Urbi et Orbi di Pasqua, il Papa: “Basta divisioni, lasciamoci contagiare dalla speranza”
Dai cancelli della Confessione, in una basilica vaticana deserta, il messaggio di auguri alla Città e al Mondo, poi il monito all’Ue: “Superare egoismi e divisioni, la sfida epocale del coronavirus si supera solo con la solidarietà”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – E’ una Pasqua diversa davvero per tutti, anche per Papa Francesco. Per la prima volta nella storia moderna la benedizione Urbi et Orbi non si svolge in piazza San Pietro, con il Pontefice affacciato dalla loggia centrale della basilica vaticana, bensì dai cancelli della Confessione. Il grande abbraccio del colonnato è deserto; il sagrato, che in occasione della festa della Risurrezione viene trasformato in un giardino fiorito, è spoglio.
Anche la solenne messa si svolge all’interno della basilica, all’Altare della Cattedra. Al centro del presbiterio il Crocifisso miracolo di San Marcello, portato in Vaticano per volere dello stesso Bergoglio in occasione del momento di preghiera straordinario contro la pandemia (leggi qui); poco distante, addobbata con fiori, l’icona della Salus Populi Romani. Omesso il rito del “Resurrexit”. La celebrazione eucaristica si svolge in un clima di grande sobrietà. Tolte le vesti sacre, raggiunge il baldacchino, sotto il quale è custodita la tomba del Principe degli Apostoli. Davanti al Papa una San Pietro desolata, completamente vuota.
Il messaggio pasquale che rivolge alla “Città (di Roma) e al Mondo” intero, oppressi dalla pandemia del Covid-19, è ancora una volta un invito alla speranza, ma anche un monito ai leader dell’Unione Europea a superare egoismi e divisioni perché la “sfida epocale” della pandemia si può superare solo con la “solidarietà”.
Contagiati dalla speranza
“Cristo è risorto”, è l’incipt del messaggio di Papa Bergoglio. Una “Buona Notizia” che si è “accesa nella notte” “di un mondo già alle prese con sfide epocali ed ora oppresso dalla pandemia”. Ma l’annuncio della risurrezione è “un altro ‘contagio’, che si trasmette da cuore a cuore: è il contagio della speranza: ‘Cristo, mia speranza, è risorto!’. Non si tratta di una formula magica, che faccia svanire i problemi. No, la risurrezione di Cristo non è questo. È invece la vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non ‘scavalca’ la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene: marchio esclusivo del potere di Dio”.
Gesù risorto, fa notare il Pontefice, è lo stesso Gesù crocifisso: “Nel suo corpo glorioso porta indelebili le piaghe: ferite diventate feritoie di speranza. A Lui volgiamo il nostro sguardo perché sani le ferite dell’umanità afflitta”.
Il pensiero di Francesco “va soprattutto a quanti sono stati colpiti direttamente dal coronavirus: ai malati, a coloro che sono morti e ai familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali a volte non sono riusciti a dare neanche l’estremo saluto”. “Il Signore della vita accolga con sé nel suo regno i defunti e doni conforto e speranza a chi è ancora nella prova, specialmente agli anziani e alle persone sole. Non faccia mancare la sua consolazione e gli aiuti necessari a chi si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, come chi lavora nelle case di cura, o vive nelle caserme e nelle carceri”, è la preghiera del Santo Padre.
Per molti, fa notare, “è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi”; la pandemia “non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di” partecipare ai sacramenti. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli!”.
La preghiera per i medici e i clochard
Poi, la preghiera e il “grazie” per il personale sanitario e le forze dell’ordine, in prima linea contro il Covid-19: “Gesù, nostra Pasqua, gli dia forza e speranza ai medici e agli infermieri, che ovunque offrono una testimonianza di cura e amore al prossimo fino allo stremo delle forze e non di rado al sacrificio della propria salute. A loro, come pure a chi lavora assiduamente per garantire i servizi essenziali necessari alla convivenza civile, alle forze dell’ordine e ai militari che in molti Paesi hanno contribuito ad alleviare le difficoltà e le sofferenze della popolazione, va il nostro pensiero affettuoso con la nostra gratitudine.
Ma questo tempo, se per alcuni è l’occasione “per riflettere” e “fermare i frenetici ritmi della vita, per stare con i propri cari e godere della loro compagnia”, per molti altri è “un tempo di preoccupazione” “per il lavoro che si rischia di perdere e per le altre conseguenze che l’attuale crisi porta con sé”. Da qui l’invito del Papa a “quanti hanno responsabilità politiche ad adoperarsi attivamente in favore del bene comune dei cittadini, fornendo i mezzi e gli strumenti necessari per consentire a tutti di condurre una vita dignitosa e favorire, quando le circostanze lo permetteranno, la ripresa delle consuete attività quotidiane”.
Per il Pontefice non è “questo il tempo dell’indifferenza, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia”. Francesco ricorda i poveri, quelli che “vivono nelle periferie”, i profughi e i senza tetto: “Non siano lasciati soli questi fratelli e sorelle più deboli. Non facciamo loro mancare i beni di prima necessità”.
Poi l’appello ad allentare “le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri”.
Il monito all’Ue: “Superare divisioni ed egoismi”
Papa Francesco bacchetta poi i leader dell’Unione Europea: “Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone”. L’Europa, “dopo la Seconda Guerra Mondiale, è potuto risorgere grazie a un concreto spirito di solidarietà che gli ha consentito di superare le rivalità del passato. È quanto mai urgente, soprattutto nelle circostanze odierne, che tali rivalità non riprendano vigore, ma che tutti si riconoscano parte di un’unica famiglia e si sostengano a vicenda”, afferma Bergoglio.
“Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero – aggiunge il Santo Padre -. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative”.
“L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni. Non è questo il tempo delle divisioni”, sottolinea.
“Cessi il fragore delle armi nel mondo”
Infine, un accorato appello al cessate il fuoco “globale e immediato in tutti gli angoli del mondo. Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbe essere usati per curare le persone e salvare vite”.
Il pensiero del Pontefice va all’Oriente e ai paesi in guerra: “Sia invece il tempo in cui porre finalmente termine alla lunga guerra che ha insanguinato la Siria, al conflitto in Yemen e alle tensioni in Iraq, come pure in Libano. Sia questo il tempo in cui Israeliani e Palestinesi riprendano il dialogo, per trovare una soluzione stabile e duratura che permetta ad entrambi di vivere in pace. Cessino le sofferenze della popolazione che vive nelle regioni orientali dell’Ucraina. Si ponga fine agli attacchi terroristici perpetrati contro tante persone innocenti in diversi Paesi dell’Africa.
“Non è questo il tempo della dimenticanza – aggiunge -. La crisi che stiamo affrontando non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone. Il Signore della vita si mostri vicino alle popolazioni in Asia e in Africa che stanno attraversando gravi crisi umanitarie, come nella Regione di Cabo Delgado, nel nord del Mozambico”.
“Riscaldi il cuore delle tante persone rifugiate e sfollate, a causa di guerre, siccità e carestia. Doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia e al confine tra Grecia e Turchia. Permetta in Venezuela di giungere a soluzioni concrete e immediate, volte a consentire l’aiuto internazionale alla popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”, prosegue il Papa.
Che conclude: “Indifferenza, egoismo, divisione, dimenticanza non sono davvero le parole che vogliamo sentire in questo tempo. Vogliamo bandirle da ogni tempo! Esse sembrano prevalere quando in noi vincono la paura e la morte, cioè quando non lasciamo vincere il Signore Gesù nel nostro cuore e nella nostra vita. Egli, che ha già sconfitto la morte aprendoci la strada dell’eterna salvezza, disperda le tenebre della nostra povera umanità e ci introduca nel suo giorno glorioso che non conosce tramonto”. Poi la benedizione Urbi et Orbi, mentre fuori, in una piazza deserta, suonano a festa tutte le campane della basilica vaticana in un clima surreale.
(Il Faro online) – Foto © Vatican Media