Urbi et Orbi, il Papa: “Dio nasce per salvare il mondo, non per condannarlo”
Il Pontefice: “L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – A Natale, Dio, “amore eterno e infinito”, ha mandato suo Figlio “nel mondo non per condannarlo, ma per salvarlo“. Affacciandosi dalla loggia centrale della basilica di San Pietro, Papa Francesco rinnova il tradizionale messaggio “Urbi et Orbi”, ovvero alla città di Roma e al mondo.
Un messaggio di auguri che presto si trasforma in un appello di pace rivolto all’intera comunità internazionale. Alle migliaia di fedeli che affollano piazza San Pietro, baciata dal sole, ricorda che Gesù “è la Parola di Dio fatta carne”, una Parola “più luminosa del sole, incarnata in un piccolo figlio di uomo”.
Per questo il profeta Isaia esclama: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”. “Sì, ci sono tenebre nei cuori umani, ma più grande è la luce di Cristo. Ci sono tenebre nelle relazioni personali, familiari, sociali, ma più grande è la luce di Cristo – prosegue il Papa -. Ci sono tenebre nei conflitti economici, geopolitici ed ecologici, ma più grande è la luce di Cristo”.
L’appello di pace per il Medio Oriente
Il pensiero del Papa va ai bambini “che patiscono la guerra e i conflitti in Medio Oriente e in vari Paesi del mondo”.Il Natale, aggiunge: “Sia conforto per l’amato popolo siriano che ancora non vede la fine delle ostilità che hanno lacerato il Paese in questo decennio” e “ispiri i governanti e la comunità internazionale a trovare soluzioni che garantiscano la sicurezza e la convivenza pacifica dei popoli della Regione e ponga fine alle loro sofferenze”.
La nascita di Cristo, “sia sostegno per il popolo libanese, perché possa uscire dall’attuale crisi e riscopra la sua vocazione ad essere un messaggio di libertà e di armoniosa coesistenza per tutti”.
“Il Signore Gesù sia luce per la Terra Santa dov’Egli è nato – prosegue Bergoglio -, Salvatore dell’uomo, e dove continua l’attesa di tanti che, pur nella fatica ma senza sfiduciarsi, aspettano giorni di pace, di sicurezza e di prosperità. Sia consolazione per l’Iraq, attraversato da tensioni sociali, e per lo Yemen, provato da una grave crisi umanitaria”.
La preghiera per l’America
“Sia speranza il piccolo Bambino di Betlemme per tutto il Continente americano, in cui diverse Nazioni stanno attraversando una stagione di sommovimenti sociali e politici”.
Francesco prega per “il caro popolo venezuelano, lungamente provato da tensioni politiche e sociali e non gli faccia mancare l’aiuto di cui abbisogna”.
“Benedica gli sforzi di quanti si stanno prodigando per favorire la giustizia e la riconciliazione e si adoperano per superare le varie crisi e le tante forme di povertà cheoffendono la dignità di ogni persona“, l’auspicio del Pontefice.
Tacciano le armi in Ucraina e Africa
Cristo “sia luce per la cara Ucraina, che ambisce a soluzioni concrete per una pace duratura”, aggiunge il Pontefice. Che prega poi “per i popoli dell’Africa, dove perdurano situazioni sociali e politiche che spesso costringono le persone ad emigrare, privandole di una casa e di una famiglia”.
Sia pace per la popolazione che vive nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, martoriata da persistenti conflitti. Sia conforto per quanti patiscono a causa delle violenze, delle calamità naturali o delle emergenze sanitarie. Sia conforto a quanti sono perseguitati a causa della loro fede religiosa, specialmente i missionari e i fedeli rapiti, e a quanti cadono vittime di attacchi da parte di gruppi estremisti, soprattutto in Burkina Faso, Mali, Niger e Nigeria.
Contro le ingiustizie
Il pensiero del Papa va poi a tutti gli uomini vittime delle ingiustizie. Ingiustizie, sottolinea il Papa, che obbligano le persone a “emigrare nella speranza di una vita sicura. È l’ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e mari, trasformati in cimiteri”.
“È l’ingiustizia che li costringe a subire abusi indicibili, schiavitù di ogni tipo e torture in campi di detenzione disumani. È l’ingiustizia che li respinge da luoghi dove potrebbero avere la speranza di una vita degna e fa loro trovare muri di indifferenza“, aggiunge il Papa.
Riscopriamo la tenerezza di Dio
“L’Emmanuele sia luce per tutta l’umanità ferita. Sciolga il nostro cuore spesso indurito ed egoista e ci renda strumenti del suo amore”, l’augurio finale del Papa.
Che conclude: “Attraverso i nostri poveri volti, doni il suo sorriso ai bambini di tutto il mondo: a quelli abbandonati e a quelli che hanno subito violenze. Attraverso le nostre deboli braccia, vesta i poveri che non hanno di che coprirsi, dia il pane agli affamati, curi gli infermi. Per la nostra fragile compagnia, sia vicino alle persone anziane e a quelle sole, ai migranti e agli emarginati. In questo giorno di festa, doni a tutti la sua tenerezza e rischiari le tenebre di questo mondo.
Infine, l’immancabile saluto: “Non dimenticatevi, per favore, di pregare per me. Buon pranzo natalizio e arrivederci!”.
Un augurio ecumenico per il Sud Sudan
“In occasione del Santo Natale e dell’inizio del Nuovo Anno, desideriamo formulare a voi e al popolo Sud-Sudanese i migliori auguri di pace e di prosperità, assicurando la nostra vicinanza ai vostri sforzi per l’attuazione sollecita degli Accordi di pace”.
Così il Papa e il primate anglicano Justin Welby in un messaggio natalizio ai leader del Sud Sudan inviato prima della benedizione Urbi et Orbi. “Eleviamo pertanto le nostre preghiere al Cristo Salvatore per un rinnovato impegno nel cammino di riconciliazione e di fraternità e invochiamo abbondanti benedizioni su ciascuno di voi e sull’intera Nazione”.
Il Messaggio di Natale ai leader politici sud-sudanesi, oltre che da Papa Francesco e dall’arcivescovo di Canterbury. è firmato congiuntamente anche dall’ex-Moderatore della Chiesa di Scozia, rev.do John Chalmers. “Il Signore Gesù, Principe della Pace, illumini e guidi i vostri passi nella bontà e nella verità, affinché si renda possibile la nostra auspicata visita a codesto caro Paese“, vi affermano ancora i tre capi religiosi.
(Il Faro online)