Il Pd: “A Ladispoli il cemento sfratta gli ulivi”
“Le nuove costruzioni che stanno cambiando il volto della città”
Ladispoli – “E come cantò Celentano, là dove c’era un prato ora c’è una città… Ogni villino storico che buttano giù il mio cuore ladispolano piange. Abito in un villino e di fronte, al posto della familiare villetta, mi ritrovo una palazzina, con appartamenti, che mi ha tolto la vista e il verde; medito di andarmene”. Questo è solo uno dei tanti commenti esternati dai cittadini in merito al proliferare di nuove costruzioni che stanno cambiando il volto, l’identità di Ladispoli. Basta dare un’occhiata sui social per cogliere l’umore della comunità preoccupata per il consumo del suolo che con l’Amministrazione Grando sembra ormai inarrestabile. Serpeggia il timore che, “di questo passo, con l’avanzata del cemento, la città si trasformi da località turistico-balneare in una periferia romana spodestando verde e mare che la facevano da padroni”.
Sul fronte dei villini storici, la posizione del Pd è quella del vincolo. “Per Ladispoli abbiamo chiesto meno cemento per case: il dimezzamento in zona Torre Flavia, basta palazzine anche in centro con cubature di altre zone. Vogliamo invece più sevizi turistici, culturali, produttivi, sportivi”, dichiara il consigliere dem Federico Ascani, che con il collega di partito Marco Pierini ha protocollato le osservazioni al Piano Regolatore. Osservazioni elaborate dopo una serie di incontri al Circolo di via Odescalchi. “Ne è uscita una linea condivisa e unitaria”. Il punto massimo della contestazione e delle critiche riguarda la vendita del terreno comunale che si trova a cavallo tra il centro Conad e il cavalcaferrovia, tra via Sironi e via Caltagirone. Uno spicchio campestre ameno, regno degli ulivi che verranno espiantati per far posto ad una cubatura di diecimila metri tra residenziale e commerciale. Quegli ulivi ridotti ad uno scheletro, spogliati delle chiome e pronti al trasloco non si sa dove, hanno toccato il cuore dei ladispolani perplessi per giunta sulle modalità di una decisione, maturata sotto il sole d’agosto, che pur nel rispetto dell’iter legale ha il sapore della fretta e della contraddizione rispetto alle promesse elettorali del primo cittadino.
Molti si chiedono se non ci fossero altre soluzioni per portare ossigeno nelle casse comunali dal momento che la cubatura del lotto degli ulivi era risultata non necessaria per la compensazione della caserma dei carabinieri. E’ vero che i “proventi della vendita sono stati utilizzati per il 10% (misura massima prevista dalla norma) per ridurre i mutui correnti, operazione che ha liberato circa 400/500mila euro e che con l’ultima variazione di bilancio sono stati destinati ai servizi sociali, mentre 1 milione e 300mila euro dovranno andare per interventi su strade, marciapiedi e aree verdi”, ma nella sostanza i ladispolani reclamano la mancanza di partecipazione, la connessione col potere locale trattandosi della vendita di un bene comune ad un privato che non realizzerà di certo un servizio di pubblica utilità. Anche le precedenti Giunte di progresso sono state spesso allertate sul consumo del suolo e sull’impiego del cemento.
D’altronde, la preoccupazione viene da lontano, memore di quando Ladispoli era una frazione del Comune di Cerveteri e soggetta alla speculazione edilizia ed è comprensibile. La differenza con le passate amministrazioni che hanno riqualificato la città, è che l’alienazione dei terreni comunali avveniva nell’interesse generale, guardando allo sviluppo come è stato per la moderna area artigianale, e i mattoni per costruire servizi quali, per citare, la Biblioteca Peppino Impastato, l’Istituto Alberghiero, le scuole, le grandi opere tra le quali il cavalcaferrovia.
(Il Faro online)