Tolo Tolo, Checco Zalone e “il fascismo è come la candida”
Record storico d’incassi al primo giorno di “Tolo Tolo” di Checco Zalone. Delicato e irriverente, attacca la discriminazione razziale ma anche il becero sistema fiscale italiano. Meno comico ma più caustico
Roma – Esordio con il botto per il nuovo e attesissimo film di Checco Zalone, “Tolo Tolo“. Nel primo giorno d’uscita ha incassato 8.668.926 euro, cifra dovuta a un pubblico di 1.174285 spettatori paganti nelle 1210 sale in cui è stato proiettato.
A Cineland Ostia gli spettatori paganti sono stati 5250.
Nessuno mai in Italia e nella storia del cinema ha incassato tanto nel giorno d’esordio. Luca Medici, in arte Checco Zalone, ha superato se stesso battendo il record conquistato con Quo vado?tre anni fa quando raccolse 6.850.000 euro di incasso.
La storia del film è di estrema attualità: un aspirante imprenditore (Checco Zalone, appunto) viene ridotto sul lastrico da lacci e lacciuoli della burocrazia italiana e costretto a scappare in Africa per sfuggire all’Agenzia delle Entrate. Nel continente nero è costretto a rinunciare alla sua identità per amore dei parenti che avrebbero ricevuto un indennizzo in caso di sua uccisione per conseguenze terroristiche. E, per nostalgia del suo Paese, nel tentativo di rientrare diventa bianco tra i neri, clandestino tra i migranti, sottoponendosi alle disavventure del viaggio della speranza.
Diciamo subito che non è il miglior film di Checco Zalone nonostante il supporto nella sceneggiatura di Paolo Virzì, maestro della commedia italiana sentimentale. E si vede anche nella regia, orfana per la prima volta di Gennaro Nunziante, si dice rifiutato dalla produzione (targata Mediaset). Il Checco Zalone regista, ovvero Luca Medici, non dimostra molta abilità nel domare la macchina da presa e ricucire al montaggio: cerca di superare questa sua inesperienza sfruttando il paesaggio, così le inquadrature con il drone sono un espediente per fronteggiare quei limiti, all’origine di un ritmo della narrazione a tratti piuttosto lento.
Non è un tema facile quello della sofferenza legata alla migrazione da trattare con comicità. La sceneggiatura cerca di offrire spunti ironici come la mania del protagonista per la cosmesi e per il look di lusso in luoghi dove manca l’essenziale. Oppure i rigurgiti di fascismo con tanto di pose e doppiaggio da Duce accompagnato da una sentenza morale ovvero “abbiamo tutti il fascismo dentro, con lo stress viene fuori“. “Come la candida” suggerisce Checco. Azzecatissimo il cameo autoironico recitato dall’ex parlamentare e governatore della Puglia Nichi Vendola che interpreta, appunto, Nichi Vendola. Ancor più iconica di un’Italia mediocre l’ascesa di Luigi Gramegna (l’attore Gianni D’Addario) un insulso personaggio tipico di politici improvvisati che raggiunge posizioni incomprensibili per una società che dovrebbe essere accorta e meritocratica.
Nel film recitano anche un irriconoscibile Nicola di Bari e Barbara Bouchet ma la loro presenza e’ pressoche’ insignificante.
Interessante, anche se un po’ ruffiana verso il pubblico più giovane, la formula dei cartoon e del genere musicarello che affiora di tanto in tanto nel film.
Insomma, il risultato finale di “Tolo Tolo” è quello di un film alla Checco Zalone, meno comico rispetto al passato ma sicuramente più acido verso i temi che fanno barcollare tanti convincimenti sociali e la politica dell’odio che permea il nostro Paese.