempiono di cose ma si svuotano di figli. Questo è il dramma di oggi: case pieni di cose ma vuote di figli, l’inverno demografico che stiamo soffrendo”.

“Si butta via il tempo nei passatempi, ma non si ha tempo per Dio e per gli altri. E quando si vive per le cose, le cose non bastano mai, l’avidità cresce e gli altri diventano intralci nella corsa e così si finisce per sentirsi minacciati e, sempre insoddisfatti e arrabbiati, si alza il livello dell’odio”, avverte il Papa.

“Io voglio di più, voglio di più, voglio di più…”. Lo vediamo oggi là dove il consumismo impera: quanta violenza, anche solo verbale, quanta rabbia e voglia di cercare un nemico a tutti i costi! Così, mentre il mondo è pieno di armi che provocano morti, non ci accorgiamo che continuiamo ad armare il cuore di rabbia.

“Da tutto questo Gesù vuole ridestarci – prosegue il Santo Padre – e lo fa con un verbo: ‘Vegliate’. Vegliare era il lavoro della sentinella, che vigilava restando sveglia mentre tutti dormivano. Vegliare è non cedere al sonno che avvolge tutti. Per poter vegliare occorre avere una speranza certa: che la notte non durerà sempre, che presto arriverà l’alba”.

Lo stesso principio vale anche per i cristiani: “Dio viene e la sua luce rischiarerà pure le tenebre più fitte. Ma a noi oggi tocca vigilare, vegliare: vincere la tentazione che il senso della vita è accumulare – questa è una tentazione, il senso della vita non è accumulare –, a noi tocca smascherare l’inganno che si è felici se si hanno tante cose, resistere alle luci abbaglianti dei consumi, che brilleranno ovunque in questo mese, e credere che la preghiera e la carità non sono tempo perso, ma i tesori più grandi”.

Il rito

Approvato dalla Congregazione per il Culto divino il 30 aprile 1988, sotto il titolo di “Messale romano per le diocesi dello Zaire” (ex nome della Repubblica democratica del Congo), il rito zairese o congolese è un adattamento del rito romano ordinario. Auspicato dai vescovi congolesi fin dal 1969, è il frutto di un lungo processo di inculturazione della liturgia, incoraggiato da Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Come si legge in una nota della Sala Stampa vaticana, “si trattava di aprire la liturgia ai valori culturali del popolo zairese“. I testi e i riti tengono conto della tradizione stilistica orale africana.

Si insiste sulla partecipazione attiva dell’assemblea, uomini e donne, partecipazione che si esprime anche con movimenti ritmici e levando le braccia al cielo. Durante il canto del “Gloria” i ministri danzano intorno all’altare. Molto spazio viene dato ai canti, spesso accompagnati da tamburi e altri strumenti tradizionali.

I lettori vengono benedetti e inviati dal celebrante prima di dirigersi verso l’ambone. La Comunità cattolica congolese, che ha sede nella chiesa della Natività, a piazza Pasquino, non lontano da piazza Navona, è stata fondata nel 1994 per volere del card. Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa.

(Il Faro online) – Foto © Vatican Media