Il Papa: “Sparlare di meno e pregare di più: la Chiesa non ha bisogno di parolai”
Nella basilica vaticana la prima concelebrazione con i cardinali dopo il lockdown in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, Bergoglio striglia i credenti: “Che cosa accadrebbe se si pregasse di più e si mormorasse di meno?”
di FABIO BERETTA
Città del Vaticano – La Chiesa di Pietro, pur stretta in una “fase critica”, non criticava il suo pastore, né si lamentava dei tempi avversi. Era unita e unitamente pregava. Anche se “Pietro umanamente aveva motivi per essere criticato”. Lo ricorda Papa Francesco nel corso dell’omelia pronunciata questa mattina nella basilica vaticana, addobbata a festa in occasione della solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni della città di Roma.
La Messa di oggi è la prima concelebrata con i cardinali dal periodo di lockdown legato all’emergenza coronavirus. Il decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re, ringrazia il pontefice per “il conforto” e “la forza” che ha dato al mondo con le sue parole durante l’emergenza e anche per le iniziative concrete. Il porporato cita, a tal proposito, il Fondo Gesù Divino lavoratore, istituito proprio da Bergoglio per aiutare le famiglie romane che sono in difficoltà a causa della pandemia (leggi qui).
Concelebrano con il Papa i cardinali dell’ordine dei vescovi e l’arciprete della basilica: Giovanni Battista Re, Leonardo Sandri, Francis Arinze, Tarcisio Bertone, Pietro Parolin, Marc Ouellet, Fernando Filoni, Beniamino Stella, Luis Antonio Tagle, Angelo Comastri.
Come da tradizione, Francesco benedice i Palli, ovvero i paramenti liturgici per gli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’anno (ben 54).
Il Pallio verrà poi imposto a ciascun arcivescovo dal rappresentante pontificio nella rispettiva sede, considerato che la celebrazione resta a numero limitato e non tutti sono presenti a causa delle norme anticontagio. A partecipare al rito, che si svolge all’Altare della Cattedra, circa una novantina di persone.
Grande assente, a causa della pandemia, la delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, al quale però il Pontefice rivolge il proprio pensiero, ricordando il “caro fratello Bartolomeo” durante la preghiera fatta davanti alla tomba del Principe degli Apostoli.
“Inutile lamentarsi del mondo”
Nell’omelia, il Papa riflette su due parole-chiave, unità e profezia. Un’unità, sottolinea Francesco, che arriva direttamente da Dio: “È Lui che ci unisce, senza uniformarci. Ci unisce nelle differenze”. Un’unità che nasce dalla preghiera. Ed è questo il compito dei credenti: “È inutile, e pure noioso, che i cristiani sprechino tempo a lamentarsi del mondo, della società, di quello che non va. Le lamentele non cambiano nulla. Quei cristiani non incolpavano, pregavano. In quella comunità nessuno diceva: ‘Se Pietro fosse stato più cauto, non saremmo in questa situazione’.
“No, non sparlavano di lui, ma pregavano per lui – sottolinea il Papa -. Non parlavano alle spalle, ma a Dio. E noi oggi possiamo chiederci: ’Custodiamo la nostra unità con la preghiera? Preghiamo gli uni per gli altri?’. Che cosa accadrebbe se si pregasse di più e si mormorasse di meno? Quello che successe a Pietro in carcere: come allora, tante porte che separano si aprirebbero, tante catene che paralizzano cadrebbero”.
“Chiediamo la grazia di saper pregare gli uni per gli altri. San Paolo esortava i cristiani a pregare per tutti e prima di tutto per chi governa. È un compito che il Signore ci affida. Lo facciamo? Oppure parliamo e basta? Dio si attende che quando preghiamo ci ricordiamo anche di chi non la pensa come noi, di chi ci ha chiuso la porta in faccia, di chi fatichiamo a perdonare”, aggiunge.
Silenzio e servizio
Soffermandosi sulla seconda parola-chiave, ovvero profezia, il Pontefice fa notare come questa nasce “quando ci si lascia provocare da Dio: non quando si gestisce la propria tranquillità e si tiene tutto sotto controllo. Quando il Vangelo ribalta le certezze, scaturisce la profezia. Solo chi si apre alle sorprese di Dio diventa profeta”, come Pietro e Paolo.
E aggiunge: “Oggi abbiamo bisogno di profezia vera: non di parolai che promettono l’impossibile, ma di testimonianze che il Vangelo è possibile. Non servono manifestazioni miracolose”. E a braccio aggiunge: “Mi fa dolore quando sento gente che dice ‘Vogliamo una Chiesa profetica’. Ma cosa fai per fare questa profezia? Vuoi una chiesa profetica? Inizia a servire, stai zitto“.
E ancora: “Oggi abbiamo bisogno di vite che manifestano il miracolo dell’amore di Dio. Non potenza, ma coerenza. Non parole, ma preghiera. Non proclami, ma servizio. Non teoria, ma testimonianza. Non abbiamo bisogno di essere ricchi, ma di amare i poveri; non di guadagnare per noi, ma di spenderci per gli altri; non di progetti pastorali che sembrano essere efficienti che sembrano sacramenti, ma di pastori che offrono la vita: di innamorati di Dio“.
E conclude: “Come il Signore ha trasformato Simone in Pietro, così chiama ciascuno di noi, per farci pietre vive con cui costruire una Chiesa e un’umanità rinnovate. C’è sempre chi distrugge l’unità e chi spegne la profezia, ma il Signore crede in noi e chiede a te: ‘Vuoi essere costruttore di unità? Vuoi essere profeta del mio cielo sulla terra?’. Lasciamoci provocare da Gesù e troviamo il coraggio di dirgli: ‘Sì, lo voglio!'”.
(Il Faro online) Foto © Vatican Media