Fiumicino, riapre l’archivio storico dell’Azienda Agricola Maccarese

L’archivio sarà aperto il giovedì dalle ore 14 alle 18 e il sabato dalle ore 10 alle 13
La storia dell’azienda
La storia dell’Azienda Agricola Maccarese è strettamente connessa con alcuni grandi temi della storia italiana del Novecento, tra cui le bonifiche e le migrazioni interne, le tecniche e le politiche di produzione agraria e zootecnica, le lotte sindacali del secondo dopoguerra, e altrettanto strettamente con la comunità che attorno alla sua attività si è sviluppata, passando da meno di cento abitanti a fine Ottocento ai quasi cinquemila alla fine degli anni trenta del Novecento.
Tutti temi che emergono dai documenti conservati nell’archivio, che costituiscono dunque fonti preziose per gli studiosi di agraria, zootecnia, storia, sociologia, ma anche per gli appassionati e per gli abitanti del territorio alla ricerca delle proprie radici.
L’attività agricola dell’azienda subentra, a partire dal 1925, a quella condotta dalla Famiglia Rospigliosi a partire dal 1683 e sino ad allora proprietaria della tenuta.
Nella seconda metà dell’Ottocento, 1500 capi bufalini, 900 capi vaccini, 300 pecore, 200 cavalli pascolano nei 5000 ettari della tenuta. Dove le condizioni di vita dei lavoranti sono drammatiche. Portata la capitale a Roma, il Governo Unitario, su proposta di Giuseppe Garibaldi, decide di deviare il Tevere e di bonificare l’Agro Romano, infestato dalla malaria e abbandonato dalle popolazioni. Giungono da Ravenna i primi braccianti che a partire dal 1884 sono incaricati della bonifica dei territori di Ostia e Maccarese: ne giungono 500 ma presto un centinaio muore per malaria, polmonite e tetano.
Stato e Rospigliosi si palleggiano per alcuni decenni il finanziamento dei costosissimi interventi di bonifica. Nel 1920, 300 ettari vengono ceduti per la creazione del nuovo centro di Fregene. A metà degli anni venti, la proprietà dell’immenso latifondo passa alla Società Generale Italiana Bonifiche. Arrivano da tutta Italia nuovi braccianti e presto la comunità locale raggiunge una consistenza mai vista. Attorno al Castello nascono vari insediamenti, arrivano l’acqua potabile e una rete di strade, la scuola, la stazione sanitaria e tutti i servizi necessari a una piccola città. Nel marzo del 1930, Mussolini visita la Maccarese che pochi mesi dopo passa all’IRI – Istituto per la Ricostruzione Industriale.
Per limitare le decise proteste salariali e per incardinare i lavoratori alla terra, si introduce la Compartecipazione Collettiva che presto si mostra incapace di rispondere alle attese sociali e viene perciò sostituita dalla mezzadria. Le mutate condizioni attraggono molti contadini soprattutto dal Veneto e molti dal Trevigiano. A metà degli anni trenta, la Maccarese gestisce 13 mila ettari e accoglie alcune migliaia di lavoratori.
Con l’occupazione tedesca nel corso della seconda guerra mondiale, 200 ettari di terreno vengono allagati per ostacolare possibili sbarchi sul litorale romano. Bombardamenti e poi saccheggi mettono in crisi l’azienda. Gli addetti scioperano e le tensioni crescono. Le lunghe lotte sindacali aprono la strada alla contrattazione nazionale e portano anche, in anticipo di anni rispetto ad altre realtà, al riconoscimento della parità salariale uomo-donna. Alla fine degli anni sessanta, viene perduto oltre un terzo della manodopera, i bilanci segnano profonde perdite che diventano insostenibili negli anni ottanta. Si tenta il rilancio, che fallisce, e nel 1999 Maccarese viene messa sul mercato e ad acquistarla è il Gruppo Benetton che tuttora la gestisce.
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