Fase 2, la Cei contraria al nuovo decreto: “Compromessa la libertà di culto”
I vescovi italiani alzano la voce contro il prolungamento del divieto di celebrare le Sante Messe: “Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità e quella della Chiesa”
Roma – “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.
E’ quanto si legge in una nota diffusa dalla Conferenza Episcopale Italiana al termine della conferenza stampa del premier Giuseppe Conte che ha annunciato, a partire dal 4 maggio, l’inizio della Fase 2 (leggi qui): non “un libera tutti”, come ha tenuto a precisare il numero uno di Palazzo Chigi, ma un primo allentamento del lockdown. Tra le misure annunciate, la possibilità di celebrare riti funebri ma non il via libera per la ripresa della celebrazioni della Santa Messa nelle chiese, interrotte dall’8 marzo.
Nel corso dell’interlocuzione “tra la Segreteria Generale della Cei, il Ministero dell’Interno e la stessa Presidenza del Consiglio, la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”, prosegue la nota dei vescovi italiani.
“Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo. Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”, conclude la nota.
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