Concussione in mare, assolti due agenti della Guardia costiera di Gaeta
Nell’agosto del 2011, i due agenti della Guardia Costiera in servizio sul lungomare di Sperlonga, sequestrarono un fucile senza redigere alcun verbale.
Formia – È arrivata dopo 8 anni, ovvero dall’agosto 2011, la parola fine per due quarantenni di Formia, appartenenti alla Guardia Costiera di Gaeta, a una vicenda che li vedeva imputati per il grave reato di concussione, ovvero l’estorsione commessa dal pubblico ufficiale che abusa delle sue funzioni per coartare la volontà di un privato.
La vicenda
La vicenda risale al 22 Agosto del 2011, quando, secondo la Procura della Repubblica di Latina, Pubblico Ministero dottor Valerio De Luca, i due militari si sarebbero macchiati del grave reato, fermando nelle acque di Sperlonga un cittadino che svolgeva in luogo vietato attività di pesca subacquea, per poi impossessarsi del suo fucile senza redigere alcun verbale e abusando della loro qualifica, procurandosi così un ingiusto profitto.
Le indagini
Le indagini, condotte direttamente presso la Procura di Latina, portarono alla grave imputazione in danno dei due, che vennero anche sospesi dal servizio.
All’esito dell’istruttoria dibattimentale, il PM chiedeva per entrambi la condanna a 3 anni di reclusione, anche in forza di una mezza confessione acquisita in sede di indagini e sempre contestata dal difensore dei due imputati, avvocato Pasquale Cardillo Cupo, che ne ha, per anni, contestato la genuinità, dopo ore ed ore di interrogatorio senza alcuna assistenza difensiva, che, ad avviso del penalista formiano, hanno compromesso la libera capacità di una spontanea autodeterminazione.
Il collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal dottor Valentini, dopo la discussione del Pubblico Ministero, che chiedeva la condanna a tre anni ciascuno per i due imputati, e dell’avvocato Cardillo Cupo, che, invece, ne chiedeva l’assoluzione, dopo una lunga camera di consiglio, ha assolto i due imputati con la formula più ampia perché il fatto contestato non sussiste.
L’accusa
Ma, in merito, alla vicenda, che cosa sosteneva, esattamente l’accusa? La tesi era che i due militari, in concorso tra loro, a bordo di un mezzo nautico della Guardia costiera, mentre si trovavano lungo il litorale di Sperlonga per il servizio estivo di vigilanza nella zona del Parco Riviera di Ulisse, abusavano dei loro poteri in qualità di agente, qualificandosi sì come agenti al sub colto in flagranza di reato – attività di pesca subacquea in luogo vietato, come già detto -, ma omettendo di eseguire la procedura corretta: nel mentre inducevano il sub a consegnare loro il proprio fucile indebitamente, infatti, non solo non redigevano nessun verbale di sequestro, ma non si preoccupavano neppure di identificare il sub.
(Il Faro on line)