“Chi sa vedere la grazia di Dio scopre l’antidoto alla sfiducia e allo sguardo mondano”
Nella basilica di San Pietro in vaticano il tradizionale rito della Candelora, il Papa ai religiosi: “Chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – “Chi sa vedere prima di tutto la grazia di Dio scopre l’antidoto alla sfiducia e allo sguardo mondano. Perché sulla vita religiosa incombe questa tentazione: avere uno sguardo mondano”, ovvero lo sguardo “che non vede più la grazia di Dio come protagonista della vita e va in cerca di qualche surrogato”.
E’ il monito di Papa Francesco rivolto a tutti gli uomini e a tutte le donne consacrate che arriva dal pulpito della basilica vaticana dove lo stesso Pontefice presiede la Messa proprio in occasione della 24ma Giornata Mondiale della Vita Consacrata.
Una celebrazione caratterizzata dal rito della Candelora, ovvero la festa della Presentazione al Tempio di Gesù bambino, che la Chiesa – come da tradizione – celebra il 2 febbraio, a 40 giorni esatti dal Natale. Nella sua omelia, il Papa ricorda le parole dell’anziano Simeone, l’unico “tutti gli uomini che stavano al tempio quel giorno”, a vedere “in Gesù il Salvatore”.
Vide la salvezza, perché lo Spirito Santo gli fece riconoscere in quel tenero neonato ‘il Cristo del Signore’. Prendendolo tra le braccia percepì, nella fede, che in Lui Dio portava a compimento le sue promesse. E allora lui, Simeone, poteva andare in pace: aveva visto la grazia che vale più della vita (cfr Sal 63,4), e non attendeva altro.
E, rivolgendosi ai tanti frati, monaci e suore che affollano la basilica vaticana, addobbata a festa e illuminata da migliaia di candele, aggiunge: “Anche voi siete uomini e donne semplici che avete visto il tesoro che vale più di tutti gli averi del mondo”.
È vedere quel che conta nella vita. È accogliere il dono del Signore a braccia aperte, come fece Simeone. Ecco che cosa vedono gli occhi dei consacrati: la grazia di Dio riversata nelle loro mani. Il consacrato è colui che ogni giorno si guarda e dice: “Tutto è dono, tutto è grazia”. Cari fratelli e sorelle, non ci siamo meritati la vita religiosa, è un dono di amore che abbiamo ricevuto.
Ma “saper vedere la grazia – ammonisce Francesco – è il punto di partenza. Guardare indietro, rileggere la propria storia e vedervi il dono fedele di Dio: non solo nei grandi momenti della vita, ma anche nelle fragilità, nelle debolezze, nelle miserie”.
Imparare a vedere la bellezza
Il Papa mette in guardia dalla tentazione del diavolo, che “insiste proprio sulle nostre miserie, sulle nostre mani vuote”. Ma se si va “dietro a pensieri e sentimenti” di questo tipo “rischiamo di perdere la bussola, che è la gratuità di Dio. Perché Dio sempre ci ama e si dona a noi, anche nelle nostre miserie”.
“Perché sulla vita religiosa – sottolinea il Santo Padre – incombe questa tentazione: avere uno sguardo mondano. È lo sguardo che non vede più la grazia di Dio come protagonista della vita e va in cerca di qualche surrogato: un po’ di successo, una consolazione affettiva, fare finalmente quello che voglio”.
Ma la vita consacrata, fa notare il Papa, “quando non ruota più attorno alla grazia di Dio, si ripiega sull’io” e “perde slancio, si adagia, ristagna”.
Quando accade questo “ci si lascia trascinare da pettegolezzi e malignità, ci si sdegna per ogni piccola cosa che non va e si intonano le litanie del lamento sui fratelli, sulle sorelle, sulla comunità, sulla Chiesa, sulla società”.
Così però “non si vede più il Signore in ogni cosa, ma solo il mondo con le sue dinamiche, e il cuore si rattrappisce”, “si diventa abitudinari e pragmatici, mentre dentro aumentano tristezza e sfiducia, che degenerano in rassegnazione”.
Al contrario, “la vita consacrata, se resta salda nell’amore del Signore, vede la bellezza”, “che la povertà non è uno sforzo titanico, ma una libertà superiore, che ci regala Dio e gli altri come le vere ricchezze”; “che la castità non è una sterilità austera, ma la via per amare senza possedere”; “che l’obbedienza non è disciplina, ma la vittoria sulla nostra anarchia nello stile di Gesù”.
Chi tiene lo sguardo su Gesù impara a vivere per servire. Non aspetta che comincino gli altri, ma si mette in cerca del prossimo. #VitaConsacrata
— Papa Francesco (@Pontifex_it) February 1, 2020
A braccio, il Papa racconta poi l’aneddoto di un monastero benedettino italiano colpito dal terremoto dell’Italia centrale: “Col sisma è andato distrutto e un altro monastero ha invitato le suore a traslocarsi da loro. Ma sono rimaste lì poco tempo: non erano felici, pensavano al posto che avevano lasciato, alla gente di là. E alla fine hanno deciso di tornare e fare il monastero in due roulotte. Invece di essere in un grande monastero, comode, erano come le pulci, lì, tutti insieme, ma felici nella povertà. Questo è successo in questo ultimo anno. Una cosa bella!”.
Vivere per servire
“Chi tiene lo sguardo su Gesù impara a vivere per servire – prosegue il Pontefice -. Non aspetta che comincino gli altri, ma si mette in cerca del prossimo”.
Ma nella vita consacrata dove si trova il prossimo? La risposta del Papa: “Anzitutto nella propria comunità. Va chiesta la grazia di saper cercare Gesù nei fratelli e nelle sorelle che abbiamo ricevuto. È lì che si inizia a mettere in pratica la carità: nel posto dove vivi, accogliendo i fratelli e le sorelle con le loro povertà”.
“Oggi, tanti vedono negli altri solo ostacoli e complicazioni – sottolinea il Santo Padre -. C’è bisogno di sguardi che cerchino il prossimo, che avvicinino chi è distante”.
In questa prospettiva, “i religiosi e le religiose, uomini e donne che vivono per imitare Gesù, sono chiamati a immettere nel mondo il suo stesso sguardo, lo sguardo della compassione”, “lo sguardo che non condanna, ma incoraggia, libera, consola”.
Lo sguardo dei consacrati, allora, “non può che essere uno sguardo di speranza”. Se ci si guarda attorno, osserva il Papa, “è facile perdere la speranza: le cose che non vanno, il calo delle vocazioni…”. Anche qui “incombe la tentazione dello sguardo mondano, che azzera la speranza”. Cosa fare? “Non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Ecco il segreto. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo”.
“Chiediamo uno sguardo nuovo, che sa vedere la grazia, che sa cercare il prossimo, che sa sperare. Allora anche i nostri occhi vedranno la salvezza”, conclude il Papa.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media