“Il discepolo di Gesù è luce quando sa vivere la propria fede al di fuori di spazi ristretti”
All’Angelus l’appello del Papa contro la tratta: “Per sanare questa piaga che sfrutta i più deboli, è necessario l’impegno di tutti: istituzioni, associazioni e agenzie educative”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – “Il discepolo di Gesù è luce quando sa vivere la propria fede al di fuori di spazi ristretti, quando contribuisce a eliminare i pregiudizi, a eliminare le calunnie, e a far entrare la luce della verità nelle situazioni viziate dall’ipocrisia e dalla menzogna. Fare luce. Ma non è la mia luce, è la luce di Gesù: noi siamo strumenti perché la luce di Gesù arrivi a tutti”.
Lo ricorda Papa Francesco durante la preghiera domenicale dell’Angelus. Il Pontefice, affacciandosi su una piazza San Pietro gremita di fedeli, commenta il brano del Vangelo odierno (cfr Mt 5,13-16), nel quale Gesù “utilizza un linguaggio simbolico per indicare a quanti intendono seguirlo alcuni criteri per vivere la presenza e la testimonianza nel mondo”. Due le immagini sul quale il Santo Padre pone l’accento.
La prima è quella del sale, “l’elemento che dà sapore e che conserva e preserva gli alimenti dalla corruzione”. Ma cosa significa che un cristiano è “sale del mondo”? “Il discepolo – spiega il Papa – è chiamato a tenere lontani dalla società i pericoli, i germi corrosivi che inquinano la vita delle persone”.
In altre parole, “si tratta di resistere al degrado morale, al peccato, testimoniando i valori dell’onestà e della fraternità, senza cedere alle lusinghe mondane dell’arrivismo, del potere, della ricchezza”.
È “sale” il discepolo che, nonostante i fallimenti quotidiani – perché tutti noi ne abbiamo –, si rialza dalla polvere dei propri sbagli, ricominciando con coraggio e pazienza, ogni giorno, a cercare il dialogo e l’incontro con gli altri. È “sale” il discepolo che non ricerca il consenso e il plauso, ma si sforza di essere una presenza umile, costruttiva, nella fedeltà agli insegnamenti di Gesù che è venuto nel mondo non per essere servito, ma per servire. E di questo atteggiamento c’è tanto bisogno!
La seconda immagine che Gesù propone ai suoi discepoli è quella della luce. In questa prospettiva, “Gesù è la luce che ha fugato le tenebre, ma esse permangono ancora nel mondo e nelle singole persone”. Dunque, “è compito del cristiano disperderle facendo risplendere la luce di Cristo e annunciando il suo Vangelo”.
Si tratta, sottolinea il Papa, “di una irradiazione che può derivare anche dalle nostre parole, ma deve scaturire soprattutto dalle nostre ‘opere buone’. Un discepolo e una comunità cristiana sono luce nel mondo quando indirizzano gli altri a Dio, aiutando ciascuno a fare esperienza della sua bontà e della sua misericordia”.
E ammonisce: “Il discepolo di Gesù è luce quando sa vivere la propria fede al di fuori di spazi ristretti, quando contribuisce a eliminare i pregiudizi, a eliminare le calunnie, e a far entrare la luce della verità nelle situazioni viziate dall’ipocrisia e dalla menzogna. Fare luce. Ma non è la mia luce, è la luce di Gesù: noi siamo strumenti perché la luce di Gesù arrivi a tutti”.
Infine, il Pontefice invita tutti i credenti a “non avere paura di vivere nel mondo, anche se in esso a volte si riscontrano condizioni di conflitto e di peccato”.
“Di fronte alla violenza, all’ingiustizia, all’oppressione, il cristiano non può chiudersi in sé stesso o nascondersi nella sicurezza del proprio recinto; anche la Chiesa non può chiudersi in sé stessa, non può abbandonare la sua missione di evangelizzazione e di servizio”, aggiunge.
“La Chiesa si spende con generosità e tenerezza per i piccoli e i poveri: questo non è lo spirito del mondo, questo è la sua luce, è il sale. La Chiesa ascolta il grido degli ultimi e degli esclusi, perché è consapevole di essere una comunità pellegrina chiamata a prolungare nella storia la presenza salvifica di Gesù Cristo”, conclude il Papa.
Dopo la benedizione, il Papa ricorda la memoria liturgica di Santa Giuseppina Bakhita (che si festeggia l’8 febbraio) durante la quale si è celebrata la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la Tratta di persone.
“Per sanare questa piaga – perché è una vera piaga! – che sfrutta i più deboli, è necessario l’impegno di tutti: istituzioni, associazioni e agenzie educative”, è l’appello del Pontefice.
Che aggiunge: “Sul fronte della prevenzione, mi preme segnalare come diverse ricerche attestino che le organizzazioni criminali usano sempre più i moderni mezzi di comunicazione per adescare le vittime con l’inganno. Pertanto, è necessario da una parte educare a un uso sano dei mezzi tecnologici, dall’altra vigilare e richiamare i fornitori di tali servizi telematici alle loro responsabilità”.
Infine, l’immancabile saluto: “Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”
(Il Faro online)