Liquidità alle imprese? Solo dopo il 20 aprile per i mini prestiti, ma dai 25mila euro in su sono dolori
Unimpresa: “La catena banche-imprese non riuscirà, salvo miracoli, a muoversi nella dimensione dell’immediatezza per i prestiti”.
Roma – Sarà anche un cura per salvare l’Italia, ma rischiamo che la medicina arrivi a paziente ormai defunto. Ci riferiamo ai prestiti per le imprese in difficoltà (molte delle quali in difficoltà anche per i crediti non riscossi dalla pubblica amministrazione – leggi qui). e al cosiddetto “Decreto liquidità”. La procedura sarà pronta solo a partire dal 20 aprile, concretamente. Solo dopo tale data – e al netto della burocrazia da rispettare – la macchina organizzativa delle banche potrà dare il via ai nuovi prestiti alle imprese e alle partite Iva supportati dalle garanzie pubbliche introdotte col decreto-legge sulla liquidità.
La pratica dovrebbe rivelarsi particolarmente veloce per i mini-prestiti, quelli fino a 25.000 euro. Ma, oltre questa soglia – sia per i finanziamenti alle piccole e medie imprese da 800.000 euro sostenuti dal Fondo centrale di garanzia, sia quelli di importo maggiore, accompagnati dalle agevolazioni Sace – potrebbero trascorrere diverse settimane prima che le somme siano materialmente messe e disposizione delle aziende. A dirlo è un’analisi del Centro studi di Unimpresa sul decreto-legge 8 aprile 2020 numero 23, secondo la quale il meccanismo messo in piedi dal governo per la concessione dei prestiti accompagnati dalle garanzie di Stato è tortuoso e farraginoso.
In ogni caso, ricorda l’associazione, “mancano ancora il via libera dell’Antitrust Ue che deve sciogliere la riserva per eventuali aiuti di Stato illegittimi, il regolamento Sace per definire le graduatorie sulle garanzie, le disposizioni interne ai singoli istituti di credito. Il rischio più stringente è che i soldi alle imprese arrivino troppo tardi e dopo un calvario di domande, analisi dello stato di salute e complessi scambi documentali con le banche. Le norme sciolgono lacci come il codice della crisi d’impresa, cancellando per un anno una serie di adempimenti, ma non eliminano il rischio di tempi lunghi per i prestiti che vanno dai 25.000 euro in su”.
Secondo l’analisi di Unimpresa – riportata da AdnKronos – “nel decreto c’è una grande linea che separa le piccole imprese dalle altre. Chi è prima di questa linea, cioè l’idraulico, il piccolo commerciante, l’artigiano, la partita Iva leggera, la ditta individuale, potrebbe avere un prestito di fatto quasi immediato, pari al 25% del fatturato con un tetto di 25.000 euro erogabile dalle banche. L’erogazione sarà effettua senza alcuna valutazione del merito di credito, cioè nessuna radiografia sull’impresa. Gli interessi saranno molti bassi, intorno all’1,2% medio, e il prestito si comincerà a restituire non da subito, ma dal terzo dei sei anni a disposizione”.
Oltre la soglia dei 25.000 euro, invece, “potrebbero sorgere i problemi, a cominciare dai prestiti che vanno fino a 800.000 euro, quelli che vanno a impattare sulle aziende fino a 500 dipendenti, per le quali è stabilita una valutazione del merito creditizio che terrà conto della situazione finanziaria pre-crisi. È stata cancellata la valutazione dell’andamento degli ultimi mesi segnati dal Covid-19, ma il check-up resta e i tempi dell’istruttoria non sono definiti nel decreto”.
“Stiamo parlando della spina dorsale del sistema produttivo italiano. Sono quelle che stanno subendo più di tutte la crisi che morde perché non hanno alle spalle grandi capitali né tanto meno riserve”, commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi.
Secondo Unimpresa, il percorso si fa ancora più problematico per le medie e le grandi imprese: “I tempi dipendono anche in questo caso dalle banche che dovranno implementare il sistema di approvazione interno con le delibere che in alcuni casi devono passare, oltre che al vaglio del comitato crediti, anche all’esame degli organi statutari (direzioni generali e consigli di amministrazione); poi c’è l’iter della Sace che ancora deve emanare il regolamento per le richieste e per la definizione delle graduatorie”.
“La catena banche-imprese non riuscirà, salvo miracoli, a muoversi nella dimensione dell’immediatezza, quantomeno della tempestività. È un pericolo concreto che si rischia di correre anche nei confronti dei lavoratori autonomi, delle famiglie e di tutti i destinatari del decreto”, conclude Longobardi.
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