A spiegare le origini del fenomeno e le sue possibili soluzioni è la scienziata Ilaria Falconi
Fiumicino – Non passa giorno in cui non si parli di erosione costiera: fra polemiche (leggi qui) e proposte (leggi qui), infatti, il problema è più attuale che mai, e il litorale romano (ed in particolare Ostia, Fiumicino e Fregene) non ne è certo esente. Ma cos’è, precisamente, l’erosione costiera? Quali sono le sue cause scatenanti? E come potrebbe essere contrastata? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Ilaria Falconi, tecnico Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) presso il Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, nonché consigliere Sigea (Società Italiana di Geologia Ambientale).
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Che cos’è l’erosione costiera?
“Quello costiero – spiega Ilaria Falconi – è un ambiente estremamente dinamico, e l’erosione è soltanto uno dei tanti fenomeni che ne caratterizzano il ciclo vitale. Nello specifico, l’erosione costiera consiste nell’arretramento della linea di costa e, pur essendo un fenomeno di origine naturale, antico come la Terra, è evidente come la mano dell’uomo abbia contribuito ad accelerarne pericolosamente i tempi. Purtroppo, nell’ultimo cinquantennio, in Italia, la dissipazione delle risorse primarie ed un uso del suolo non corretto hanno amplificato gli effetti di fenomeni distruttivi come alluvioni, frane ed erosione della costa. Le azioni antropiche (cioè l’opera dell’uomo, ndr), insomma, destabilizzano i complicati e delicati equilibri che presiedono alla costituzione delle spiagge e alla loro evoluzione”.
Erosione a breve e a lungo termine
“I fenomeni erosivi – precisa – possono essere suddivisi in due categorie: l’erosione a breve termine (di tipo reversibile, prodotta in genere dal trasporto di sedimenti verso il largo e associata alle mareggiate con periodicità stagionale) e l’erosione a lungo termine, dovuta normalmente a squilibri nel bilancio sedimentario originati dal trasporto solido litoraneo. I fattori naturali, dunque, hanno un ruolo di gran lunga predominante, soprattutto nel lungo periodo, e quelli più importanti sono senz’altro i venti e le tempeste, le correnti vicine alle spiagge, l’innalzamento del livello del mare, la subsidenza del suolo e l’apporto liquido e solido dei fiumi al mare”.
“Come abbiamo già detto, però, anche i fattori antropici svolgono un ruolo di assoluta rilevanza nel processo di erosione costiera: tra questi, spiccano certamente l’intesa antropizzazione delle coste (con la costruzione di porti (leggi qui), abitazioni, strutture ed infrastrutture), l’impoverimento dell’apporto di materiale solido dei fiumi – causato dalla massiccia estrazione di materiale dagli alvei e dagli interventi di regimazione dei corsi d’acqua -, e gli stessi interventi di difesa, poiché, in fase di pianificazione e progettazione di un’opera di difesa costiera, sarebbe necessario tenere conto non solo dell’efficacia della stessa opera nel contrastare l’erosione, ma anche degli effetti che la sua presenza può generare sull’ambiente emerso e sommerso circostante”.
“Qualunque manufatto realizzato a mare, infatti, – spiega la dottoressa Falconi – costituisce un ostacolo al libero propagarsi delle correnti e delle onde e pertanto interagisce con esse, dando luogo ad effetti di vario genere che possono produrre conseguenze anche a grandi distanze, aggravando i fenomeni erosivi in atto o addirittura innescandone di nuovi sulle rive adiacenti non protette. Le opere di difesa, quindi, devono essere conformate in modo che i liberi movimenti delle acque possano superare l’opera e proseguire oltre, sia pure modificati e ridotti”.
“Nella progettazione di un’opera di difesa, d’altronde, occorre tenere nella debita considerazione e valutare opportunamente anche le caratteristiche dei movimenti migratori dei materiali litici, con attenzione al senso nel quale in prevalenza tali movimenti si verificano; la posizione, rispetto all’opera da costruire, delle fonti di rifornimento dei materiali consistenti prevalentemente nelle conoidi situate alle foci dei fiumi; la ripartizione di tali materiali lungo gli arenili dovuta alle caratteristiche del litorale nonché ai movimenti delle acque marine in prossimità del litorale stesso; la composizione granulometrica dei materiali e la quantità degli stessi che mediamente persiste nella zona.
Occorre pertanto evitare di contrastare eccessivamente i movimenti naturali delle acque marine, cercando di assecondarli il più possibile e di favorire la normale tendenza del mare al ripascimento, nel senso di non impedire del tutto l’azione di trascinamento dei materiali sciolti lungo l’arenile ad opera delle correnti di riva e di non ostacolare il raggiungimento dell’arenile stesso da parte dei materiali sciolti”.
“Infine, per mitigare gli effetti dell’erosione costiera – suggerisce Falconi -, sarebbe opportuno introdurre il divieto di operare ampliamenti, anche stagionali, della superficie dell’arenile verso il mare abbassando la quota esistente, o stabilita, della spiaggia; il divieto di asportazione dei tronchi spiaggiati in modo che possano esercitare funzioni di contrasto all’azione del mare e del vento nonché di trappola per i sedimenti, e l’individuazione di una fascia di rispetto in zona costiera (compresa l’area dunale) che ne garantisca la tutela attiva, per contrastare la sempre crescente domanda di trasformazione del suolo”.
Il trasporto solido del fiume Tevere
“Il Tevere – spiega Ilaria Falconi – è il principale fiume dell’Italia centrale e peninsulare ed è il terzo fiume italiano per lunghezza (dopo il Po e l’Adige). Per estensione del bacino idrografico è, invece, il secondo fiume italiano dopo il Po. Il Tevere è, inoltre, il terzo fiume italiano per quanto riguarda la portata (dopo il Po e il Ticino). Il percorso del Tevere attraversa sei regioni: nasce in Emilia-Romagna, attraversa la porzione centro orientale della Toscana, passa per l’Umbria e, dopo aver ricevuto il contributo dalle Marche e dall’Abruzzo, percorre il Lazio e, attraversata la città di Roma, sfocia nel Mar Tirreno non più solo a Ostia, come in passato, ma anche a Fiumicino, in un delta con due bracci (uno naturale, la cosiddetta ‘fiumara’; l’altro artificiale, denominato ‘canale di Traiano’) che delimitano l’Isola Sacra”.
“Il trasporto solido del Tevere – continua – è il principale fra i fattori che determinano l’evoluzione morfologica dell’alveo (la parte di terreno occupata dal fiume) e delle spiagge limitrofe alla foce (la parte finale del fiume). A Roma, il trasporto solido del Tevere si verifica soprattutto in sospensione ed in misura trascurabile al fondo, per cui il valore del trasporto torbido annuo può essere tranquillamente assimilato al valore totale del trasporto solido. E il trasporto solido, a Roma, è concentrato in quei giorni dell’anno in cui si verificano i fenomeni di piena: su scala annuale, quindi, si concentra esclusivamente nei giorni in cui la portata media giornaliera supera il valore soglia di 340-360 m³/s. Nel 1970 – spiega la dottoressa Falconi – il trasporto solido si attestava attorno ai 137 m³/km²: tale apporto ha consentito, negli anni, l’accrescimento del delta (un accumulo di sedimenti) del fiume. I dati ricavati dalla stazione idrometrica di Roma Ripetta evidenziano, tuttavia, una progressiva riduzione del trasporto torbido annuo dal periodo 1873-1879 fino ai giorni nostri, causato da fattori naturali ed antropici (Fig.2)”.
“Nel corso degli ultimi cento anni, infatti, sono stati numerosi gli interventi antropici a carico del Tevere; interventi i cui effetti si sono talvolta sommati ed hanno determinato esiti spesso non previsti e per la cui soluzione si sono resi necessari nuovi interventi. Fra questi si annoverano la costruzione dei muraglioni nel tratto tra Ponte Margherita e Ponte Palatino per la difesa della città dalle piene; l’arginatura, realizzata nel 1930, del tratto vallivo del Tevere da Roma al mare per proteggere i terreni bonificati dall’esondazione e per restringere l’alveo di magra per la navigazione; il banchinamento del tratto urbano delle arginature al fine di salvaguardare la stabilità dei muraglioni minacciata dall’approfondimento dell’alveo, causato dall’erosione del fondo, conseguenza della citata arginatura; i prelievi in alveo di ingenti quantità di materiale inerte, avvenuti specialmente negli anni sessanta per la realizzazione dell’autostrada A1 e della ferrovia Roma-Firenze; la costruzione di sette soglie da Ponte Milvio fino al porto di San Paolo per contrastare l’approfondimento dell’alveo; la costruzione da parte dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) di cinque impianti idroelettrici sull’asta principale del fiume nel medio e basso corso”.
“La relazione esistente tra costruzione degli invasi idroelettrici e la diminuzione dei deflussi torbidi è evidenziata nella figura 1: dopo il 1952, anno di entrata in funzione dello sbarramento di Castel Giubileo, si è registrata una diminuzione del deflusso torbido di circa il 40% ed un’ulteriore riduzione si è riscontrata dopo la costruzione della traversa di Nazzano e del bacino di Corbara avvenuta nel decennio a cavallo tra gli anni cinquanta ed i sessanta”.
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(Il Faro online)