L’Italia nel 2020, la foto dell’Istat: crollano pil e natalità, aumenta la disoccupazione
Le previsioni Istat stimano per il 2020 un forte calo dell’attività economica, solo in parte recuperato l’anno successivo
Roma – A metà 2020 il quadro economico e sociale italiano si presenta eccezionalmente complesso e incerto. Al rallentamento congiunturale del 2019 si è sovrapposto l’impatto della crisi sanitaria e, nel primo trimestre, il Pil ha segnato un crollo congiunturale del 5,3%; i segnali più recenti includono: inflazione negativa, calo degli occupati, marcata diminuzione della forza lavoro e caduta del tasso di attività, una prima risalita dei climi di fiducia. Le previsioni Istat stimano per il 2020 un forte calo dell’attività economica, solo in parte recuperato l’anno successivo. E’ questo in sintesi la fotografia scattata dall’Istat nel Rapporto annuale presentato oggi.
Picco morti a marzo
Una delle conseguenze “più drammatiche dell’epidemia è l’incremento complessivo della mortalità”. Lo evidenzia il Rapporto annuale 2020 dell’Istat. “I decessi totali subiscono un rapido e drammatico incremento nel mese di marzo (+48,6% rispetto alla media 2015-2019) arrivando a 80.623 (26.350 in più in valore assoluto). Nel mese di aprile i deceduti per il complesso delle cause sono 64.693, ancora superiori di un terzo alla media del 2015-2019 (+16.283)”. L’Istituto segnala che “l’incremento più marcato dei decessi nel mese di marzo è stato registrato in Lombardia (+188% rispetto alla media nello stesso mese del periodo 2015-2019); seguono l’Emilia-Romagna, con un aumento del 71%, il Trentino Alto-Adige (+69,5%) e la Valle d’Aosta (+60,9%)”.
“A livello locale i decessi nel mese di marzo 2020 aumentano di quasi 6 volte nella provincia di Bergamo (+571%), di circa 4 volte nelle province di Cremona (+401%) e Lodi (+377%), triplicano o quasi a Brescia (+292%) e Piacenza (+271%), sono più che raddoppiati a Parma (+209%), Lecco (+184%), Pavia (+136%), Pesaro e Urbino (+125%) e Mantova (+123%)”, registra il report.
Crollo del pil
La crisi determinata dall’emergenza sanitaria ha investito l’economia italiana in una fase caratterizzata da una prolungata debolezza del ciclo. Lo scorso anno il Pil è cresciuto di appena lo 0,3% e il suo livello è ancora inferiore dello 0,1% rispetto a quello registrato nel 2011. La politica di bilancio fortemente espansiva, necessaria per contrastare la crisi e resa possibile dalla sospensione del Patto di stabilità e crescita, avrà quest’anno un impatto rilevantissimo sui saldi di finanza pubblica e sul rapporto tra debito e Pil. Lo scorso anno, l’Italia ha proseguito il percorso di risanamento della finanza pubblica, favorito da un ulteriore ampliamento dell’avanzo primario (l’1,7% del Pil). Il rapporto deficit/Pil è sceso dal 2,2% del 2018 all’1,6%. Questi progressi hanno consentito di mantenere invariata l’incidenza del debito sul Pil (al 134,8%) che tuttavia è rimasta molto sopra la media Uem (all’84,1%).
Le imprese rimaste attive nel corso del lockdown appartengono soprattutto a comparti che trasmettono gli impulsi su scala estesa, ma lentamente. Il ritorno ai livelli pre-crisi potrebbe richiedere tempi piuttosto lunghi anche alla luce delle stime sugli effetti inter-settoriali delle misure di lockdown introdotte in Italia e all’estero. L’Istat evidenzia che con le misure di lockdown introdotte in Italia e all’estero la caduta del valore aggiunto complessivo, rispetto a uno scenario di riferimento con assenza di shock, “è pari al 10,2% ed è determinata per 8,8 punti percentuali dalle dinamiche interne e per 1,4 punti dagli effetti ‘importati'”. Di questi ultimi, 0,2 punti, rileva il rapporto, “sono ascrivibili alla riduzione di domanda tedesca, 0,4 alla dinamica dell’area euro (esclusa la Germania) e 0,8 punti a quella del resto del mondo”.