L'EVENTO

Concorso di scrittura, mentre inviate i vostri lavori ecco il covid-19 visto dai più piccoli

22 aprile 2020 | 18:47
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Concorso di scrittura, mentre inviate i vostri lavori ecco il covid-19 visto dai più piccoli

Successo del nostro concorso di scrittura “Covid-19, quando tutto sarà finito…”. C’è tempo fino all’8 maggio per presentare le vostre poesie e racconti. Oggi pubblichiamo le opere di due bambini di 10 anni

Roma – C’è bisogno di raccontarsi. E di farsi leggere in questo interminabile isolamento costruito per fronteggiare il mostro. Lo si capisce dalla quantità di opere che i lettori stanno inviando al nostro giornale per prendere parte al concorso di scrittura “Covid-19, quando tutto sarà finito…

Sono già un centinaio gli autori che hanno fatto pervenire le loro narrazioni, sotto forma di poesia o di racconto, alla casella email direttore@ilfaroonline.it. (qui trovi il regolamento completo) Si tratta di raccontare storie e riflessioni, osservazioni e fantasie circa resilienza, coraggio, solidarietà, unione e speranza al tempo del coronavirus. Sia nel vissuto quotidiano che nelle aspettative con la ripresa delle attività. Nel rinnovare l’invito a partecipare con un lavoro che non superi il limite di 1000 parole, vi ricordiamo di farci pervenire l’opera in formato word, specificando i vostri dati (nome e cognome, numero di telefono che resteranno riservati e saranno usati solo in caso di vittoria per contattarvi) e il permesso di pubblicare il vostro scritto.

Come vi abbiamo informato in questo articolo, in palio c’è non solo il piacere di veder pubblicato il proprio contributo (lo faremo dopo il 10 maggio) ma anche la possibilità di ricevere un premio. Grazie ai nostri partner commerciali, infatti, la giuria selezionerà le tre migliori opere. Al primo classificato andrà la consegna a domicilio di due menù pesce offerti dal ristorante “L’angolo delle Meduse” di Fiumicino (consegne a Fiumicino, Isola Sacra, Ostia, Ostia Antica, Casal Palocco e Infernetto). Al secondo classificato verrà consegnato un buono acquisto del valore di 50 euro offerto dal gruppo Todis-Capobianco spendibile in 8 punti vendita (Ostia via C. Casana 117 e via A. Olivieri 54, Infernetto viale di Castelporziano 294 e via F. Cilea 248, Acilia di via di Macchia Palocco 95, via C. Albizzati 279, via di Saponara 220 e via del Poggio di Acilia 41). Al terzo classificato andrà un buono acquisto del valore di 50 euro da spendere presso Il Canapajo di Ostia (alimentari e cura del corpo, via A. Saracini 9).

A valutare gli scritti sarà una giuria di grande valore. Il direttore de ilfaroonline.it, Angelo Perfetti, sarà infatti affiancato dai giornalisti nonchè scrittori Massimo Lugli, Gianni Maritati e Pino Scaccia, volti noti della televisione oltre che protagonisti in libreria con i loro volumi.

DUE LAVORI PROPOSTI DA BAMBINI DI 10 ANNI

Ovviamente la giuria valuterà i lavori senza conoscere l’autore. Ed è per questo che oggi vi proponiamo due opere, rispettivamente una poesia e un racconto, che non portano la firma dei rispettivi autori. Possiamo solo sottolineare che entrambi sono scrittori in erba, avendo appena 10 anni. Buona lettura

IL MONDO IN UNA SFERA

Tutto il mondo è racchiuso in una sfera

per scappare da questa bufera

di nome “corona”

ma di certo poco signora.

In questo momento c’è una specie di guerra

non con le armi ma con gli ammalati che sono infettati.

Dottori e infermieri sono soldati

per aiutare questi contagiati.

Per la via della guarigione

una cosa semplice dobbiamo fare

a casa dobbiamo restare,

cercando di non sclerare.

Dalla finestra c’è un gran spettacolo

verde, marrone e altri mille colori.

La natura ci sta osservando e ci dice ogni tanto: “Tranquilli non abbiate paura,

la terra è ancora sicura”.

Aspettiamo che finisca questo canto di morte,

tutta la gente aprirà le porte.

Allora possiamo gioire e abbracciare

amici e compagni e con loro andare a giocare.

Forse avremmo ancora paura,

finchè la terra non è ancora sicura,

Ma pensiamo di essere ancora vivi e

di essere ancora bambini.

Guardiamo il mondo con occhi diversi,

portiamo rispetto alla gente

che combatte questa battaglia e

viviamo la vita con tutti i “SENSI”.

Non mettiamo bandiera bianca e

vinciamo anche questa battaglia.

IL VIRUS BRASILERO 

Quel pomeriggio del 5 luglio 1982 Paulo Rodrigo sudava tanto. Faceva caldo a Rocinha, nella favela di Rio de Janiero dove viveva con sua madre e otto fratelli. A undici anni l’afa non ti fa soffrire più di tanto, pensi ad altro.

Qualcosa a cui pensare per distrarsi c’era. La partita dell’anno, del decennio, del secolo, stava per cominciare. Il Brasile più bello, forte, elegante, divertente di sempre era pronto a divorarsi gli italiani del catenaccio.

Nella favela amici, familiari, conoscenti, vicini, erano riuniti davanti ai pochi televisori disponibili, tutti sintonizzati su TeleGlobo che di li’ a poco avrebbe trasmesso la diretta da Barcellona, stadio Sarrià, di Italia Brasile.

Per Paulo e tutti gli altri brasiliani ci sono solo certezze tanto che a scuola non si parla di chi vincerà ma chi segnerà tra i campioni verdeoro. Le cose vanno diversamente, c’è un tale, un giocatore magrolino italiano che sovverte i pronostici. Si chiama Paolo Rossi , viene da Prato e nemmeno sua madre avrebbe scommesso sulla sua tripletta. La partita termina 3-2 in favore degli italiani che poi diventeranno campioni del mondo. In Brasile è lutto nazionale, nella favela nessuno parla e in quel silenzio tombale Paulo giura vendetta, una vendetta atroce.


La chimica per Paulo Rodrigo era affascinante. Perdersi dietro a formule ed esperimenti era qualcosa di fantastico. Dopo il diploma Paulo si laurea a tempo di record in fisica e chimica con una tesi intitolata “virus e pandemie, il futuro dell’umanità è a rischio?”. Punteggio massimo, lode e bacio del Rettore. Per la verità la passione per alambicchi e pozioni non era così viscerale. Tutto nasceva in quel maledetto 5 luglio 1982. L’idea della vendetta era stata partorita dopo quel pomeriggio. Fargliela pagare agli italiani che avevano eliminato il suo Brasile era l’obiettivo principale. 

Paulo aveva pensato subito all’idea di distruggere tutti gli italiani del mondo con un virus, una pandemia che avrebbe attaccato solo loro. Gli “italioti”sarebbero stati spazzati via dalla Terra con una massiccia inoculazione virale letale. Il mondo sarebbe diventato più bello e pulito senza di loro e, soprattutto, vendetta sarebbe stata compiuta.

Non era facile costruire in laboratorio un virus del genere. Ma negli ultimi anni si era giunti al termine. Il virus c’era, funzionava, era stato testato su dei topi tricolore che erano tutti morti nel giro di poche ore. E pensare che negli anni della scuola nemmeno il suo migliore amico, Renatinho, aveva creduto al suo folle progetto. L’unico con cui si era confidato gli aveva riso in faccia, ma ora le cose erano cambiate e lo avrebbero tutti capito presto. L’aveva chiamato “IB82” quell’ ammasso di cellule che fagocitava gli anticorpi di un qualsiasi italiano portandolo alla morte. Il virus si diffondeva nell’aria, bastava respirare, entrare in contatto con i batteri che poi si propagavano in un batter d’occhio tra uomo e uomo.

Come infettare il paziente zero? Il piano era semplice, e andò così. Paulo si era recato in vacanza in Italia. Volo Rio de Janeiro – Roma. Un banale fazzoletto era stato imbevuto con il liquido contenente la potente carica virale. Il fazzoletto cadde in terra di fronte la hall dell’ albergo. Un solerte impiegato lo raccolse restituendoglielo. Toccandosi successivamente il viso con le mani infette si contagiò per poi propagare la pandemia in modo naturale.

L’Italia era sotto attacco chimico batterico. Il Governo non ci stava capendo nulla. Le persone morivano come mosche. Inizialmente si diventava gialli, poi arrivava la febbre, il vomito, la mancanza di respiro e la morte. Il tutto nel giro di 5 minuti. Una pandemia che, incredibilmente, colpiva solo l’ Italia. Teorie bislacche erano uscite fuori per comprendere da dove fosse partito il virus. Addirittura un tizio brasiliano, tale Renatinho De Sousa, assicurava che la pandemia era stata creata in laboratorio da un suo folle compagno che voleva vendicarsi contro gli italiani per la sconfitta calcistica ai mondiali dell’82’. Ovviamente nessuno gli aveva creduto.

In Italia, per recarsi a fare la spesa, gli uomini dovevano indossare una speciale maschera di contenimento. Altrimenti bastava la semplice vicinanza di un essere umano infetto ad 1 metro di distanza per il contagio sicuro e la morte. Erano tempi cupi ed ormai ci si era abituati a vivere così. Chiusi in casa, spostamenti minimi, giornate davanti a tv e videogiochi.

C’era chi vedeva vecchi film, chi partite di decenni fa, In casa Ceccotti, c’era Mario, sessantenne appassionato di calcio d’annata. I suoi pomeriggi erano scanditi dalle messe in onda di sfide di un tempo che fu. Quel giorno era il turno di Italia-Brasile del 1982. Che partita, forse la più bella. Mario era immerso nel film delle azioni che avevano portato ai gol, ripeteva ad alta voce la formazione di quello storico pomeriggio, il tutto mentre andava a fare la spesa, in una strada dove non c’era, ovviamente, nessuno : “ZOFF, GENTILE, CABRINI, COLLOVATI, SCIREA, ORIALI, CONTI, TARDELLI, ANTOGNONI, GRAZIANI, ROSSI”.

Si era anche dimenticato di indossare la maschera di contenimento, era un pericolo, ma ormai la vita valeva poco, inutile starci troppo a pensare, chi se ne importa.

Svoltato l’angolo, con ancora sulle labbra il nome di Paolo Rossi, lo scontro con un tizio itterico, giallo limone. Eccolo là, il virus, si presentava così. Non lo aveva mai visto dal vivo, non aveva mai visto una persona malata. Addio vita, addio mondo, è stato bello. Sarebbe morto nel giro di pochi minuti, il contagio c’era stato sicuramente, aveva toccato una persona “virusizzata”.

Meglio recitare il Padre Nostro, che in questo caso era la formazione dell’ Italia vittoriosa contro il Brasile. “Zoff, Gentile, Cabrini….”. Strano, in fondo si sentiva bene, ancora non aveva sviluppato nessun sintomo, niente febbre, vomito, mancanza di respiro. Questione di minuti. Era paralizzato, in attesa degli eventi. Così come era fermo, immobile, il tizio itterico che, a vederlo meglio, non sembrava ora stare così male. Anzi. La pelle diventava mano mano più rosacea, gli occhi vividi, paradossalmente sembrava fosse stare meglio.

Gli venne subito in mente l’intervista letta pochi giorni prima sul giornale. La pazza tesi che il virus fosse nato in Brasile, dalla mente e nel laboratorio di un pazzo vendicatore calcistico. Sembrava tutto avere un senso. Il virus che attacca solo gli italiani e l’antidoto, la formazione vincente del 1982, da recitare tutta di un fiato per “disattivarlo”. Doveva comunicare la notizia a tutto il mondo. Chiamare la Polizia, i servizi Segreti, il Primo Ministro.

L’entusiasmo di Mario fu subito smorzato. Nessuno gli aveva dato retta. In effetti difficile dare credito a una teoria del genere. Doveva fare qualcosa. La soluzione gli venne immediatamente:  prendere un aereo per Rio de Janeiro e parlare con questo Renatinho, colui che aveva affermato di conoscere l’untore, o meglio il creatore del virus.

A Rio faceva caldo, la giornata era nuvolosa ma persisteva tanta umidità. Il taxi lo stava conducendo nella parte ricca della città. Renatinho abitava in un condominio giallo e rosso, con le grate in tutte le finestre. Aspettava Mario all’ imbocco del cancello principale.

Parli italiano?

Sì, mio nonnito era di Macerata” – disse Renatinho con un tipico accento brasilero.

Avevi ragione, il virus è legato a quella partita e si ‘disattiva’ recitando la formazione italiana del Mondiale del 82”.

Quella partita fu incredibile, il Brasile era nettamente più forte, ma troppo spavaldo e poco furbo. Dopo di allora non ci siamo cascati più, ci avete insegnato cosa significhi difendersi, ed infatti dodici anni dopo, nel 1994 ci siamo rifatti proprio contro di voi, in finale negli Stati Uniti”.

Beh meno male che l’avete capita, non abbiamo rubato nulla nell’82.” – sorrise Mario – “Ho bisogno del tuo aiuto, mi serve il numero di telefono del tuo compagno di scuola, questo Paulo”.

Possiamo provare, ho un vecchio contatto, un’utenza telefonica intestata ad un suo vicino”.

Il telefono squillava. Dopo un po’ una voce femminile dall’ altra parte del telefono si presentò come la governante di casa Rodrigo. Il signor Paulo in quel momento era impegnato, ma avrebbe richiamato appena possibile a quello stesso numero. Era fatta. Il numero non solo esisteva, ma era proprio quello del folle che aveva messo in pericolo l’esistenza in vita dell’intera nazione italiana.

Siete stati bravi a trovarmi” , aveva esordito dopo pochi minuti Rodrigo che aveva richiamato.

In fondo era quello che volevo. Peccato che non si possa mettere la firma su un virus. Era il mio modo per mostrare a tutto il mondo quando voi italiani possiate essere infidi e scorretti. La partita era falsata. Un vostro massaggiatore due ore prima del fischio d’inizio aveva drogato tutte le nostre borracce con un potente ‘inibitore delle prestazioni“.

Questa poi!” – disse Mario sconcertato da quella pazza affermazione . “L’Italia vinse per merito, giocando una partita straordinaria!

Se proprio vuoi salvare la tua nazione dobbiamo di nuovo scendere in campo. Stessi giocatori, stessa città, stesso campo. Se, come dici tu, l’Italia, questa volta per merito, dovesse battere il mio paese, ti darò l’antidoto definitivo. Sappi che recitare la formazione di fronte ad un contagiato serve soltanto per la prima settimana, dopodichè il virus si ripresenta. Se invece il Brasile dovesse vincere, puoi dire addio a tutti i tuoi connazionali”.

Paulo era stato chiaro. Non c’era via di scampo. Bisognava trovare tutti i vecchi giocatori e metterli in campo. L’impresa non era di quelle facili.

L’entusiasmo con cui invece i vecchi leoni dell’82 accolsero l’idea di giocare di nuovo era forte. Mario ci mise poco a convincerli e a spiegare che si sarebbe giocato di nuovo a Barcellona. 

Paulo Rodrigo per telefono aveva dato tutti i dettagli. Anche lui era riuscito a “tirar su” la stessa formazione di allora, unico assente Socrates, autore del primo gol brasiliano, deceduto pochi anni prima.

Nessuno sapeva la verità su quella partita, a parte Paulo, Mario e Renatinho. La stampa l’aveva presentata come una sfida tra vecchie glorie in ricordo di quei tempi. Nessuno conosceva l’importanza, fondamentalmente la vita di 60 milioni di italiani, o di quelli che erano rimasti, era nei piedi di 11 ultrasessantenni ex giocatori di calcio.

Tutto era pronto, le squadre erano già scese in campo.  La cronaca di quegli attimi non ve la riportiamo integralmente, ma sappiate che il risultato fu lo stesso, 3 a 2 per gli azzurri. L‘Italia è salva!

Gli azzurri si abbracciano a centrocampo, sono di nuovo campioni del mondo, come 38 anni prima. Ad attenderli negli spogliatoi ci sono degli uomini in divisa che confermano tutto. Non si trattava di una semplice rimpatriata tra vecchie glorie del calcio, il match era necessario per ottenere l’antidoto, quello che stava decimando tutti i cittadini italiani.

Paulo Rodrigo successivamente era stato di parola, aveva consegnato l’ “antivirus” in forma di una boccetta liquida accompagnata da un foglio in cui era scritta la formula matematica. Ciò non era stato però sufficiente ad evitargli il carcere brasiliano. Era stato arrestato sotto suggerimento delle autorità italo-carioca, un “pericoloso soggetto per l’ umanità”, così lo avevano definito.

La storia della più incredibile pandemia che l’essere umano abbia mai conosciuto termina qui, prima però ci sono da riportare le dichiarazioni depositate dal carcere di Paulo Rodrigo : “avrei dovuto far fuori Waldir Peres, il nostro portiere, è stato lui la causa della disgrazia”.