Kobe Bryant, il dolore dei tifosi e le indagini per l’incidente
Sono ore devastanti per i tifosi di Bryant. Di profondo dolore e commozione. In tanti di fronte allo stadio dei Lakers in preghiera. Le cause dello schianto e il legame di Kobe con l’Italia
Los Angeles – Orfani di Kobe, disperatamente. Da ieri sono questi i suoi tifosi. Gli innamorati dei Los Angeles Lakers e i suoi. Soprattutto. Da ieri la pallacanestro americana ha un figlio in meno. Ha un eroe in meno. Il Mito è volato in cielo per sempre, schiantandosi sulle colline della sua città in elicottero.
Un tragico incidente (leggi qui), disperato, come gli animi delle persone che lo amavano, che lo seguivano. Un colpo sordo, un colpo fracassante. Un colpo sulla terra americana e nei cuori dei Lakers. Nei cuori di tutti quelli che da ieri, in tutto il mondo, stanno dedicando parole e ricordi (leggi qui).
I tifosi rendono omaggio a Bryant allo Staple Center, la casa dei Los Angeles Lakers
Una processione senza fine di fronte allo stadio dei Lakers. Di fronte allo Staple Center, un mare di candele, di fiori. Di persone normali, che in quel campione retto, serio in campo, vedevano un rappresentante ideale. Segnava la strada da seguire sul parquet e nella vita. Con il suo talento, le sue idee. La sua Mamba Mentality: “Sii sempre la migliore versione di te stesso”. “Mi rappresentava”. Questo ha detto un tifoso di Bryant a Skytg24. Lo fa lo sport. Lo fanno i campioni. Scendono in gara, emozionando, strabiliano e inconsapevolmente generano interesse. Emozione appunto. Un punto ideale nella vita, per superare gli ostacoli della vita stessa. Un modo per vincere e per affrontare il buio quotidiano, quando quel sole sembra introvabile. E i campioni diventano modelli da seguire.
Per vincere nella quotidianità e per crescere in modo sano. Kobe ha segnato le generazioni del basket americano. Ha donato al mondo la sua passione per la pallacanestro. Un esempio di innamorato dello sport. Ha insegnato come essere veri professionisti, come rispettare gli avversari e se stessi.
Le probabili cause dell’incidente e le indagini. Chi sono le altre persone coinvolte
Mentre le indagini sono in corso e l’FBI si sta accertando delle cause dell’incidente, le preghiere che vengono elevate tra il viola e l’oro dei Lakers, non sono solo per il Mito scomparso. Sua figlia Gianna Maria, promessa del basket femminile, ha lasciato sua mamma e i suoi fratelli. Altre sette persone hanno perso la vita nello schianto del velivolo che è precipitato a più di mille metri al minuto. John Altobelli, ex giocatore di baseball e ora allenatore, la moglie Keri e sua figlia Alyssa, compagna di squadra di Gianna Maria. Christina Mauser, assistente di Kobe alla Mamba Sports Academy. Sarah Chester, la figlia Payton, della stessa età di Gigi e il pilota Ara Zobayan. Era un Sikorsky S-76 il modello dell’elicottero ed è precipitato in 10 secondi. Non si conosce il perché.
La nebbia è l’ipotesi più accredita e si esclude, per il momento, il guasto meccanico. Si è alzato in volo dopo le 9 del mattino e il tempo meteorologico non era dei più tranquilli. I controllori di volo avevano notato la scarsa visibilità intorno alla zona dell’incidente. Si è alzato un fumo di disperazione dal punto dello schianto e per sempre Kobe ha schiacciato il suo ultimo canestro ed è volato via.
Grammy Awards 2020: il ricordo di Alicia Keys. A casa dei Lakers. A casa di Kobe
Nella stessa sera dell’incidente si è svolta la cerimonia dei Grammy Awards. Proprio nella casa dei Lakers. Iniziando lo spettacolo, Alicia Keys ha detto: “Siamo, con il cuore spezzato, letteralmente nella casa che Kobe Bryant ha costruito. Non avremmo mai immaginato in un milione di anni che avremmo dovuto iniziare lo spettacolo in questo modo”. E ha eseguito a cappella con i Boys II Men la canzone It’s So Hard To Say Goodbye To Yesterday – E’ così difficile dire addio a ieri. Un fiume di dolore, di lacrime. Una grande nostalgia. Un profondo silenzio. Anche Michael Jordan ha ricordato il Mito: “Era come un fratello minore”. Barak Obama ha detto: “Era una leggenda”. Alessandro Del Piero, grandi amico di Kobe ha detto: “E’ stato un modello e una ispirazione. Tutto il mondo è scioccato“.
Kobe e l’Italia. Da Rieti a Reggio Calabria. La sua crescita nel basket, accanto al padre giocatore
Aveva una storia d’amore con l’Italia Kobe. Rieti, Reggio Emilia e Pistoia. Anche Reggio Calabria. Queste sono state le città in cui suo padre Joe giocò. C’è un simpatico aneddoto che lo lega alla cittadina laziale. E in queste ore, ricordi ed episodi stanno riempiendo la rete. Frequentò le elementari a Rieti il campione e si calava dal balcone di casa per andare a giocare. Girava l’Italia con il papà e imparò a giocare a basket proprio nel Bel Paese, integrandosi con i suoi coetanei. A Reggio Calabria, ragazzino, cominciò a tirare dalla lunetta verso il canestro. Alla palestra “Scatolone” Kobe cresceva e si innamorava sempre di più del basket.
Tifoso del Milan e modello per milioni di sportivi. Lo sport lo omaggia
Era tifosissimo del Milan. Adorava i colori rossoneri dopo che fu conquistato dal grande Milan di Arrigo Sacchi. Lo disse lui stesso a Milan Channel. Gullit, Rijkaard e Van Basten. Fenomeni del calcio, come lui fu quel fenomeno non dimenticato della pallacanestro che nel 2016 disse addio alle gare e cominciò a fare il giocatore con l’esempio quotidiano e con le sue parole grazie alla Mamba Sports Academy. Seguite e prese da esempio da milioni di praticanti in tutto il mondo. E non solo di basket. Anche degli altri sport. E’ un momento di forte dolore questo, di ricordo. E di tante domande. Perché. Perché. Quando muore un Mito salgono dal cuore di chi lo ha seguito e lo ha preso come modello di vita. Non si accetta il dolore, come non si può accettare la morte. Ma la vita è anche probabilmente anche questa. E Kobe l’ha sempre mostrata sul parquet e l’ha insegnata ai ragazzi, di tutto il mondo: “I believe I can fly”. Space Jam negli anni ’90 cantava questa canzone. E Bryant ne è stato vero esempio. Lo sport lo sta omaggiando.
Il Pro Bowl della NFL del prossimo 3 febbraio sarà dedicato a lui e il giocatore di tennis Nick Kyrgios è sceso in campo, per il match con Rafael Nadal, all’Australian Open, indossando la maglia dei Lakers numero 8. Per tutta la settimana, come indicato dalla Federazione Italiana Pallacanestro, tutte le partite dei campionati italiani saranno precedute da un minuto di silenzio.
Orfani di Kobe allora, i suoi tifosi e chi lo amava. Il rumore della palla sul campo e il suo colore. In questo vivrà per sempre il Mito, uno dei più grandi che lo sport abbia mai avuto e che abbia corso, giocato e schiacciato sui parquet del basket, dell’Nba e dell’Italia. In questo ore volano preghiere in cielo, quel cielo di cui lui trasmetteva la sensazione di raggiungere, ogni volta che saltava verso il canestro. Su, ancora più su. Per sempre.
(Il Faro on line)