“Alcol e droga sono un problema, ma Fiumicino non è il Bronx d’Italia”
Intervista al presidente della cooperativa sociale integrata Mobi.Di di Fiumicino, Marco Cellarosi: “La cultura dello sballo si combatte solo con la vera cultura”
Fiumicino – “Il consumo di alcol e droga tra i giovani è sì un problema ma quello che accade a Fiumicino non è diverso dalle altre città d’Italia (leggi qui)”. A parlare è Marco Cellarosi, presidente della cooperativa sociale integrata Mobi.Di, che da undici anni svolge un lavoro prezioso – grazie a un bando comunale – per il territorio occupandosi di prevenzione, recupero e orientamento al lavoro per le persone con problemi di dipendenze “con o senza sostanza”.
La questione è più che mai attuale: tanti residenti lamentano il “degrado” e “l’incuria” dei posti frequentati dai giovani che, dopo una serata trascorsa in compagnia degli amici, abbandonano bottiglie e bicchieri dove capita. E così, al risveglio, la città vede immondizia sparsa ovunque dal vento e dagli animali.
“In questi casi è un problema di educazione – spiega Cellarosi a ilfaroonline.it – Quello che ci troviamo ad affrontare ogni giorno è ben altro“. Stando ai dati della cooperativa, “dal 2016 ad oggi abbiamo registrato un crescendo del fenomeno dipendenze (alcol, droghe e gioco d’azzardo) che coinvolge una fascia d’età sempre più bassa”. “Nel 2018 abbiamo avuto 61 richieste d’aiuto a differenza del 2017 quando ci hanno contattato in 57; nel 2016 a stento abbiamo toccato i 50“.
Eppure, questi numeri sono solo una parte della realtà: “Sono diverse le persone che ci contattano, anche se poi non sempre tutte completano il percorso, qualcuno lascia ancor prima di cominciare. In media, tra tutti quelli che ci chiedono aiuto, solo il 50 per cento si reca poi effettivamente nelle nostre strutture per iniziare un percorso di ripresa. Ci sono però tanti altri che vivono queste situazioni che non chiedono aiuto. I motivi sono i più disparati, dal carattere alla paura di essere giudicati”, sottolinea Cellarosi.
Ma quanto si registra e accade sul litorale romano non è diverso dal resto della Nazione. “Pochi mesi fa su alcune riviste uscirono diversi articoli che disegnavano Fiumicino come uno dei comuni primi in Italia per il gioco d’azzardo. Mai notizia è stata più falsa – prosegue il presidente -: la stima che hanno fatto è solo sulla casa da gioco di Parco Leonardo, tra le più grandi del centro Italia, frequentata solo dal 5 per cento dei fiumicinesi. Tutte le altre persone vengono da Roma”.
Gioco d’azzardo: la “radice” di tutte le dipendenze
“Il vero problema è questo. Tutti parlano di droghe e alcol ma nessuno accende i riflettori sul gioco d’azzardo”. Oggi, secondo i dati raccolti da Mobi.Di, i giocatori d’azzardo sono di due tipi: i giovani, che non si vedono perché giocano online tramite pc o smarphone; e le persone un po’ più avanzate d’età “queste si che si notano perché giocano nelle ricevitorie alle slot.
“Il gioco trascina sempre più in basso e apre le porte ad altre dipendenze come l’alcol o altre sostanze che aiutano a tenersi svegli. Qui ci troviamo spesso a lavorare con giovani che oltre al gioco d’azzardo hanno anche queste altre dipendenze legate a droghe che fino a qualche tempo fa nemmeno esistevano”.
Droghe 2.0
“Prima eroina e cocaina erano i grandi nemici da debellare. E chi ne faceva uso si riconosceva per strada. Oggi invece lavoriamo molto sulle dipendenze da internet o da social network”, fa notare Cellarosi. “Dal pc ma soprattutto dal telefonino bambini, perché anche i bambini adesso hanno il cellulare con l’accesso a internet, e adolescenti hanno i primi approcci con la sessualità e la droga. Il punto cruciale è questo: genitori e famiglie assenti rimpiazzati da smartphone, tablet e tv che, all’occorrenza, fungono anche da baby-sitter”.
“L’inciviltà è frutto anche di questo: raramente i contenuti che si trovano online o in televisione educano i più piccoli. E se l’unico riferimento del giovane che cresce è quello che vede in quegli schermi è normale che poi ci risvegliamo la mattina con i marciapiedi e il lungomare pieno di bottiglie di vetro e bicchieri da cocktail abbandonati”.
“Le famiglie devono tornare ad educare i propri figli, perché quello che c’è oltre il vetro dello schermo distorce la realtà dei fatti. Oggi presi dalla fretta e dal lavoro fatichiamo a trovare spazi per stare con le nostre famiglie. Ma noi adulti dobbiamo sforzarci il più possibile di essere presenti nella vita dei nostri ragazzi, soprattutto come educatori, non come amici”, è l’auspicio di Cellarosi.
Formazione “alla pari”
Cosa fare allora? “Noi lasciamo che siano i ragazzi stessi a formare i coetanei. Al Liceo Baffi abbiamo attuato quella che chiamiamo ‘peer education’ ovvero ‘educazione alla pari’. Lasciamo che siano i ragazzi del quarto o quinto anno a formare i più piccoli. Gli adolescenti con un adulto faticano a parlare, lo vedono distante. Con un coetaneo sono più propensi a parlare e ad aprirsi. A fine anno si creano dei laboratori dove attraverso recite e filmati i ragazzi fanno vedere il disagio del ‘tossico’ e il lungo percorso che affronta quest’ultimo per tornare alla vita di tutti i giorni“.
Un altro prezioso aiuto arriva dal mondo animale: “Da quest’anno – spiega Cellarosi – abbiamo introdotto l’educazione cinofila. Attenzione, non parliamo di cani poliziotto. Sono cani che non annusano alla ricerca di sostanza ma giocano e attraverso il gioco e la compagnia aiutano il ragazzo ad aprirsi e a parlare delle sue problematiche. Perché non è detto che il problema con la dipendenza l’abbia il ragazzo stesso: alle volta è qualche parente, o un genitore ad aver bisogno di assistenza”.
Il ruolo delle Istituzioni
Tutto questo è possibile anche grazie al ruolo e al contributo che le istituzioni statali: “Il Comune di Fiumicino è un comune virtuoso perché investe nelle prevenzione, che è l’azione più efficace per contrastare tutti i tipi di dipendenze, che sono un problema sanitario. Dunque è la Regione che dovrebbe intervenire. Qui invece è soprattutto l’Amministrazione comunale, con fondi propri, a contribuire maggiormente”.
“Ci tengo a precisare che queste non sono terapie, quelle spettano alla Asl. Nel nostro progetto, infatti, che il Comune ha sposato e che stiamo realizzano, noi offriamo supporto psicologico, lavoriamo per fare prevenzione nelle scuole. Eppure, nonostante gli sforzi, tutto questo non basta. Tutte le Istituzioni, a ogni livello, devono investire di più in questi progetti – conclude -. Perché se è vero che la scuola e la famiglia, alcune volte, sono assenti, è anche vero che spesso, in contesti come Fiumicino, mancano alternative come potrebbe essere un centro d’aggregazione giovanile, un teatro. Solo così, con la vera cultura, si combatte la cultura dello sballo“.
(Il Faro online)